L'ANALISI
25 Settembre 2023 - 05:00
Luciano Pizzetti e Andrea Cigni sul palco del Ponchielli
CREMONA - «Il centrosinistra impari a razzolare come predica, sulla nomina di Cigni serviva sensibilità istituzionale e un’azione di coinvolgimento della attuale minoranza per arrivare ad una decisione condivisa. Perché la scelta coinvolgerà più l’amministrazione futura rispetto all’attuale. Abbia il soprintendente quel garbo istituzionale che non ha avuto chi lo ha riconfermato e consegni il suo mandato alla prossima amministrazione». In sintesi è questo il pensiero di Luciano Pizzetti sul tema del rinnovo triennale al soprintendete Andrea Cigni deciso a maggioranza da un Cda della Fondazione presieduto dal sindaco Gianluca Galimberti e in cui i due consiglieri Walter Montini e Piero Maranghi hanno espresso parere sfavorevole perché avrebbero invece preferito un rinnovo solo annuale, in vista delle amministrative del 2024.
Questa la premessa dell’ex parlamentare ed ex sottosegretario: «Ho sempre cercato di dare una mano al teatro Ponchielli quando ricoprivo ruoli istituzionali. Adesso esprimo una libera opinione perché spinto dalla coscienza civica e perché tante persone stanno sollecitando il mio impegno e contributo per la città». Sollecitato, Pizzetti non si tira indietro: «Quella fatta dal Cda, contrariamente a quello che, contro logica, sostengono alcuni a mo’ di paravento, è stata una scelta tutta politica. Siamo infatti in una democrazia e non in una tecnocrazia. Quando una scelta è voluta e determinata da chi è stato eletto, per forza è una scelta politica. E chi sostiene che si tratti di pura decisione tecnica mente a se stesso. Ed è stata una scelta politica quella con cui tre anni fa non è stato rinnovato l’incarico ad Angela Cauzzi. E scelta politica è stata quella di non corrispondere alle graduatorie commissionate ad una società di selezione».
Oltre a Cigni l’agenzia aveva selezionato Daniele Abbado, Paolo Gavazzeni, Paolo Petrocelli e Maurizio Roi, che di fatto però non erano neppure stati presi in considerazione. «È stata una precisa volontà politica — spiega Pizzetti — indicare Cigni. E le scelte politiche sono tutte legittime. Il tema in un sistema democratico è come ci si arriva. Se si getta discredito, si fa una denuncia per colpire l’onore e la professionalità di Cauzzi, la si denigra allo scopo di motivare l’allontanamento, per quanto legittime, si tratta di scelte sbagliate in premessa. L’agire nelle istituzioni da sostanza ai processi democratici. La magistratura si è incaricata di dichiarare non vere quelle infamie, aprendo un fascicolo nei confronti di chi quelle cose le ha dette».
E arriviamo all’oggi e alle responsabilità politiche di Galimberti, che Pizzetti però non nomina mai: «Il tema è la costruzione di un percorso condiviso, perché in democrazia il metodo è sostanza. E oggi come allora è stato fatto il medesimo errore. Si conferma Cigni spaccando il Cda della Fondazione e dividendo il Consiglio comunale e la comunità cremonese: una scelta politica determinata dagli stessi attori di allora. Il merito e i buoni risultati ottenuti da Cigni? Bene, sapere che abbiamo un bravo professionista al lavoro è una buona notizia. Ma non è sufficiente. Perché non raccontare una bugia non equivale a dire la verità completa. Anche Angela Cauzzi, infatti, aveva ben fatto ricevendo riconoscimenti da tutta Italia. E ricordo che il Consiglio comunale, seppur tardivamente, aveva deliberato all’unanimità un riconoscimento per il suo operato».
«Se il criterio del merito è determinante oggi - continua Pizzetti -, perché non era stato ritenuto tale tre anni fa? Il tema non riguarda Cigni, che è davvero un bravo professionista, ma le dinamiche sgradevoli che hanno portato a questa scelta. E che certificano esattamente la precisa volontà politica. L’amministrazione comunale ha otto mesi di lavoro davanti. Siamo in zona traguardo. È chiaro che nel prendere decisioni, anche e soprattutto per chi verrà dopo, devi avere una particolare attenzione. Agire con sensibilità maggiore del solito. Se forzi crei un vulnus. Nel teatro — ha detto Cigni — non si fa politica. Ma fuori dal suo perimetro sì. Le modalità di nomina sono lì in bella vista a testimoniarlo. E l’agire politico migliore in tali frangenti è quello che unisce e non divide, che usa la saggezza e non la superbia. In questo caso l’amministrazione uscente aveva davanti due scelte. La prima: prorogare l’incarico fino al 2024. Questo inficia la logica della programmazione? Fino a un certo punto. Ma allora c’era la seconda strada: occorreva condividere con tutti i gruppi consiliari la scelta. Un’azione di coinvolgimento, sarebbe stata auspicabile e magari avrebbe fatto arrivare ad una decisione condivisa. Ma se non coinvolgi e agisci d’imperio allora generi uno sbrego».
«Ripeto - prosegue -: il metodo è sostanza e il metodo usato è proprio quello che noi imputiamo alla destra: impariamo invece a razzolare come predichiamo. L’ex ministro Dario Franceschini attacca il governo: ‘Assalta la cultura, intorno vuole solo fedelissimi’. Ma quel che vale per il Governo, vale anche qui. Alle ultime politiche e regionali il centrosinistra in città era minoritario. Anche per questa ragione sarebbe servita una maggiore sensibilità. Coinvolgere nelle scelte future chi potrebbe andare al governo è l’Abc della democrazia, una questione di garbo istituzionale, come ha detto il consigliere Marenghi. Tanto più che su questa questione c’erano già state divisioni».
«Su questa vicenda occorreva usare il cicatrene, invece si è scelto di spargere sale su ferite ancora aperte. Non siamo gli unici ad ‘aver studiato o capito’. Sarebbe stato opportuno e necessario il rispetto e il coinvolgimento. Il centrosinistra è molto amante dei processi di partecipazione, ma dovrebbe imparare a praticarli».
«Resta in capo a Cigni ora una sensibilità che non ha avuto chi lo ha nominato. Si voterà il 9 giugno dell’anno prossimo ed entro quel mese ci sarà una nuova amministrazione. Mi auguro che possa essere di centrosinistra e io lavorerò per questo, ma potrebbe essere di centrodestra. Servirà un gesto di alta sensibilità di Cigni. Di fronte a chi ci sarà si ponga il tema e metta in campo lui quel garbo necessario sempre. Potrà essere che la nuova amministrazione gli dica di andare avanti. Anche Cauzzi fu nominata a scavallo fra due amministrazioni, ma la sua era stata una scelta, appunto, condivisa. Serve un atto, per così dire, di giustizia riparativa. Non l’ha fatto la politica? Cigni può farlo. Lo conosco e sono certo che dopo il voto lui questo gesto lo farà. A quel punto si potranno risanare le ferite. Se la politica invece di cercare condivisione, agisce a colpi di maglio, allora non è la strada giusta». La domanda a questo punto spontanea è, ma questa riflessione è legata ad una discesa in campo? «No— spiega Pizzetti —, non c’è nessuna connessione, né diretta né indiretta. C’è solo un voler bene alla città cercando di aiutare il centrosinistra a farsi volere bene».
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