L'ANALISI
12 Novembre 2023 - 05:25
Gaia Randazzo
PADERNO PONCHIELLI - Nella notte dell'11 novembre 2022 Gaia Randazzo è svanita nel nulla: insieme al fratello era in viaggio sulla nave della compagnia Gnv partita da Genova e diretta a Palermo, ma non è mai arrivata a destinazione. Nei mesi scorsi i giudici siciliani hanno archiviato il caso parlando di suicidio, i familiari dell’estetista 20enne però non si sono mai arresi ed ora, assistiti dall’avvocato Vito Alberto Spampinato del foro di Milano, sono pronti a presentare un’istanza di riapertura indagini. Sarà depositata a breve proprio in Procura a Palermo. In questi 365 giorni, di dolore ma anche di determinazione, è rimasta infatti la convinzione che Gaia non si sia gettata nel mare e che, quella scomparsa, abbia altre spiegazioni. Frettolosamente liquidate e non sondate, nonostante gli appelli lanciati in primis da mamma Angela.
«In questi mesi abbiamo svolto indagini di parte, analizzando attentamente tutto il fascicolo e richiedendo copia forense del telefono della ragazza – spiega l’avvocato –. Quest’ultimo è stato esaminato da un tecnico di parte e siamo arrivati alla conclusione che il suicidio sia da escludere. Lo dicono le dichiarazioni rilasciate dopo i fatti, anche dal fratello e dal fidanzato della giovane, e lo dicono una serie di elementi oggettivi che sono emersi. Ad esempio risulta difficile credere che gettandosi da quel ponte (quello dove è stata ritrovata la felpa, ndr) Gaia possa essere caduta in mare: sarebbe stato arduo vista la conformazione della nave, avrebbe dovuto fare un balzo non indifferente per cadere nell’acqua».
Note, video e messaggi scritti da Gaia, che stando alla Procura avvalorerebbero la pista dell’atto estremo, secondo Spampinato cozzano invece contro altri elementi inseriti nell’istanza di riapertura indagini. Per ora non entra nel dettaglio della corposa relazione preparata, ma sottolinea un altro aspetto: «Se davvero l’unica ipotesi vagliata è quella del suicidio, perché non è stata valutata un’imperizia dei vigilanti della nave? Perché l’indagine non è stata estesa alla sicurezza a bordo? Ad oggi stiamo parlando di un corpo mai trovato e credo sia doveroso porsi il dubbio che questa povera ragazza possa avere fatto un’altra fine. Ci sono punti da verificare e piste da escludere, al contrario non mi pare siano stati fatti troppi sforzi: i riflettori sul caso si sono spenti troppo in fretta, clamorosamente e senza considerare altre ipotesi, nonostante la presenza di parecchi elementi che non tornano. E senza attivare concretamente ricerche della giovane. Sottolineo il coraggio della famiglia, di andare avanti, di non accettare una spiegazione che non trova riscontri e di volere invece cercare la verità».
Vogliono una risposta, i parenti di Gaia. L’hanno sempre cercata e continuano a farlo: perché la 20enne a loro parere non aveva ragioni per togliersi la vita né aveva manifestato segni di depressione. Tesi ben esplicitata nell’istanza che, nei prossimi giorni, arriverà sul tavolo del procuratore palermitano.
Dopo la scomparsa di Gaia Randazzo, esattamente un anno fa, la Procura di Palermo ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio ma contro ignoti. Capo d’imputazione che, come sottolineato dal legale dei familiari, risultava dunque già «monco in partenza». A fare archiviare le indagini sarebbero stati poi un messaggio mai partito (al fidanzato), una nota scritta sul telefono dalla giovane e un video: secondo gli inquirenti parole e immagini che provavano uno stato di turbamento.
Tanti però gli interrogativi posti dai familiari: «Perché non sono stati interrogati i 300 passeggeri del traghetto?»; «Perché non c’erano telecamere funzionanti sulla nave?»; «Perché sono circolate indiscrezioni sul contenuto del telefono, ancora prima che venisse esaminato?». A lanciare l’allarme, quel maledetto 11 novembre, era stato il fratello, quando al risveglio non aveva ritrovato Gaia. Ed è stato sempre lui a vedere la felpa della 20enne annodata ad una panchina del ponte 9.
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