L'ANALISI
08 Ottobre 2023 - 05:00
«Un costo ingiustificato: ci sono pochi bambini, il parco giochi non si finanzia». Con questa motivazione, nei giorni scorsi un sindaco del territorio ha bocciato la proposta della sua minoranza di realizzare un parchetto giochi in una frazione. In fondo si trattava solo della richiesta di mettere una giostrina o poco più, per una modica spesa. Ma quel gioco avrebbe dovuto essere - correttamente - messo in sicurezza con una adeguata pavimentazione a norma di legge. Ed è qui il costo principale che il sindaco non ha ritenuto giustificato stante la povertà di utenza. Come nella tragedia di Sofocle, Antigone e Creonte hanno entrambi ragione, ma ognuno ha torto sull’altro.
Questa non è che una piccola storia di paese, ma è anche la rappresentazione plastica di quello che oggi e soprattutto in prospettiva è il problema numero uno dell’Italia: l’inverno demografico. E sarà un inverno vieppiù gelido. La triste conferma arriva dalle ‘Previsioni della popolazione residente e delle famiglie’ pubblicata dall’Istat. In estrema sintesi: confermano la presenza di un potenziale quadro di crisi. La popolazione residente è in decrescita: da 59,2 milioni a gennaio 2021, a 57,9 nel 2030, per scendere a 54,2 milioni nel 2050 e crollare a 47,7 nel 2070. Il rapporto tra italiani in età lavorativa (vale a dire tra i 15 e i 64 anni) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050. Sul territorio entro 10 anni in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, in nove su 10 nel caso di Comuni di zone rurali.
Questo dettaglio riguarda in particolare la provincia di Cremona, territorio in cui la maggioranza dei comuni registra meno di duemila abitanti. Secondo lo scenario più favorevole, ci dice l’Istat, la popolazione potrebbe subire una perdita di ‘soli’ 4,2 milioni tra il 2021 e il 2070, nell’ipotesi più fosca si potrebbe preventivare un calo di ben 18 milioni di unità. Sono invece in crescita le famiglie, ma si tratta di un sollievo soltanto apparente: secondo le previsioni avranno un numero medio di componenti sempre più piccolo. In soldoni, meno coppie con figli e sempre più senza: entro il 2041 un nucleo su quattro sarà composto da una coppia con figli, mentre più di una su cinque non ne avrà.
Altro aspetto essenziale da tenere in considerazione nel prospettare politiche sociali è che gli uomini che vivono soli avranno un incremento del 18,4%, arrivando a superare i quattro milioni nel 2041. Le donne sole sarebbero destinate ad aumentare ancora di più, da 4,9 a quasi 6 milioni, con una crescita del 22,4%. «Le famiglie monocomponente, soprattutto per la loro composizione per età, hanno una ricaduta sociale importante: è, infatti, principalmente nelle età avanzate che aumentano le persone sole». Meno figli significa necessariamente un’Italia sempre più anziana. La popolazione di 65 anni e più oggi rappresenta il 23,5 per cento del totale, quella fino a 14 anni di età il 12,9, quella nella fascia 15-64 anni il 63,6 mentre l’età media si è avvicinata al traguardo dei 46 anni.
«Di fatto - sottolinea ancora l’Istat -, la popolazione del Paese è già ben dentro una fase accentuata e prolungata di invecchiamento». L’Italia di domani sarà «un Paese mutato radicalmente». Una nazione che avrà di fronte nuove sfide. Che sono di carattere sociale ed economico, meno giovani e più anziani vuole dire un impegno e una spesa per assistenza e sanità destinati a espandersi in modo esorbitante. Sempre meno italiani in età lavorativa vuol dire mettere a rischio l’intera economia nazionale e allarme rosso per i conti pubblici, con un sistema previdenziale sempre più oneroso e sempre meno ‘foraggiato’ dal contributo di chi lavora. A medio termine a pareggiare il conto del saldo demografico (21,5 milioni di nascite contro 44,9 milioni di di decessi) economico e sociale non basteranno neppure i 18 milioni di immigrati che si stima possano arrivare al ritmo di 3-400 mila all’anno. Non saranno sufficienti a mantenere positivo il saldo anagrafico, ma sono assolutamente necessari per il mercato del lavoro e per mantenere in vita un sistema previdenziale in cui il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati sarà, per bene che vada, di uno a uno.
La vera sfida, al di là dell’emergenza che da anni ormai si registra sul fronte immigrazione, non sarà quella del respingimento tout court, ma di aumentare la capacità di attrazione dell’Italia e della consapevolezza delle necessità di politiche di vera integrazione. Cioè saper fare arrivare, come scrive Francesco Riccardi su L’Avvenire, legalmente e in condizioni dignitose, sempre più persone e famiglie che si stabiliscano qui da noi per vivere e lavorare in tutti i settori. Così come contemporaneamente è essenziale puntare sul sostegno alle famiglie e alla natalità. E non è solo una questione di stanziamenti nella legge di Bilancio. Si tratta di creare un ‘terreno’ favorevole per chi desidera avere una famiglia.
Una rete di protezione sociale che consenta ai genitori che lavorano di avere servizi che consentano di poter coniugare serenamente i due obiettivi di vita. L’Italia, citiamo l’ultimo dato disponibile, quello del 2019, offre 26,9 posti nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini tra 0 e 2 anni. Solo otto regioni, tra le quali la Lombardia) che è leggermente al di sotto), sono all’altezza dell’obiettivo fissato dall’Unione Europea che fissa quota 33 per cento dei posti per cento residenti tra gli 0 e i 2 anni. Non è però solo questione di investimenti, ma anche di attitudine nel creare un mondo favorevole alle coppie con bambini. Pensiamo a quanto potrebbe fare il welfare aziendale in questo senso. A volte bastano voglia e creatività.
Un esempio. In occasione della Settimana mondiale dell’allattamento, al centro commerciale CremonaPo è stato inaugurato un Baby Pit Stop Unicef, in collaborazione con Ats Val Padana e i Lions club del territorio. Un angolo protetto per il cambio del pannolino e per fare il ‘pieno’ di latte materno, per dirla restando nel gergo da Formula Uno. «Questi spazi costituiscono un cambiamento culturale» rispetto al problema, come ha affermato Salvatore Mannino, direttore generale di Ats. Potendo contare su una diffusa rete di protezione, alle giovani coppie oltre la voglia di fare l’amore, potrebbe venire anche quella di fare figli.
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