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CASALMAGGIORE. LA STORIA

«La mia vita in prima linea fra sofferenza e speranza»

In pensione Mario Riccio, primario di Anestesia dell’Oglio Po. «Il Covid ci ha fatto riscoprire i valori umani»

Davide Luigi Bazzani

Email:

davideluigibazzani@gmail.com

12 Febbraio 2023 - 05:15

Mario Riccio

Il medico anestesista Mario Riccio

CASALMAGGIORE - Sotto la sua gestione, dal 1 febbraio 2018 in poi il reparto di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Oglio Po ha visto transitare 737 pazienti. Ora il dottor Mario Riccio, responsabile della struttura semplice a valenza dipartimentale, è ufficialmente andato in pensione, anche se non ha appeso il camice al chiodo, perché continua a lavorare nella libera professione e intende prestare anche la sua opera per il 118, nell’emergenza-urgenza. Riccio è un medico molto impegnato, conosciuto a livello nazionale, soprattutto da quando, era dicembre del 2006, assecondò la volontà del suo paziente Piergiorgio Welby, giornalista, artista e attivista del Partito Radicale, affetto fin da giovane da distrofia muscolare in forma progressiva, che scrisse una lettera aperta all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere che gli venisse finalmente riconosciuto il diritto di morire.

Riccio, dopo aver combattuto al suo fianco una lunghissima lotta politica, sociale e giudiziaria, gli somministrò i sedativi per lenire profondamente i suoi ultimi dolori, spegnendo e staccando il ventilatore meccanico, sotto lo sguardo commosso di sua moglie Mina, sua sorella Carla, Marco Pannella, Marco Cappato e Rita Bernardini, i suoi compagni di lotta dell’Associazione Luca Coscioni, di cui Welby era co-presidente. Riccio fu anche processato a causa di quell’eutanasia passiva e accusato di omicidio del consenziente e venne prosciolto poi dal Giudice dell’udienza preliminare di Roma perché il fatto non costituiva reato secondo l’articolo 51 del codice penale sull’adempimento di un dovere.

Mario Riccio con Mina Medici Welby

Da quel momento Riccio, in virtù del suo lavoro, ha seguito da vicino tantissime storie di fine vita. Negli ultimi tempi, soprattutto a causa del Covid. Riccio sottolinea che «il Covid ha cambiato tutta l’impostazione della medicina, è stato un periodo drammatico che però ha insegnato tante cose. E ha fatto emergere la grande importanza di un ospedale zonale come l’Oglio Po. Nei due anni della pandemia - nelle fasi di picco - a Casalmaggiore abbiamo dovuto trattare sino a 13 pazienti contemporaneamente rispetto ai 4 posti ordinari, di fatto triplicando l’impegno, e ricevendo pazienti non solo dal competente territorio di Cremona e Mantova, ma anche da province più lontane, come Milano e Lodi. Lo hanno fatto anche altri, ma posso dire che è stato estremamente impegnativo, come ben ricordano tutti i colleghi e tutto il personale sanitario, che ha svolto un lavoro encomiabile. L’Oglio Po non si è mai tirato indietro».

Ci sono pazienti che, giunti in fin di vita all’Oglio Po, sono tornati a casa e oggi manifestano ancora gratitudine per quello che il tanto bistrattato ospedale di Casalmaggiore, grazie alla professionalità dei suoi operatori, è riuscito a fare. «Una delle cose che più si percepiscono in un ospedale come l’Oglio Po - commenta Riccio - è il rapporto umano, sia tra i colleghi che con i pazienti. E’ un valore aggiunto. Nei grandi ospedali, com’è inevitabile, si sente di più il peso delle dinamiche conflittuali, ci sono più tensioni, è più intenso l’atteggiamento carrieristico. Nell’ospedale medio-piccolo, come l’Oglio Po, tutto ciò è molto più sfumato, c’è un clima di lavoro più sereno, i rapporti umani sono più regolati. E per quanto riguarda i pazienti, sentono di più la vicinanza degli operatori. Una infermiera magari è la figlia di una vicina di casa, il medico magari lo si incontra in piazza, c’è più confidenza. Anche per tutti questi motivi l’Oglio Po va tutelato».

Ma non solo per quello, aggiunge Riccio: «Pensiamo solo a che cosa significherebbe non avere un pronto soccorso funzionante a Casalmaggiore. I pazienti sarebbero costretti a rivolgersi a Cremona, Mantova, Parma. Mi chiedo come potrebbero fare a sopportare un carico di lavoro. Purtroppo l’Oglio Po, come tutti gli ospedali, risente della carenza di personale medico e infermieristico. In più a Casalmaggiore c’è un’altra difficoltà da superare, perché i giovani medici preferiscono lavorare in ospedali più grandi». Riccio non resterà disoccupato: «Continuerò a fare il medico, ma avrò più tempo per occuparmi dei temi che mi stanno a cuore, come la bioetica».

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