L'ANALISI
06 Febbraio 2023 - 05:05
Mattia tra i suoi genitori: papà Stefano e mamma Sonia
CREMONA - «La tuta da sci e il caschetto sono pura magia, perché quando vedi Mattia sulle piste non diresti che è un bimbo autistico non verbale. Anche noi genitori, se siamo a distanza, facciamo fatica a riconoscerlo. È davvero una magia. Mattia ha imparato a prendere lo skilift da solo, un altro, gigante, passo verso l’autonomia nel nostro costante progetto di inclusione. Vogliamo raccontare la nostra esperienza, perché sia di stimolo e di aiuto ad altri genitori».
È la storia di Mattia, 11 anni, il sorriso per «marchio di fabbrica», e dei suoi genitori, papà Stefano Lodigiani e mamma Sonia, 52 e 53 anni. L’autismo lo hanno scoperto quando il loro bimbo aveva 2 anni e mezzo, non si sono scoraggiati, lo hanno preso di petto e tutti e tre insieme stanno camminando verso l’obiettivo: il futuro di Mattia. E il futuro arriva un giorno alla volta.
«La sua capacità di ascolto fino ai 5 anni era molto bassa, adesso è molto alta grazie alle continue stimolazioni», raccontano i genitori. I disegni, la musicoterapia alla Fondazione Sospiro, il tennis, il baskin, ma «mettergli gli sci ai piedi è stato un azzardo, perché mia moglie ed io non sciamo».
La scommessa è iniziata cinque anni fa. «Ci siamo fatti molte domande: ‘Faremo la cosa giusta? E se cade, si fa male o si frattura qualcosa?’ All’inizio abbiamo provato un grande patema, perché sulle piste non ci sono mamma e papà. Anche correlarsi con i maestri è un impegno pazzesco sia per lui che per chi è con lui».
Un passo alla volta. Quest’inverno, la «magia» sulle piste innevate in Val Gardena. «Quattro giorni di conquiste di autonomie ‘pazzesche’ conquistate da Mattia con il nostro cuore gonfio di emozioni. Mattia sceglieva le tre piste blu, ha preso l’impianto di risalita da solo, il suo maestro era sullo skilift davanti o dietro. Si può immaginare il nostro cuore. Ti proietti nel futuro. Ti dici: ‘Se fa questo, chissà tra qualche anno?’ Mattia ci ha dato il là per vedere serenamente il futuro, perché il nostro pensiero del dopo è sempre forte, ma il sorriso non ci manca mai. Già quando saltavamo in auto, voleva subito mettersi gli scarponi».
Gesti di ordinaria quotidianità «per qualsiasi bimbo normodotato» come il lavarsi i denti o, a casa, preparare la tavola, infilare nelle dispensa i pacchi di pasta, i biscotti, la spesa. Gesti di straordinaria quotidianità per i bimbi come Mattia che comunicano con il linguaggio del corpo, con i disegni e con il sorriso.
«Sono bambini sensibili, senza malizia, Mattia non è mai arrabbiato: è la sua forza, quello che nella vita lo aiuterà. Ed è sempre sorridente». Lo è anche a scuola, la media Anna Frank, dove frequenta la prima. «E si trova benissimo. La dirigente Barbara Azzali e tutto il suo team di insegnanti di sostegno sono straordinari, sono veramente in gamba. Siamo fortunati».
Da qualche anno, i ragazzini di seconda fanno la settimana bianca. «L’anno venturo ci andrà anche Mattia insieme ai suoi compagni di classe che stanno facendo questo percorso di inclusione con nostro figlio. Mattia scierà con loro e sarà una inclusione a 360 gradi, 24 ore su 24. Il lavoro che sta facendo Mattia è grandissimo».
Mamma e papà hanno in ballo un altro progetto di integrazione con lo Ski team. Sei anni fa lo ha fondato e ne è presidente Marcello Ventura. «A marzo Mattia andrà a sciare con altri bambini. Ogni volta che lo portiamo in montagna, si alza l’asticella. A adesso abbiamo introdotto i bastoncini. Un giorno sì e un giorno no, Mattia ci chiede di fare le valigie. Vorrebbe sempre andare in giro. Gli dico: ‘Forse hai sbagliato papà. Non sono Berlusconi!».
Mamma Sonia e papà Stefano tornano all’obiettivo: l’inclusione. «Non siamo giovani, Mattia cresce, le sue esigenze aumentano. In questo momento cerchiamo di dargli tutte le possibilità per offrirgli un futuro più sereno: stare con gli amici attraverso lo sport, che a Mattia piace moltissimo». E lanciano un potente messaggio: «A volte i genitori si fanno mille problemi. Non si deve dare mai per scontato che il proprio figlio affetto da autismo non sia in grado di fare nulla. Bisogna provarci, perché questi ragazzi hanno enormi potenzialità».
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