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CREMONA: LA STORIA

Aspirante giudice sbarca sul New York Times grazie a un tweet

Il cremonese 26enne Bellandi Giuffrida si è fatto notare negli USA per aver scoperto e comunicato sul web le falle di un caso giudiziario che ha infiammato il tribunale dei social

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

21 Luglio 2023 - 18:13

Aspirante giudice sbarca sul New York Times grazie a un tweet

Marco Bellandi Giuffrida e la pagina del New York Times che riporta il suo nome

CREMONA - Nel riordinare le carte, sotto mano gli è capitata l’intervista rilasciata dallo zio magistrato a La Provincia, il 14 gennaio del 1998, ultimo giorno di lavoro del Procuratore Giuseppe Giuffrida. Ed è grazie allo zio se Marco Bellandi Giuffrida si è appassionato al diritto già da bimbo, sui banchi delle elementari. «Mi zio mi raccontava il suo lavoro, mi ha sempre affascinato il modo con cui ne parlava e ciò che faceva. Mi ha insegnato a valutare con un po’ più di distacco i casi. Sin da piccolo ho avuto il desiderio di intraprendere questa carriera».

Bellandi Giuffrida ha 26 anni; studia per diventare magistrato e a fine ottobre completerà il tirocinio in Tribunale. Figlio unico di papà Emanuele e mamma Rita, cresciuto a Pizzighettone, maturità classica al liceo Daniele Manin (100), la laurea in Giurisprudenza conseguita all’Università di Trento (110 con lode). Nel 2019 è volato negli Usa dove ha ottenuto un master presso la Washington University in Saint Louis. E proprio gli Usa si sono interessati a lui. L’aspirante magistrato mai avrebbe immaginato di vedere scritto il suo nome e cognome in un articolo del New York Times. «Pagina 5 del 15 luglio scorso».


L’aspirante toga in questi anni ha scoperto la passione di scrivere e spiegare il diritto: collabora con la redazione di Liberi Oltre Le Illusioni. Non solo. Utilizza molto Twitter per le sue riflessioni anche su casi che infervorano il tribunale dei social. Come la recente assoluzione del bidello dall’accusa di violenza sessuale di una studentessa. L’assoluzione ‘per una palpata tra i 5 e i 10 secondi’ ha provocato sdegno e flash mob di protesta. Due giorni fa i pm di Roma hanno impugnato la sentenza. «Meno male — dice Giuffrida Bellandi —. Quando in Italia i giornali ne hanno parlato, mi sembrava che ci fosse qualcosa che non andava: i giornali riportavano stralci della motivazione. Ho fatto un po’ di ricerca presso le banche dati e ho trovato la motivazione».

Su Twitter «ho fatto un’analisi di quelli che, secondo me, sono i punti critici della sentenza». Nel giro di poco, il suo ‘cinguettio’ ha avuto 500mila visualizzazioni. La riflessione: «Quando si deve provare un reato, innanzitutto si deve provare la condotta, però, come nel caso del reato di violenza sessuale, reato necessariamente doloso, va provato l’elemento soggettivo». Nella sua disamina, «ho fatto notare anzitutto che il Tribunale di Roma nei fatti ha accertato la versione della ragazza come pienamente credibile. La condotta c’era: sicuramente il bidello aveva toccato la ragazza.

Quando si è passati al diritto, il Tribunale non ha ritenuto sussistente il dolo, perché ‘la norma richiede generalmente che via sia un intento libidinoso da parte del soggetto agente affinché possa essere condannato per violenza sessuale’. Il che non è vero. Recentemente la Cassazione ha riaffermato che, certo, va provato il dolo, ma il dolo è generico: basta provare che ci sia l’intenzione da parte del soggetto agente di invadere la sfera sessuale della persona. Non serve che l’intento sia libidinoso. Non importa, dice la Cassazione, se questa cosa viene fatta per gioco o per scherzo: comunque sto commettendo un reato, basta l’intenzione».

Nella sua analisi, «io avevo messo in luce le criticità più grandi di questa sentenza. Sono stato anche molto neutro. Questo è ciò che dice la Cassazione, questo il Tribunale di Roma: fate un po’ voi i conti per vedere se le due cose stanno insieme». Due giorni dopo, Giuffrida Bellandi è stato contattato da Elisabetta Polavedo, corrispondente del New York Times. «Sono rimasto sorpreso. Ho pensato: ‘Magari vorrà delle conferme su quanto accaduto, perché gli avvocati non hanno mai parlato’. Poi mi sono visto il nome (edizione on line e cartacea, ndr). È stata una grande soddisfazione».

Gli amici che lo hanno chiamato, mamma Rita che si è emozionata. L’altra passione è la musica. «Per anni ho suonato il clarinetto nella banda di Pizzighettone». Edoardo Albinati è tra i suoi autori preferiti. «Sa parlare molto del lato umano, soprattutto dei colpevoli, perché lui insegna in carcere. Ecco, io sono molto appassionato degli aspetti umani, cosiddetti ultimi». Il calcio? «Diciamo che sono un tifoso dell’Inter della domenica». 

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