L'ANALISI
03 Marzo 2023 - 20:37
MONTODINE - Montodine non è New York. Conta 2.500 abitanti appena. Sino a qualche anno fa, in paese ci abitavano Attilio e Dolores, marito e moglie. Si sono trasferiti per accudire le cugine di lui, Maria e Vittorina, classe 1950 e 1952, sorelle affette da disabilità mentale (Vittorina è deceduta nel maggio di un anno fa).
Attilio non lavorava, perché badava alle «ragazze». Per racimolare qualcosa, Dolores ha fatto la necrofora. Un lavoro «a chiamata: 4 o 5 chiamate al mese», dai 100 ai 300 euro. «Abbiamo chiesto più di un aiuto. All’assistente sociale, all’Anffas, al Busi di Casalmaggiore, all’ospedale di Sospiro per ricoverare le ragazze. Il Comune era a conoscenza di questa situazione di fragilità del nostro nucleo familiare. Se una sola di queste persone a cui ci siamo rivolti ci avesse aiutato, non saremmo qui». ‘Qui’ è l’aula penale.
Attilio arriva spingendo la sedia a rotelle con sua moglie Dolores dopo il viaggio in treno da Varese. Gente semplice. Prima lei, poi lui raccontano la loro storia, restituendo uno spaccato di solitudine. E di fragilità.
Marito e moglie si difendono dall’accusa di circonvenzione di incapace. Avrebbero indotto Maria e Vittorina a cointestare a Dolores il libretto di deposito sul quale ogni mese venivano accreditate le pensioni di invalidità delle due sorelle: 791 euro al mese a testa. Dal 2014 all’aprile del 2018 Attilio e Dolores avrebbero prelevato dal libretto, appropriandosene, 134.334,45 euro. Per farne che? «Per pagare 450 euro di affitto al mese, le bollette di luce, acqua e gas e per fare la spesa, ma non abbiamo indotto nessuno». Non si sono arricchiti, Attilio e Dolores, che durante il Covid hanno dormito «in aeroporto», quello di Malpensa, e mangiavano alla Caritas.
Sino al 2012, di Maria e Vittorina si occupò l’anziana zia Maria che era anche zia di Attilio. Una mano la dava anche il papà di Attilio, ma poi un tumore se lo portò via nel 2013. «Dopo la morte di mio papà, ci siamo trasferiti a Montodine», spiega Attilio, difeso dall’avvocato Elena Guerreschi. «Qualche mese prima di morire, la zia Maria mi portò in Posta e mi fece fare la firma per prelevare le somme dal libretto davanti al comandante dei vigili che è testimone», fa mettere a verbale Dolores, assistita dall’avvocato Cristina Pugnoli. Ogni mese, dal libretto Dolores tirava giù le due pensioni «ma per l’affitto, le bollette, la spesa».
Attilio, Dolores e «le ragazze» vivevano in una casa su due piani. «Le ragazze stavano in un appartamentino al piano terra»: camera da letto, bagno e cucina. «Io facevo da mangiare. Mi occupavo di tenerle ordinate», spiega Dolores. «Abbiamo garantito il benessere delle ragazze — precisa Attilio —. Il maresciallo dei carabinieri ci vedeva in auto con le ragazze e ci salutava. Le portavo al McDonald’s, ai tavolini prendevano il tè, il panino, la coca cola».
Un giorno, in casa arrivarono il sindaco e le forze dell’ordine: verificarono il «degrado». «Negli ultimi due mesi, prima dell’accesso delle forze dell’ordine, cos’è che ha messo in crisi il sistema che funzionava?», rilancia l’avvocato Guerreschi. «Io non potevo lasciare le ragazze da sole — risponde Attilio —. Ci sono momenti in cui è molto grigia andare avanti. A un certo punto abbiamo avuto più difficoltà del solito. Se venivano a mancare anche i 200, 300 euro che portava a casa mia moglie... L’ultimo mese ci hanno tolto il gas, l’acqua c’era, l’affitto lo abbiamo sempre pagato».
Marito e moglie lasciarono Montodine. Piange Attilio nel raccontare delle notti passate in aeroporto: «È stato un brutto momento». Dopo il Covid «mi sono rimboccato le maniche. Grazie a mio genero e alle associazioni che ci hanno aiutato abbiamo ricominciato a vivere dignitosamente». La sentenza sarà emessa il 24 marzo.
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