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L'INTERVISTA

2 giugno, Fontana: «Riaffermare la democrazia è un dovere istituzionale»

Il Governatore lombardo a Cremona nel giorno della Festa della Repubblica: «Celebriamo le radici di una svolta che resiste»

Mauro Cabrini

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mcabrini@laprovinciacr.it

02 Giugno 2023 - 05:00

2 giugno, Fontana: «Riaffermare la democrazia è un dovere istituzionale»

CREMONA - Oggi, alla Festa della Repubblica per la prima volta trasformata anche in cerimonia popolare, pensata e voluta così per riavvicinare i cittadini alla celebrazione e al suo significato, ci sarà anche il presidente della Regione, Attilio Fontana.

Presidente, perché ha scelto proprio Cremona?
«Perché, come ho sempre detto, Cremona e la sua provincia hanno e avranno da me una attenzione particolare. Come lo avrà, più in generale, il sud della Lombardia. L’ho fatto nei precedenti cinque anni e proseguirò con questo impegno nella nuova legislatura. Ecco: il 2 giugno è una occasione in più per manifestare il mio interesse per le comunità dell’intera provincia di Cremona».

Che significato ha oggi il 2 Giugno?
«Per rispondere alla sua domanda le propongo di tornare alla radice della Festa della Repubblica, che celebriamo in ricordo del referendum che in quello stesso giorno, nel 1946, decretò il passaggio dell’Italia dal sistema politico monarchico a quello repubblicano. In quei due giorni (si votò anche il 3 giugno) votarono per la prima volta anche le donne: furono le prime elezioni nella storia italiana che si svolsero a suffragio universale. Furono distribuite a tutti gli italiani due schede: con la prima si decideva il passaggio alla Repubblica, con la seconda si elesse l’Assemblea Costituente che scrisse la Costituzione repubblicana. Nacque la Repubblica, si affermò la democrazia e finalmente il suffragio universale con l’ingresso delle donne sulla scena della politica nazionale — ripercorre il passato per arrivare al presente, Fontana, seguendo un percorso che serve a sottolineare le radici di una svolta che resiste nel suo significato nel presente e deve mantenere valore nel futuro —. E questa festa mantiene solide le proprie ragioni proprio nelle sue radici».



Eppure, la distanza fra le istituzioni e i cittadini appare sempre più ampia e lo dimostra, per ultimo, l’assenteismo che ha caratterizzato le ultime elezioni. Allora, la domanda è: come possono oggi le istituzioni contribuire a recuperare il gap, pensando anche al valore che il 2 giugno rappresenta in quel senso?
«Lavorando e facendo con serietà il proprio dovere. Offrendo risposte concrete a bisogni sempre più complessi e diffusi. Avendo capacità di interpretare i cambiamenti, leggendo con anticipo l’evoluzione della società e dell’economia. E ancora, ascoltando i protagonisti dei cambiamenti per trovare le ricette giuste nei tempi dovuti, non lasciando indietro nessuno. Ed evitando che la politica insegua — in ritardo — la società che muta. Se le istituzioni sapranno fare questo, anche le giovani generazioni torneranno a vivere con interesse la politica e l’impegno nella società, poiché potranno sentirsi parte delle decisioni e dei progetti. Non ci sono scorciatoie, c’è solo l’ascolto e l’impegno quotidiano».

Questo vale in generale. Nello specifico, invece, come si può secondo lei far diventare il 2 giugno una festa popolare avvicinando di nuovo (e di più) i cittadini all’evento?
«È vero che forse non è una festa popolare nel senso etimologico del termine, ma io credo che resti una delle celebrazioni ancora più sentite, proprio per i valori di cui parlavamo prima. Penso che crescerà nel vissuto delle persone a partire dai più giovani che pian piano ritroveranno sempre più il senso dell’impegno civico quotidiano. Già lo si vede, specie in Lombardia».

A cosa si riferisce?
«Basta pensare al peso del volontariato e del terzo settore, alle mille occasioni in cui i giovani e i meno giovani si spendono per gli altri. È un grande patrimonio civico che aumenta e che sfocerà — ne sono certo — anche nell’impegno nelle istituzioni».

Cosa significa oggi essere italiani? Per chi deve sventolare il Tricolore?
«Per me è facile rispondere: significa fare emergere le peculiarità dei territori italiani al servizio della unità del Paese, nel segno di una assunzione di sempre maggiori responsabilità e della sussidiarietà».

Lunedì scorso è stata celebrata la Festa della Lombardia: come si trova l’equilibrio tra il concetto di nazione che il 2 Giugno rinnova e l’impegno in prima linea, suo e del partito che rappresenta, per l’autonomia della regione?
«Anche qui la risposta è dentro la Costituzione. Leggiamo l’articolo 114: ‘La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione’. Tutti sappiamo perfettamente che la nostra Carta fondamentale, inoltre, stabilisce anche la possibilità su diverse materie di richiedere maggiori forme di autonomia. È quello che stiamo facendo — garantisce il governatore della Lombardia —: è questa una riforma che mette al centro il tema della responsabilità sia di chi governa che di chi è governato, poiché un livello decisionale più vicino al territorio può meglio leggerne i bisogni e dare risposte più adeguate, ma è anche più facilmente giudicabile dal cittadino elettore, spazzando via quel continuo rimpallo di responsabilità tra Stato centrale e enti locali. Come vede, l’equilibrio è già fissato».
Nella Costituzione.

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