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VERSO LA FESTA DEL 2 GIUGNO

Il prefetto: «Orgogliosamente italiani, orgogliosamente cremonesi»

Corrado Conforto Galli e una giornata pensata per «essere di popolo» e «di condivisione»

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

01 Giugno 2023 - 05:00

Il prefetto: «Orgogliosamente italiani, orgogliosamente cremonesi»

Il prefetto Corrado Conforto Galli

CREMONA - Corrado Conforto Galli, prefetto di Cremona, «della provincia di Cremona, mi raccomando», tiene a precisare per segnare l’attenzione all’intero territorio, ha preso servizio in città l’8 marzo 2022 e fin dall’inizio ha caratterizzato il suo mandato con poco formalismo e molta attenzione alla relazione umana con i cremonesi. Con questo spirito ha predisposto il programma della festa nazionale del 2 Giugno, per farla diventare la festa di tutti. Nel rispetto dell’etichetta e dei diversi ruoli, certamente, ma con il dichiarato desiderio di vedere piazza del Comune gremita di cremonesi uniti da valori comuni.

Signor prefetto, il 2 Giugno si ricorda il referendum del 1946 che, dopo il fascismo e la seconda guerra mondiale, ha sancito la fine della monarchia e la nascita della Repubblica. Fuor di retorica, che significato ha oggi?
«Innanzitutto, il 2 giugno non può e non deve essere una semplice commemorazione rituale. La nascita della Repubblica ha consentito di riaffermare i principi di libertà e di democrazia, di uguaglianza e di solidarietà reciproca, che sono ancora oggi a fondamento del nostro Stato. Allora mi auguro che la Festa della Repubblica rappresenti un’occasione per rinnovare, con orgoglio e senso di responsabilità, l’impegno di ciascuno di noi in difesa di questi valori, attraverso il ricordo del nostro passato e uno sguardo sul nostro futuro. In sintesi, significa sentirsi veramente parte di una ‘Comunità nazionale’, perché la Repubblica Italiana appartiene a tutti e proprio per questo motivo è necessario averne grande cura».

2 Giugno 1946: per la prima volta il voto alle donne. 2 Giugno 2023: per che cosa deve essere ricordato?
«Spero per una maggiore, obiettiva consapevolezza delle conquiste raggiunte dal nostro Paese da quel giorno. Forse oggi, in un contesto di relativismo diffuso, nel disinteresse verso tante forme di impegno civico che sembra permeare vasti strati della società, tendiamo spesso a dimenticare queste conquiste, a dare tutto per assodato, a non cogliere appieno che la Repubblica Italiana ha radici forti e salde che affondano nel rispetto dei valori di libertà e democrazia. Nulla è scontato. E gli scenari di guerra che si stanno consumando alle porte del nostro continente devono costituire un forte monito in questa direzione».

La generazione dei testimoni diretti sta scomparendo per ragioni anagrafiche. «Una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica», ha detto il giurista e Padre Costituente Piero Calamandrei. Come possono le Istituzioni oggi contribuire a ovviare a questo rischio?
«Io credo che il pericolo sottolineato da Calamandrei, ovvero l’indifferenza generalizzata, si stia oggettivamente avverando. La crescente disaffezione verso la cosa pubblica, che quotidianamente registriamo sotto diverse forme - e non solo nel costante calo di affluenza alle consultazioni elettorali - è ormai un preoccupante dato di fatto. Tuttavia, sono convinto che sotto questo velo superficiale di indifferenza si celi, magari sopito, un senso di appartenenza, di idem sentire più forte di quel che, in fondo, crediamo. Le faccio un esempio. Nel Dna italico c’è una fortissima tradizione di solidarietà, che puntualmente abbiamo toccato con mano in occasione delle innumerevoli calamità che hanno colpito il nostro Paese e come abbiamo visto anche durante i recenti tragici eventi alluvionali che hanno interessato l’Emilia Romagna, dove migliaia di persone, in modo volontario e disinteressato, si stanno impegnando per portare soccorso e aiuto. Ecco, ciò che voglio dire è che non dobbiamo attendere eventi calamitosi per esprimere questo senso di unione, questo senso di comunità, che è proprio del cittadino italiano. Dobbiamo farlo ogni giorno, nei diversi ruoli e nelle mille occasioni che ci vengono fornite. Quindi sono certo che la nostra Nazione abbia in sé gli anticorpi per sconfiggere il pericolo paventato da Calamandrei e noi, come rappresentanti delle Istituzioni, abbiamo il diritto-dovere di alimentare ogni giorno la fiducia dei cittadini verso i valori fondanti della nostra Repubblica, favorendo questo senso di appartenenza».

Il 2 Giugno è data fondativa, una delle più importanti del nostro calendario civile. Ma non è riuscito mai a decollare come grande festa popolare, come pure fu nell'immediato dopoguerra. E come avviene in altri Paesi per celebrazioni di analoga importanza, il 14 luglio in Francia o il 4 luglio negli Stati Uniti, tra balli in piazza e fuochi d'artificio. 2 Giugno a Cremona: dal programma delle celebrazioni che Lei ha predisposto si nota il chiaro intento di far diventare la Celebrazione una ‘festa di popolo’, facendola uscire dal mero ambito istituzionale. È corretto?
«Sì, l’auspicio è quello di avvicinare quanto più possibile la cittadinanza alle Istituzioni, contribuendo ad alimentare quel senso di appartenenza di cui abbiamo parlato. La nostra Comunità è composta da tante realtà, da tanti mondi che occorre - in questa occasione - coinvolgere con l’obiettivo di fare della Festa della Repubblica ciò di cui sono intimamente convinto, ovvero la ‘Festa di tutti’. Ecco perché il programma è molto articolato e prevede la possibilità che la cittadinanza, fin dalle prime ore del mattino e nel corso di tutta la giornata del 2 giugno - anche al di fuori della cerimonia celebrativa - possa visitare gli stands che saranno appositamente allestiti in piazza Stradivari da parte delle forze di polizia, delle forze armate, dai vigili del fuoco, dalle componenti del soccorso e della protezione civile, assistendo anche alla simulazione delle attività e ad esibizioni dimostrative dei vari corpi ed enti. L’intenzione è inoltre quella di valorizzare - in uno spirito di rinnovata coesione del rapporto locale/nazionale - le eccellenze locali; cito, a titolo esemplificativo, l’esecuzione dalla Bertazzola di brani di un grande cremonese come Claudio Monteverdi da parte di un quintetto di ottoni barocchi o l’esibizione musicale della violinista Lena Yokoyama che, per l’occasione, utilizzerà un violino delle collezioni Museo del violino vincitore dell’ottavo Concorso trienale internazionale di liuteria, a simbolo di un’altra eccellenza di questo territorio, la liuteria. Con lo stesso spirito coinvolgeremo in modo singolare nel corso della celebrazione anche una scolaresca di una scuola primaria. Il tutto nella speranza che la Festa della Repubblica a Cremona, grazie anche alla collaborazione del quotidiano ‘La Provincia’, possa destare interesse nella cittadinanza, segnando un piccolo tassello nel non semplice percorso di sentirci tutti parte di una Comunità nazionale».

Particolare attenzione va posta nei confronti delle nuove generazioni: come coinvolgerle facendo diventare la Festa della Repubblica il racconto di una Storia eroica e appassionante?
«Vede, ci sono esempi che dimostrano quanto la realtà a volte sia migliore della percezione. I bambini della quinta elementare che saranno protagonisti in diversi momenti della Festa (e che idealmente rappresentano tante belle realtà presenti nel panorama scolastico provinciale) sono già splendidi attori di progetti assolutamente significativi che vanno in questa direzione, come avete evidenziato negli articoli dei giorni scorsi. Gli stessi studenti della Consulta provinciale studentesca esprimono uno spaccato dei tanti giovani impegnati su diversi temi di attualità. A mio modo di vedere dobbiamo osservare con attenzione queste realtà. Dobbiamo investire ed offrire un deciso supporto alle Istituzioni scolastiche, dando forza alle tante iniziative che già esistono, cercando di mostrare il bello della nostra Repubblica.

In questo contesto, ritiene possibile, giusto e costruttivo aprire il suo palazzo a scolaresche per avvicinarle all’Istituzione che Lei rappresenta, favorendo lo sviluppo del senso di appartenenza? I nostri giovani, lo stanno dimostrando anche in questi giorni accorrendo a migliaia nelle zone devastate dall’alluvione, hanno forte il senso della solidarietà. Aiutiamoli anche a sviluppare il senso dell’essere Nazione.
«Assolutamente sì. È un percorso che è già stato avviato, ad esempio nelle giornate del Fai dell’autunno scorso. Ma per rimanere nell’ambito scolastico - oltre alla costante azione profusa dalla Prefettura e dalle Forze di Polizia nell’organizzazione di numerosissimi incontri nelle scuole di ogni ordine e grado sui temi della legalità - abbiamo già ospitato a Palazzo del Governo diverse scolaresche, tra cui la scuola primaria statale Trento e Trieste di Cremona che nel contesto di un significativo progetto educativo ha da tempo promosso iniziative molto lodevoli in tema di trasmissione ai giovani alunni della conoscenza sulle maggiori istituzioni del nostro ordinamento. Sono particolarmente grato a “La Provincia” per aver contribuito a far conoscere più diffusamente alcuni di questi progetti, tra i quali trovo particolarmente interessante quello relativo alla ricostruzione del centro storico di Cremona attraverso l’utilizzazione del celebre videogioco Minecraft. Nell’ambito di questo progetto ho avuto il piacere di ospitare recentemente questa scolaresca e, grazie al loro interesse ed entusiasmo, a breve sarà addirittura ricostruita ‘virtualmente’ la Prefettura di Cremona. Ciò mi rende particolarmente fiero e orgoglioso. Questo credo sia un approccio intelligente e interessante per avvicinare i bambini alle istituzioni ed è una di quelle tante buone pratiche che consentono di guardare avanti con speranza, attraverso un uso proficuo dello strumento tecnologico che permette di valorizzare le intelligenze».

Che cosa significa oggi essere Italiani? Per chi deve sventolare il Tricolore?
«Essere italiani oggi, a mio avviso, significa uscire dagli stereotipi che si sono consolidati negli anni, da una narrazione un po’ disfattista che non ci fa percepire appieno le tante eccellenze di cui disponiamo in Italia e di cui dovremmo andare maggiormente fieri. Significa essere eredi di un patrimonio culturale, artistico e ambientale unico al mondo e impareggiabile, nonché protagonisti di una realtà produttiva di qualità, nei più svariati settori, che tutto il mondo ci invidia. Essere italiani oggi, quindi, penso significhi consapevolezza di far parte di una grande ‘Comunità nazionale’. Dopodiché ritengo che il Tricolore debba sempre sventolare per ricordare degnamente e rendere il doveroso omaggio a chi si è impegnato, a chi ha combattuto e si è immolato per donare alle nostre generazioni i valori di libertà e democrazia, che tutti noi oggi abbiamo il privilegio di vivere».

Quali sono, secondo Lei, i valori condivisi sui quali non si deve mediare per superare i limiti di Paese che ancora soffre di una cronica debolezza di identità nazionale?
«Innanzitutto, il concetto di identità nazionale, pur nella consapevolezza che nel nostro ordinamento è fortemente radicata la valorizzazione e il riconoscimento delle competenze locali. Questo ce lo ricorda prima di tutto la nostra Costituzione, che all’articolo 114 fissa un principio cardine, che è quello che la nostra Repubblica ‘è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato’. Quindi la Repubblica deve essere un collante di un insieme di Istituzioni che, ai diversi livelli di governo, devono sentirsi tessere – sì diverse, ma complementari – di un mosaico che nel suo insieme è costituito dalla nostra Nazione. In questo contesto, direi consequenzialmente, un altro fondamentale valore condiviso deve necessariamente essere il principio di solidarietà, da sempre pilastro portante della società italiana».

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