L'ANALISI
'SCENARI ECONOMICI': L'INTERVENTO
29 Marzo 2023 - 11:38
Paolo Magri al Museo del Violino
CREMONA - «Dicono che le crisi siano sinonimo di opportunità, ebbene il 2023 sarà un anno pieno di opportunità». Lo ha detto Paolo Magri, vicepresidente esecutivo dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervenendo ieri pomeriggio al Museo del Violino a chiusura dell’incontro pubblico ‘Scenari economici’. Docente di Relazioni Internazionali all’Università Bocconi e componente del Comitato Strategico del Ministero degli Affari Esteri, Magri scherzosamente si è definito «un gufo» e ha chiuso il suo intervento con un monito alla politica italiana: «Attenzione a quali alleati ci scegliamo e a quali battaglie facciamo. In politica interna possono funzionare gli slogan, ma in Europa conta la concretezza. E francesi e tedeschi stanno già accordandosi per portare a casa i loro obiettivi. Noi ci siamo accodati a Berlino sulla direttiva automotive per lo stop alle auto a combustibile fossile, i tedeschi hanno ottenuto la loro deroga e noi siamo rimasti con un cucù in mano».
La premessa di Magri è che sia venuto meno il paradigma su cui ci siamo regolati per 40 anni, ossia che le relazioni internazionali siano regolate da ragioni economiche: finché vi passano le merci, le frontiere non verranno violate dai carri armati e l’interdipendenza commerciale favorisce la globalizzazione. Oggi abbiamo scoperto che non è più così e dove passano i carri armati non passano più le merci. Pensavamo che la Russia diventasse parte dell’Occidente. E se l’impossibile succede con la Russia, può accadere anche con la Cina. Ma la Cina è un’altra cosa: la sua economia è paragonabile a quella Usa, è il principale partner commerciale di 120 Paesi e il principale creditore per 40.
Magri ha poi escluso un escalation delle tre grandi crisi che hanno impattato sull’economia globale: il Covid, la guerra ‘calda’ in Ucraina e quella ‘fredda’ con la Cina. Questo però non significa che verranno risolte. Anzi, le crisi resteranno aperte ancora per molti anni. Escluso un ritorno della pandemia, Magri ha spiegato che quella in Ucraina resterà una guerra di attrito, con molti morti, che finirà fra molti anni per sfinimento delle parti e avremo una sorta di Corea del Nord e Corea del Sud dentro l’Europa. Quanto alla Cina, la guerra fredda continuerà: gli Usa, infatti, stanno trasformando il loro problema di leadership mondiale in un problema di tutti noi. L’Europa tentenna e Pechino assiste con timore a questa manovra di contenimento.
Magri ha poi spiegato che se la probabilità che i fattori di crisi principali esplodano è bassa, legati a questi ce ne sono altri secondari. Ed ha poi usato la metafora del giocoliere: «È chiaro che la probabilità di un errore aumenta con il crescere delle palle lanciate in aria. E le crisi secondarie si stanno moltiplicando: c’è la possibilità che la Russia inneschi un’escalation ‘orizzontale’ in altre parti del mondo, dove è forte. C’è, appunto, la rilocazione di produzioni strategiche al di fuori della Cina su pressione Usa, la crisi energetica. E poi c’è il sud del mondo che guarda con un certo fastidio all’attenzione che l’Occidente dedica alla guerra in Ucraina e che ne sta vivendo le conseguenze con un’inflazione altissima. Il tema della migrazione tornerà pesantissimo. Tutte queste crisi produrranno divisioni fra Stati e all’interno degli Stati. L’Europa non è più quella di prima e da tre anni è più sul pezzo, più tempestiva. Ma ne esce con maggiore o minore autonomia strategica dagli Usa? E nella sfida Usa-Cina è vaso di ferro o vaso di coccio?».
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