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IL PROCESSO

Bloccò lo scuolabus per venti minuti, papà assolto

Accusato di interruzione di pubblico servizio, ma «non punibile per particolare tenuità del fatto». Il figlioletto non salì sul mezzo perché spaventato dalla misurazione della temperatura alla fronte

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

03 Luglio 2023 - 18:34

Bloccò lo scuolabus per venti minuti, papà assolto

SESTO - Giovedì 15 ottobre del 2020, 7.25 del mattino, fermata dello scuolabus a Casanova del Morbasco, la frazione più grande di Sesto ed Uniti, nel Cremonese. In piena pandemia, secondo il protocollo ministeriale, prima di salire sul bus, l’assistente dell’autista misurava ai bambini la temperatura alla fronte con uno strumento dato dall’amministrazione comunale. Ma uno scolaretto si rifiutò. Era spaventato, perché il gesto gli ricordava quello di una pistola puntata alla tempia. Il padre si mise di traverso. Voleva che al figlio la temperatura venisse presa al polso. Anche perché «ho letto su Internet che i raggi ultravioletti del termometro provocano danni al cervello». E alla fermata scoppiò il pandemonio: arrivarono i vigili e i carabinieri. Lo Scuolabus ripartì dopo una ventina di minuti.

Accusato di interruzione di pubblico servizio, il padre oggi è stato assolto «perché non punibile per particolare tenuità del fatto». Il pm onorario, al contrario, ne aveva chiesto la condanna — 3 mesi di reclusione — in quanto «bisogna rispettare le regole; il padre ha oltrepassato la misura, mentre bisogna avere il senso della misura».

Il caso ha occupato cinque udienze (la prima il 28 aprile del 2022) e cinque testimoni, che sarebbero saliti ad 8 se la difesa non avesse rinunciato ai suoi tre. Più l’esame del papà.

L'ANTEFATTO

Mercoledì 14 ottobre, il bimbo si spaventò davanti alla «pistola», si rifiutò di farsi misurare la temperatura alla tempia e fu lasciato a piedi. Venne chiamata la madre. L’indomani, alla fermata dello Scuolabus si presentò con il padre, che voleva chiarimenti. Gli fu spiegato che l’amministrazione comunale aveva dato in dotazione quel termometro. E che la misurazione si poteva fare solo attraverso la fronte. Al genitore furono citate due circolari. Non le avevano sotto mano. «Il padre voleva vederle», hanno spiegato i difensori Vito Alberto Spampinato e Stefano Pulcini. Quel giorno, i toni si alzarono.

Il caso ha occupato la Procura (fu trasmessa la segnalazione dal Comando della polizia locale di Sesto ed Uniti). Nei confronti del padre è stato poi emesso un decreto penale di condanna a 1.200 euro. Poteva risolverla così, il genitore, ma «per una questione di principio» ha voluto affrontare il processo.

«Se ci poteva stare l’elemento oggettivo del reato», i venti minuti di stop del servizio, tuttavia, «non c’era il dolo, la volontà di interrompere un pubblico servizio. Il padre non ha impedito il funzionamento di un organo costituzionale: non ha interrotto i lavori del Parlamento per l’elezione del Presidente della Repubblica. Il padre voleva solo chiarimenti», hanno evidenziato i difensori, i quali si sono appellati alla «flessibilità».

E hanno aggiunto: «Noi pensiamo che sia normale chiedere spiegazioni ad un ufficio pubblico: il rapporto tra cittadino e ufficio pubblico dev’essere biunivoco. Non si incardina il processo nei confronti di chi ha lasciato a piedi il bimbo, facendogli perdere un giorno di scuola, ma lo si incardina nei confronti del padre. Vanno bene la precisione e la scrupolosità nei controlli, ma non si esageri. Facciamo le riforme Cartabia, facciamo le riforme con tutti i nomi possibili e immaginabili, ma la prima norma da applicare è quella, non scritta, del buon senso».

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