L'ANALISI
25 Aprile 2023 - 17:53
CREMA - I cremaschi riscoprono la festa della Liberazione: molta più gente degli anni scorsi, merito anche della nuova formula della manifestazione, voluta dallo staff del sindaco Fabio Bergamaschi. La celebrazione è stata infatti organizzata al centro di piazza Duomo e non più nell’angusto spazio del famedio, che impediva a molti di poter seguire gli interventi ufficiali.
Alla lapide dei Caduti per la Libertà è stato ovviamente reso omaggio con la posa della corona d’alloro, ma nulla a che vedere con la ressa del passato. Si sono avvicinati il sindaco Fabio Bergamaschi e il presidente dell’Anpi Paolo Balzari, mentre il resto dei partecipanti ha atteso in piazza.
La messa delle 10 in Cattedrale ha aperto le celebrazioni. Poi il brevissimo corteo con la banda di Ombriano, l’inno di Mameli e il Silenzio in omaggio ai Caduti. «Questa è la festa madre – ha sottolineato Bergamaschi – generativa, in quanto presupposto, di ogni altra celebrazione civile nazionale. Perché il lavoro, sotto il giogo della dominazione, sarebbe schiavitù e non emancipazione. Perché la Repubblica, senza Liberazione, nemmeno esisterebbe. Perché l’unità nazionale, in uno stato fascista, alieno alla democrazia, non sarebbe la celebrazione di un comune e genuino sentimento popolare di amor patrio, ma un semplice dato geografico di confini entro i quali si consumerebbero sopraffazioni e lacerazioni sociali. Nulla avrebbe il senso che oggi diamo allo svolgimento della nostra vita democratica e al valore che essa esprime nella convivenza sociale e nelle nostre singole vite».
Bergamaschi ha condannato i distinguo, di cui negli ultimi giorni sono stati protagonisti anche politici nazionali. «I se e i ma, le enunciazioni esitanti, le formule evasive ed elusive di chi ancora non si riconosce nella Resistenza e nell’antifascismo sono intollerabili, specie quando messi in atto da chi ricopre ruoli di responsabilità nelle istituzioni repubblicane. Ma inammissibile, all’opposto, è anche la faziosa pretesa di alcuni di dirsi più partigiani di altri e di usare la Resistenza, più o meno inconsapevolmente, come elemento di frattura sociale, che non si limita ad ostracizzare i soli fascismi. Minoranze, certamente. Ma il seme della divaricazione sociale e della volontà di sopraffazione, abbiamo detto, germina e cresce tra la distrazione e la sottovalutazione. Volgiamo lo sguardo, allora, insieme verso il tricolore, che con il Comitato per la promozione dei principi della Costituzione abbiamo scelto come simbolo di questa giornata. Se in esso non vediamo una semplice tela colorata, ma avvertiamo un’appartenenza, è perché questo esprime tutto ciò che di buono, di bello e di giusto sappiamo creare nella società di oggi, in cui ci riconosciamo, di cui ci sentiamo parte. Una società libera, democratica, aperta. Una società antifascista».
Nel suo intervento Balzari ha spronato alla difesa della Costituzione e dei valori dell’Italia Repubblicana. «Importante ripartire dalla storia della Resistenza e delle donne e degli uomini che l’hanno fatta e lottare per il nostro futuro, senza rassegnarci di fronte alle ingiustizie». Nel pomeriggio la biciclettata della Resistenza, con una cinquantina di persone.
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