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La tavola rotonda: «Noi essenziali», nodo mano d'opera

Agostino: «Pandemia, guerra, costi energetici: un test progressivo», Auricchio: «Dobbiamo credere in noi, Made in Italy da salvaguardare», Bonomi: «O si è grandi o si muore: ‘piccolo è bello’ non esiste più»

Massimo Schettino

Email:

mschettino@laprovinciacr.it

29 Marzo 2023 - 10:43

La tavola rotonda: «Noi essenziali», nodo mano d'opera

Aldo Bonomi, Antonio Auricchio e Anna Agostino

CREMONA - Dopo i numeri, parola agli imprenditori, che in prima persona hanno descritto difficoltà e sfide. Intervistati dal direttore del quotidiano La Provincia, Paolo Gualandris, si sono raccontati Anna Agostino, di Maus Italia di Bagnolo Cremasco, Antonio Auricchio, della Gennaro Auricchio Spa, e Aldo Bonomi, di Rubinetterie Bresciane Spa. Aziende diverse per vocazione, grandezza e settori produttivi, tre case history sulla capacità di resilienza del mondo produttivo cremonese.


Agostino ha ricordato che «in ordine cronologico i problemi per noi sono iniziati nel 2019 con la tromba d’aria, poi sono arrivate la pandemia, la guerra e i costi energetici e nel 2022 le grandinate. Quasi un test a difficoltà progressiva... Lo ricordo perché dopo gli ultimi danni del maltempo ci sono aziende che avevano resistito al Covid e che hanno dovuto chiudere. La pandemia ci ha costretto ad una riflessione sul valore dei rapporti umani. Per la prima volta, l’interesse dell’impresa è entrato in conflitto con l’interesse del singolo cittadino. La nostra produzione è essenziale ai servizi essenziali e dunque avremmo potuto restare aperti durante il lockdown, ma abbiamo scelto di chiudere. Siamo stati aiutati in questo dalla scelta di avere un grande magazzino. Abbiamo quindi riaperto con protocolli molto rigidi che — anche se difficili da ‘digerire’ — si sono rivelati vincenti. Non abbiamo fatto cassa integrazione, ma abbiamo raggiunto un accordo con i collaboratori che hanno dimostrato grandissimo attaccamento all’azienda. Abbiamo dovuto abbandonare la mentalità del ‘si è sempre fatto così’. Ci guardavamo attraverso uno schermo, ma forse non siamo mai stati più vicini».


«Noi — ha rivelato Bonomi — abbiamo fatto la scelta opposta, restando aperti e cercando soluzioni per poter lavorare. Non abbiamo badato a spese per i Dpi, con le mascherine fatte arrivare dal Giappone e lo smart working. Siamo poi stati aggressivi sulle spese superflue. E ci siamo sentiti molto uniti nella preoccupazione: io stesso ho perso un cognato ed ero spaventatissimo». Bonomi ha sottolineato il grande problema della manodopera: «Ci mancano 40 persone in azienda. Abbiamo pensato anche di realizzare scuole in Somalia per poi fare arrivare le persone. Abbiamo una academy formativa in azienda, ma senza successo. E pensare che per venire incontro ai problemi delle bollette abbiamo dato 400 euro a tutti. Oggi ‘piccolo è bello’ non esiste più, occorre lavorare per investire ed espandersi. O diventiamo più grandi, oppure moriamo. In Russia o in Cina non possiamo più esportare: gli Usa ci dicono che se vendiamo in Cina, loro non comprano più». Chiamato a dare un titolo al suo intervento, ha sintetizzato così: «Mai abbattersi, ci sono le opportunità».


Auricchio ha ricordato: «La nostra impresa è nata nel 1877 o forse anche prima. Noi siamo la quarta generazione e abbiamo avuto l’onore di mettere i nostri figli in azienda». Interrogato sul cibo sintetico, Auricchio ha ricordato la «guerra ai prodotti italian sounding», che «quando li assaggio dico sempre che sono deliziosi, così continuano a produrli così». Oltre a rappresentare l’azienda leader mondiale nella produzione del Provolone, Auricchio è presidente del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola Dop e presidente dei Dop italiani. E ha sottolineato: «Occorre salvaguardare il Made in Italy. Io — ha scherzato — sono un formaggiaio profondo. Dico sempre che sono stato l’unico bambino ad essere stato allattato dal papà invece che dalla mamma». Auricchio esporta in 60 Paesi del mondo, Francia compresa: «Abbiamo appena acquisito un’azienda bergamasca che produce Camembert italiano e lo vende ai francesi. Che goduria», ha scherzato. E ha poi concluso: «Dobbiamo credere nel nostro lavoro e usare la tecnologia, che per me è la tradizione che ce l’ha fatta. Solo così, senza abbassare la qualità, vinceremo la sfida mondiale».

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