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CREMONA SOLIDALE: LA STORIA

«Faber», l’artista col papillon:

Tutta la vita straordinaria dell’84enne Luigi Ferrari: la pittura, le passioni e quella lettera del vescovo

La Provincia Redazione

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11 Febbraio 2023 - 05:05

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Luigi Ferrari, in arte ‘Faber’, ha 84 anni ed è ospite dell’Azienda Speciale Cremona Solidale

CREMONA - «L’uomo giovane conosce le regole; ma quello anziano, conosce le eccezioni». L’aspetto, in effetti, è disciplinato: camicia percorsa da righe sottili; papillon attorno al collo e, poco sotto, un ciondolo che è una complessa installazione di santini e di ex voto che, come lui stesso tiene a sottolineare, è frutto di una sua creazione artistica. Ma lo spirito è tutt’ora indomito e tradisce la personalità di un uomo che, per la sua intera vita, ha lottato per rappresentare con orgoglio quella stessa eccezione. Oggi, Luigi Ferrari (in arte, Faber, come un suo antico avo, già dedito alle belle arti) ha 84 anni ed è ospite dell’Azienda Speciale Comunale Cremona Solidale, presso la Rsa Mainardi. Numerose sono le tecniche che padroneggia: dai lavori a penna o su acqueforti, sino ad affreschi e serigrafie.

Autore di pale d’altare (Cappella Suore Ancelle della Carità, in Cremona, 1972), dal 1978 figura anche tra gli accademici effettivi nominati dagli Incisori D’Italia. Ma è stata l’opera ‘Dacci oggi il nostro pane’, che ha l’aspetto di una magistrale cosmogonia, a far assegnare a Ferrari un riconoscimento nazionale, nel 1979. Oggi è custodita presso la sede storica dell’Inail, a Roma. Educatori e personale sanitario, oramai, ben conoscono la sua straordinaria parabola esistenziale. Figlio e nipote di artisti, originario di Paderno Ponchielli, il suo primo approccio alla pittura si deve allo zio, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Brera. «Ma mio zio — spiega con intensa nostalgia il signor Luigi — non volle assolutamente che andassi in Brera anche io. Preferì prendermi sotto la sua ala dicendomi ‘adesso, ti insegno io’».

'Dacci oggi il nostro pane', 1979 olio su tela, INAIL Roma

Dalla madre, guida affettuosa e piena d’amore, ha preso quella luce particolare degli occhi; dal padre, che trovò il coraggio di sfidare Farinacci, l’orgoglio di chi non s’arrende a rimanere in silenzio, a fronte di sopraffazioni ed ingiustizie. A Parigi, con lo zio-mentore, ha studiato l’arte dei Fiamminghi e degli Impressionisti dal vivo, visitando i grandi musei della capitale.

Negli anni ’60, invece, l’approdo oltreoceano dove per oltre tre anni è stato studente della Chicago Academy of Fine Arts, vivendo in una minuscola stanzetta che «inquadrava soltanto un piccolo pezzo di cielo» ma rimaneva un crocevia per i suoi eterogenei compagni di studi, principalmente giovani ebrei e polacchi sfuggiti allo sterminio. «Il mio amico più caro, a quell’epoca, era un polacco protestante. Io, invece, sono cattolico. Ma ci leggevamo nel pensiero: non percepivamo, tra di noi, alcuna differenza».

'Chicago dal 24 piano ymca', 1962 olio su tavola 47×31

Una foto dell’epoca ritrae il giovane Luigi: un uomo affascinante, vestito secondo il gusto Beat. «In America andavo a scuola di nudo — aggiunge Ferrari con un sorriso ‘sornione’, ripercorrendo gli anni felici trascorsi a Chicago —. Le modelle appartenevano alle etnie più disparate, ma un aspetto lo condividevano: piacevo a quasi a tutte». Faber va a ruota a libera anche sul matrimonio con una moglie sempre presente ma, comprensibilmente, gelosa delle sue muse: «Mi costrinse a dilazionare le sessioni di pittura dal vivo». 

'Nudo femminile', 1993 olio su tavola 36×58

Nel vano del suo supporto alla deambulazione ha sistemato i ricordi più cari: il fascicolo di Google che racconta la sua carriera, le immagini delle sue opere dalle tinte avvolgenti, che virano verso quelle più care ad uno dei suoi mostri sacri, Henri Tolouse-Latrec. Poi le fotografie dei genitori e il fiore all’occhiello più recente: la lettera ricevuta dal vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, una sorta di profonda riflessione sull’incessante ricerca di interiorità attraverso le arti che ha contraddistinto la vita intera di Luigi. «Non me lo aspettavo — osserva sollevando con enfasi il suo pugno, Ferrari —: il vescovo mi ha capito veramente. In me hanno sempre convissuto due uomini e due nature ma sono sempre stato credente, un uomo con fede in Dio e senza paura di rivendicarlo».

'Maria Crocifissa di Rosa', presso chiesa Ancelle Cremona

Con la Chiesa intesa come istituzione, viceversa, il rapporto è sempre stato un po’ più complicato. «Mi chiesero di dipingere una pala presso la parrocchiale di Barbata, in provincia di Bergamo — ricorda un aneddoto esemplificativo, Ferrari —. Avrei dovuto raffigurare il martirio di una santa: ma non ne conoscevo il volto e dalle sue spoglie, che mi furono mostrate dalla Madre Superiora, rimasi quasi spaventato. Le chiesi, perché la raffigurazione fosse più autentica possibile, di concedermi in prestito uno dei loro abiti talari, che anche la Santa avrebbe dovuto indossare all’interno del dipinto. La Madre Superiora, inizialmente, si rifiutò: ‘lei lo profanerà’ mi disse, anche se di fronte al mio proposito di sottrarmi all’impegno si convinse ad accontentare la mia richiesta».

'Cristo e l’adultera', 1988 olio su tela 160×207, chiesa di Barbata (BG)

Luigi sorride, divertito. Con un tocco sapiente, si sistema il papillon. Osservando, ancora una volta le immagini dei suoi meravigliosi dipinti. «Accanto al mio studio privato, all’epoca, esisteva un piccolo giardinetto. Lì invitai un’amica a farmi da modella e dopo averle fatto indossare l’abito da suora, la immortalai. La Madre Superiora aveva torto ad essere diffidente: feci un lavoro magnifico e la congrega tutta ne fu molto soddisfatta. Ma riguardo all’abito talare, non si sbagliava affatto: terminato il lavoro, in effetti lo profanai». 

Faber strizza l’occhio e si prepara ad andare a pranzo: è il momento dei saluti. Non senza un filo di dispiacere, ma con una rassicurante scoperta: Cremona Solidale non è solo un luogo di degenza, è molto altro, è un posto dove si incontrano storie speciali. Come quella di Faber. L’artista.

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