L'ANALISI
06 Giugno 2023 - 18:37
CREMONA - «Tu sei mia». «Ti meriteresti una coltellata nella pancia». «Se ti trovo con un altro ti ammazzo». Il capo chino, lo sguardo basso di chi prova vergogna, la voce che si soffoca in gola quando davanti ai giudici deve ripercorrere quella relazione «malata», perché lui era «geloso», «ossessivo». Lei lo ha lasciato. Ma «tu sei mia». Si vergogna Maria (nome volutamente di fantasia, ndr, parte civile con l’avvocato Michele Tolomini) quando davanti ai giudici deve rivivere quei «20 minuti, mezz’ora» di rapporto sessuale «preso con la forza».
Lui si chiama Salvatore, ha 31 anni, è accusato di aver stalkerizzato — e un pomeriggio violentato — l’ex compagna di 20 anni più grande che dopo tre anni di relazione, lo ha lasciato «perché io avevo bisogno di serenità». Difeso dall’avvocato Davide Lacchini, Salvatore non è in aula: è agli arresti domiciliari a casa dei genitori per un altro episodio di stalking sempre nei confronti dell’ex compagna.
Per le vittime di violenza di genere, il processo non è mai una passeggiata. Non lo è neppure per Maria, soprattutto quando deve tornare al pomeriggio del 12 dicembre 2020, sabato, e raccontare ai tre giudici che non conoscono il caso, la violenza sessuale subita, per l’accusa. «Tornavo dal lavoro, verso le 17. Mio figlio più piccolo era da sua padre, il più grande, raggiunta la maggiore età, era uscito di casa. Stavo per aprire la porta, ho sentito i suoi passi. Era lui. Non sono riuscita a chiudere la porta, perché lui ha messo un piede in mezzo. È entrato. ‘Perché non mi rispondi al telefono?’. Voleva che facessi l’amore con lui. Gli ho detto di no. Chiamo le forze dell’ordine. Mi ha trascinata in camera da letto, mi ha spinto sul letto. Il giubbotto lo avevo ancora addosso. Mi ha tolto i pantaloni. Con le mani mi ha bloccato i polsi, mi teneva ferma durante il rapporto. Ho provato a divincolarmi, ad alzarmi, ma non ci riuscivo. Ci ho provato, ma ero in uno stato di soffocamento. Io piangevo. Gli dicevo: ‘Lasciami in pace, lasciami in pace’. Lui cercava di possedermi, mi ha costretto con la forza. Sì, un rapporto completo. Io ho dovuto subire il rapporto, mi sono sentita costretta. Lui se ne è poi andato. Io avevo vergogna».
Il 2014 è l’anno in cui Maria conosce Salvatore «attraverso delle amiche. Io mio ero separata, avevo due figli. Le mie amiche sapevano che avevo bisogno di una persona per gestire i miei figli». All’inizio, Salvatore «era buono, gentile e molto disponibile. Dopo un po’ di tempo, il nostro rapporto è diventato molto intimo. Dopo circa tre anni, lui è diventato molto geloso e possessivo. Mi controllava il telefono. Io l’ho lasciato, perché (lo ripete) era molto geloso e possessivo. Io avevo bisogno di serenità, non delle sue scenate di gelosia. Io ero appena uscita da un divorzio. Gli dicevo. ‘Cercati una ragazza ragazza più giovane’. ‘Basta, non si può andare avanti così, è finita’. Ma lui non ha accettato». Perché «tu sei mia».
Per l’accusa, a novembre del 2020 Salvatore diventa uno stalker. «Continuava a telefonarmi, ma io non rispondevo». Maria se lo trova ovunque, «davanti all’uscita del lavoro, davanti a casa. Una volta, in via Giuseppina mi supera questa macchina, si mette davanti e frema bruscamente. Io quasi lo tampono. Scende dall’auto, bussa al finestrino, io lo abbasso. ‘Per favore, lasciami in pace, sono già in ritardo. Continuava a chiamarmi, anche con il numero privato. Si arrabbiava, perché non gli rispondevo. Una mattina stavo sbrinando la macchina. Mi ha detto: ‘Ti meriteresti una coltellata nella pancia’. Non mi ha mai messo le mani addosso. Urlava, gridava. Io in qualche occasione l’ho schiaffeggiato, quando insisteva per entrare in casa. Sì, avevo paura».
Dopo «la violenza sessuale, mi sono confidata con un’amica. Mi ha detto di denunciarlo. Lui mi aveva chiesto di non farlo». Maria lo denuncia. L’avvocato Lacchini le mostra alcune chat che lei e Salvatore si sono scambiati nel 2022. Maria le legge: «Questo tipo di conversazioni sono state fatte prima, le ha retrodatate». Il difensore le produce. Il processo riprenderà il 9 gennaio. Fuori dall’aula. «Mi vergogno», dice Maria. È la vergogna di essere esposta al giudizio altrui e, quindi, di subire nuovamente violenza, la cosiddetta vittimizzazione.
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