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Emergenza siccità: commissario lombardo

Roma è lontana dalla Lombardia: andrebbe presa in seria considerazione l’ipotesi di delegare a Fontana o a Sertori la gestione della crisi idrica

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

07 Maggio 2023 - 05:30

Emergenza siccità: commissario lombardo

Pioggia e nevicate delle ultime settimane hanno concesso una tregua sul fronte della siccità. Ma si tratta più che altro di differimento della questione.

Il livello del Po a Cremona è ‘lievitato’ di un metro, salendo a -7 metri sullo zero idrometrico dopo aver superato, nel momento peggiore di questi primi mesi dell’anno, quota -8. Il Grande Fiume rimane comunque al di sotto delle medie stagionali.

L’emergenza siccità resta. Ne sono dimostrazione plastica le devastazioni provocate la scorsa settimana dalle piogge torrenziali in Emilia-Romagna, poco lontano dai noi, dovute in buona parte proprio al fatto che i terreni inariditi hanno una minore capacità di assorbire l’acqua piovana, che arriva in quantità notevoli in breve tempo. Anche questo è il prezzo pagato al cambiamento climatico.

Vanno dunque salutati positivamente la nomina a commissario straordinario di Nicola Dell’Acqua (nomen omen!), finalmente a un mese dal decreto legge sulla crisi idrica, e il successivo esordio della cabina di regia a palazzo Chigi in cui è stato deciso un primo stanziamento di 102 milioni di euro per interventi urgenti. La nomina, peraltro, è ancora in attesa di diventare operativa: accadrà forse alla fine della prossima settimana. Dell’Acqua ha il compito di realizzare gli interventi urgenti indicati dalla cabina di regia e di monitorare la situazione su tutto il territorio. Potrà intervenire con poteri sostitutivi in caso di inadempienza e revocare le concessioni. Guiderà una struttura fino a 25 persone. La squadra di tecnici si insedierà entro due settimane al dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della politica economica. Insomma, il motore sarà a pieni giri non prima di fine maggio. 

L'emergenza, però, incalza: non c’è tempo da perdere. Non a caso, la prima richiesta che i territori fanno a Palazzo Chigi è quella di attuare rapidamente il Dpcm che permetterà di passare alla fase operativa.

L’Italia ha bisogno di un Piano delle acque irrigue che delinei una gestione integrata non solo dei grandi bacini idrici, ma anche di laghi e fiumi. Un piano in cui sono chiamati a fare la loro parte anche i consorzi di bonifica.

A sostegno di una gestione moderna e sostenibile, Confagricoltura chiede l’istituzione di un Fondo da 500 milioni di euro per sostenere gli investimenti delle imprese agricole in tecnologie che permettano di ottimizzare l’impiego di risorse irrigue. I cambiamenti climatici impongono di rivedere anche le regole sul deflusso ecologico dei corsi d’acqua e di avviare una strategia per ricaricare artificialmente le falde sotterranee. Dei 102 milioni stanziati, 33 sono destinati alla realizzazione di nuove opere di regolazione del lago d’Idro, opera che andrà a vantaggio del sistema-acqua regionale.

Roma è però lontana dalla Lombardia, che contribuisce per oltre il 50 per cento della produzione del comparto agroalimentare nazionale. Qui ci sono problematiche specifiche che possono essere affrontate più tempestivamente grazie a conoscenze e competenze in loco. In questo senso, andrebbe presa in seria considerazione l’ipotesi di delegare le funzioni di commissario straordinario alla siccità per la Lombardia al presidente Attilio Fontana o a Massimo Sertori, assessore con delega all’utilizzo della risorsa idrica: più vicini ai problemi, più pronti all’azione.

Come è stato spesso sottolineato, l’emergenza siccità non è solo un problema per il comparto agricolo, ma può aver pesanti ricadute anche sui bilanci delle famiglie.

Come sottolinea Confagricoltura, «i prezzi al consumo delle carni bovine hanno raggiunto il livello più alto da oltre dieci anni, a causa della riduzione dei capi allevati dovuta alla scarsità e all’alto prezzo raggiunto dai foraggi».

Se a questo aggiungiamo i costi dell’inflazione (la spesa è più cara del 7 per cento in un anno) e della lievitazione del ‘peso’ delle bollette, si può ben capire come i consumi siano destinati a crollare. Le conseguenze della scarsità idrica sono senza dubbio amplificate dalla mancanza di investimenti e dalle insufficienti manutenzioni delle infrastrutture.

In Italia, secondo il rapporto elaborato dall’Istat per la Giornata mondiale dell’acqua, le perdite nella fase di distribuzione ammontano a 3,4 miliardi di metri cubi e corrispondono al 42,2% dell’acqua immessa in rete. Una perdita enorme, che per fortuna in provincia di Cremona è molto meno devastante.

Nel 2019 — ultimo dato disponibile — si è attestata al 22,8 per cento, rispetto al 47,9 della media nazionale. Una quota che, nei numeri, avvicina la provincia di Cremona all’Europa (23 per cento) e resta al di sotto di quella regionale, pari al 33,2 per cento. Questo scenario si ripercuote sulle tariffe: per Padania Acque 1,65 euro al metro cubo, ben inferiore alla media nazionale di 2,1 euro. «La perdita zero è un’utopia», ha detto in occasione della Giornata mondiale dell’acqua Cristian Chizzoli, presidente di Padania, ma l’obiettivo della società è in linea con quello europeo: ridurre la dispersione d’acqua nelle reti al 15-18%.

In Europa per le reti si spendono 80-90 euro ad abitante, in Italia la metà. «A Cremona, però, investiamo circa il 25% in più rispetto alla media. Ciò pur avendo una tariffa che è del 20-25% più bassa», ha chiosato Chizzoli. Che annuncia anche una campagna di lotta allo spreco, attraverso semplici regole che verranno segnalate agli utenti, che passerà attraverso un sistema di controllo sulle case dell’acqua: «Anche su richiesta dei sindaci, stiamo pensando ad un limite al prelievo quotidiano pro capite per evitare abusi e, soprattutto, per fare capire che l’acqua ha un valore».

Secondo il Consiglio nazionale delle ricerche, una percentuale compresa fra il 6 e il 15 per cento della popolazione italiana vive ormai in territori esposti a una siccità severa o estrema. «Siccità — evidenzia sempre il Cnr — significa innanzitutto avere meno acqua a disposizione per gli usi civili». Dall’interruzione dell’erogazione idrica nelle nostre case in determinati orari, a limitazioni sull’annaffiatura dei giardini, sul lavaggio delle automobili, sull’utilizzo di fontane, solo per citare qualche esempio. Vuol dire una minore disponibilità nelle industrie (inclusa la produzione idroelettrica) e soprattutto nei campi agricoli, con ripercussioni economiche per il Paese e riflessi sulla nostra alimentazione. Ecco perché il problema interessa tutti.

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