Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

LE STORIE DI GIGIO

Giuseppe Reghenzi, le lettere dal fronte del caporale eroe che non doveva partire

Chiamato sotto le armi nonostante dovesse occuparsi di una famiglia numerosa, venne ucciso in combattimento all'età di 37 anni sul Monte San Marco (vicino a Gorizia) il 29 agosto 1917

Gilberto Bazoli

Email:

redazione@laprovinciacr.it

06 Novembre 2023 - 05:25

Giuseppe Reghenzi, le lettere dal fronte del caporale eroe che non doveva essere al fronte

Giuseppe Reghenzi e alcune tra lettere e cartoline postali inviate dal fronte

CREMONA - Sono passate con delicatezza di mano in mano. La nonna, Caterina, le ha date al figlio, Domenico. Il padre, con una lente di ingrandimento, ne ha trascritto la grafia non sempre ben leggibile e conservate in una busta chiusa. Lei, Rita Maria Scolari, 66 anni, ex insegnante di spagnolo al Manin, ultimo anello di questa catena di affetti domestici e di protezione della memoria, le ha cercate in uno scatolone e copiate diligentemente al computer. Sono le 21 tra lettere e cartoline postali con lo stemma reale che il bisnonno, il caporale Giuseppe Reghenzi, ucciso in combattimento sul Monte San Marco (vicino Gorizia), il 29 agosto 1917 all'età di 37 anni, inviò dal fronte della Grande Guerra. Meno di due mesi dopo, il 24 ottobre, la disfatta di Caporetto; poco più di un anno dopo, il 4 novembre 1918, la fine del conflitto. Un documento, quelle pagine, struggente che ha attraversato il tempo e che ora viene gelosamente custodito in un cassetto di una bella villetta circondata dal verde alle porte di Cremona e nel cuore della padrona di casa.

Giuseppe Reghenzi

Giuseppe aveva un'azienda agricola a Regona di Seniga (Brescia). “Venne chiamato sotto le armi nonostante dovesse occuparsi di una famiglia numerosa: l'anziana madre malata, Vergine Maria, nata a Pescarolo; la giovane moglie, Rosina; i quattro bambini: la primogenita Caterina, Battista, Lelia e la piccolissima Palmira”, racconta la professoressa in pensione. Il primo messaggio, del 29 aprile 1917 e da una zona di guerra (senza, quindi, altre indicazioni), è alla “Cara mamma. Come va che da quattro giorni non ricevo da voi notizie. Non volete forse farmi sapere che per me la fortuna non c'è? Da che sono partito da casa ho avuto la fortuna che tutte le feste ho ascoltato Messa. Speriamo quindi che con l'aiuto di Dio le cose andranno bene per tutti. Voi guardate di farvi coraggio e di stare allegra che i vostri dolori non vi daranno tanto fastidio. Saluti a tutti, baci ai bambini e mille a voi, vostro sempre affezionatissimo figlio”.

Si passa al 22 luglio, la posta parte dal paese di Plasencis (Udine), stavolta il destinatario è la moglie: “Con molto piacere sentii dalla tua ultima che i nostri figli furono promossi tutti e tre. Porta pazienza ancora per un po', che speriamo abbia a durare non molto ancora e procura non preoccuparti troppo. Bacioni”. Pochi giorni dopo il soldato si rivolge ancora alla consorte: “Cara Rosina, avevo proprio deciso che quando erano ritornati da Salso potevi venire a trovarmi mentre oggi ho cambiato pensiero. Non dubitare che manchi la volontà di vederti e di passare un po' di tempo in compagnia. Di questo credo che non avrai il minimo sospetto. E' perché una nuova circolare vieta ai militari ogni permesso perché diversi di loro si sono comportati male in certe occasioni. Credo quindi inutile fare un viaggio simile per poter stare pochissime ore in compagnia”. Giuseppe non vuole che la sua famiglia sia in pensiero per lui. “Non state a preoccuparvi tanto per me - scrive, il 3 agosto, alla mamma -. Come vi ho detto altre volte, io sono accomodato bene e del necessario non mi manca nulla. Quindi state in pace e pensate alla vostra salute, a quella di Rosina e dei bambini”. La vita nelle trincee è scandita anche dalla quotidianità: “Finalmente una buona acqua ha rinfrescato un po' l'aria, si può respirare benissimo. Credo che anche a Seniga ne sarà venuta un po'”.

Da un'altra zona di guerra senza nome è anche la missiva, alla madre, del 13 agosto: “State tranquilla e non pensate tanto a me, così pure Rosina, pensate alla vostra salute che presto verrà il momento in cui potremo unirci tutti”. Non trascorre quasi giorno senza che il coltivatore in divisa non prenda carta e penna. Lo fa anche a Ferragosto: “Non volevo dire che ero caporale, ma per forza ve lo dico per avere più facile la posta”. E' pensando al santuario del suo paese che il militare dice alla moglie di “aver promesso alla Madonna di Comella di far celebrare quattro Messe, quindi ti prego di farlo subito”. L'ultima lettera porta la data del 27 agosto: “La mia salute è sempre come al solito e spero che simile sarà di tutti voi in famiglia”. Poi un lungo silenzio. Interrotto, il 3 ottobre 1917, dall'annuncio del cappellano del 221° Reggimento Fanteria, Giuseppe Perrotta, al fratello minore del soldato, il notaio Carlo Reghenzi. “Il carissimo Giuseppe morì in combattimento. La morte avvenne in seguito ad un colpo di pallottola alla fronte. Morì da vero eroe, mentre usciva dalla trincea per andare all'assalto. Fu religiosamente sepolto a Villa Netty (Gorizia). Però, dato il genere di sepoltura che in quella anormalissima circostanza bisognò adottare, non mi pare possibile e conveniente che possa trovarsi il cadavere in modo da fare un trasloco. Si rassegni, dunque, ricordando che il suo Giuseppe ha ricevuto una sepoltura ed attende la resurrezione e la vita nuova in Cristo, con altri compagni d'armi e di pensieri. Presenti alla desolata vedova l'espressione della mia stima e i miei auguri di bene e di pace. Baci i piccoli orfani per me (perdoni la confidenza che mi prendo)”.

Rita Maria Scolari, 66 anni, ex insegnante di spagnolo al Manin

L'insegnante ripiega le lettere. “Mi sembra che ne esca un figlio, un marito, un padre affettuoso. E anche molto dolce: si preoccupa che sua madre abbia tratto giovamento dalle cure a Salsomaggiore. Una figura, nonostante la censura, piena di rispetto in tutte le direzioni, anche verso gli amici. Una persona solidale, socievole”. Il suo caso contiene alcune ombre. “Perse la vita nel periodo in cui aveva tutti i diritti, come lamenta spesso nella sua corrispondenza, di essere a casa in quanto in possesso della licenza agricola che nessun Ufficio o suo superiore al fronte volle prendere in considerazione. Avrebbe dovuto avere quella licenza speciale per poter coltivare i campi: una percentuale del raccolto, infatti, veniva data all'esercito. Inoltre, essendo lui il capofamiglia, in paese e tra i parenti si diceva che al suo posto avrebbe dovuto partire il fratello. La vedova si ritrovò in grosse difficoltà e fu costretta a vendere gran parte della terra. La primogenita, allora dodicenne o poco più, si disperò per molti anni per la perdita del padre”.

Comincia qui un altro capitolo. “Sto tentando in tutti i modi di trovare la tomba di Giuseppe, tempo fa mi era arrivata la fotografia della lapide con inciso il suo nome. Dal Ministero della Difesa mi hanno informato che i soldati caduti intorno a Gorizia vennero in seguito esumati e traslati nel Sacrario militare di Oslavia, ma della sepoltura di Giuseppe non c'è traccia nei registri. Ho provato anche all'Ossario di Rovereto, dove pare scattarono quella foto, ma inutilmente”. La ricerca, appassionata e ostinata, continua. “Cosa mi muove? E' come dare voce a chi non ha voce. Sono innamorata delle persone che non hanno fatto la storia ufficiale, ma il cui ruolo è luminoso. Come diceva Miguel de Unamuno (il grande scrittore spagnolo, ndr), è più importante l''intrahistoria', la storia fatta dai nostri cari, che ha un'altra dimensione, quella degli affetti, dei ricordi, delle lacrime. Una storia pervasa da sentimenti veri”.

Il caporale aveva chiesto alla madre di far celebrare, come promesso alla Madonna, quattro messe all'anno nell'antico santuario, sperduto in mezzo ai campi di Comella, vicino Seniga, edificato dai benedettini arrivati da Leno. Quel desiderio non è caduto nel vuoto, ma è stato raccolto dalla pronipote. “Faccio dire io le messe e invito i parenti a partecipare a quella del 29 agosto”. L'ultimo giorno di un eroe che non doveva essere al fronte.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400