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CREMONA

Anziano padre maltrattato: «Non ci sono le prove», figlia assolta

Sentenza emessa oggi dal Tribunale. Convivenza «difficile» tra la donna e il genitore 80enne, ospitato dai vicini di casa per quasi 5 mesi

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

28 Giugno 2023 - 20:42

Rientra a Crema dalla Moldavia, ma l'espulsione durava altri due anni

Il tribunale di Cremona

CREMONA - In casa «il clima era certamente difficile, al processo è emerso un quadro di difficoltà», ma, per dirla con l’avvocato Gianluca Pasquali, «non c’era la prova che la figlia avesse maltrattato l’anziano padre. Non c’era la prova delle vessazioni, non sono emerse autonome figure di reato». «Assolta perché il fatto non sussiste». È la sentenza emessa oggi dal Tribunale nei confronti della figlia di un anziano che va per gli 80 anni, costretto a rintanarsi per quasi cinque mesi nella casa dei vicini, al sesto piano del condominio. Per l’imputata, il pm aveva chiesto la condanna a 9 mesi di reclusione. Con l’assoluzione, è decaduto il divieto della figlia di avvicinarsi al padre.

L'avvocato Gianluca Pasquali


«Io ora sono tornato a vivere nella mia casa. Mia figlia non l’ho più vista, non so neanche dove stia. L’avevo sentita due volte: una volta mi ha chiamato per il compleanno, un’altra quando ero uscito dall’ospedale. Ci ero andato per il cuore, mi mancava il respiro. Mi ha chiesto: ‘Come stai?’. ‘Grazie a Dio, bene’». Il padre, vedovo, lo disse la scorsa udienza, quando raccontò come venne stravolta la sua vita dopo che sua figlia si portò in casa «uno e ha cominciato a insultarmi, a minacciarmi. Lui non lavorava, lei lo manteneva. Mia figlia mi chiedeva soldi, io non glieli davo e mi diceva: ‘Sei un padre di m…, non li dai a me, ma alle puttane...’. Sei un rincoglionito. Io avevo paura a stare in casa».

La casa: un appartamento con due camere da letto, due bagni, il soggiorno e la cucina. «Non dormivo più a letto, ma sul divano in sala, ma anche per terra, perché avevo paura — spiegò l’anziano padre —. In casa tenevano la musica ‘spianata’ fino alle due di notte, lei veniva con le lattine di birra e bottiglioni di Bonarda. Quando ci incrociavamo in corridoio, mi dava degli spintoni con il gomito. Una volta mi ha ha lanciato lo stendino sull’avambraccio».


I litigi erano continui. «Sentivo che lui diceva a mia figlia: ‘Meglio che tuo padre muoia’. Lei andava a prendere il metadone, beveva, in casa l’ho trovata ubriaca. Sì, ogni tanto le ho dato dei soldi: 20 mila euro in tutto. Né grazie né prego, non glieli ho più dati e allora mi insultava. Io lì in casa non potevo più stare. Non ce la facevo più». Nel condominio, la vita era diventata impossibile per via delle urla della figlia contro il padre. «Diversi condomini ce l’avevano con la figlia che dava segni di squilibrio», confermò al processo l’amministratrice del condominio. In quel periodo ci fu un andirivieni di forze dell’ordine.

Alle 2 e 40 di notte del 20 novembre 2021, arrivò un equipaggio della polizia. «Il papà aveva segnalato una lite in atto tra la figlia e il compagno brasiliano. Il papà era turbato», disse il poliziotto. Una mattina di gennaio 2022, i carabinieri bussarono ai vicini del sesto piano. «Potete ospitare il signore?». Doveva essere una soluzione tampone: due, tre giorni. Vi rimase quasi cinque mesi, «ma le bollette, le utenze del mio appartamento ho continuato a pagarle io, non mi figlia». 

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