L'ANALISI
01 Febbraio 2023 - 05:05
CREMONA - C’è il rifugiato che soffre di diabete, è arrivato a Castelleone con un’apparecchiatura che non si usa in Italia e così i volontari lo hanno accompagnato in farmacia, dove hanno adeguato le cure con strumentazioni e farmaci in uso qui. E poi c’è la mamma che ha lasciato il marito in Ucraina a lavorare e ha bisogno di ascolto e dialogo, più che di assistenza materiale. E ancora, c’è chi dopo essere stato accolto se n’è già andato e ora, tornato in Ucraina, si ritrova senza lavoro, sotto i bombardamenti, con luce e acqua razionati. Storie. E volti dietro quelle storie.
Le raccontano i volontari della Caritas che dallo scoppio della guerra garantiscono accoglienza e aiuto ai profughi. Come Franco, referente Caritas della zona di Castellone. O suor Giulia, che opera a Caravaggio. Come Paolo, in azione nella zona di Casalbuttano. O come Lia, che invece racconta di cosa accade a Cristo Re: «Abbiamo ospitato una ragazza di 17 anni con la mamma. Si è integrata, ha stretto nuove amicizie e segue l’attività di danza grazie alla scuola di danza Il Laboratorio in sinergia con l’oratorio».
Continua in tutto il territorio diocesano, anche se ridimensionata rispetto a quasi un anno fa, l’accoglienza della popolazione ucraina in fuga dall’invasione russa: da 148 persone accolte all’inizio del conflitto, oggi sono 75 quelle rimaste nel territorio. «C’è chi vuole rimanere in Italia e costruirsi un nuovo futuro qui, chi ha lasciato i propri cari in Ucraina e vorrebbe tornare per riprendere la sua attività lavorativa e rivedere familiari e amici, ma non lo fa perché i bombardamenti continuano. E chi, tornato in Ucraina nonostante la situazione critica, ha ancora bisogno di sostegno economico e alimentare» spiegano dalla Caritas. E c’è anche chi è partito, ma non si sa dove e come si trovi.
La rete di accoglienza resta capillare. Con la Caritas che, grazie alla disponibilità delle diverse zone, è riuscita prima e riesce adesso a rispondere al fabbisogno primario dei nuclei familiari. «Purtroppo, le previsioni di un conflitto breve sono continuamente smentite e ci stiamo preparando a sostenere un’accoglienza lunga — guarda anche al futuro, la Caritas —. Durante la prima fase dell’accoglienza, ci siamo adoperati per la fornitura di alimenti, vestiti, medicine e beni di prima necessità, l’accompagnamento sanitario, l’avvio di corsi di italiano e il sostegno per l’iscrizione a scuola dei più piccoli.
Ora, dopo quasi un anno, il sistema solidale che conta su tutte le istituzioni è focalizzato sull’integrazione di chi è rimasto e sul sostegno di chi ha deciso di tornare. Una fase che, oltre alla fornitura di beni di prima necessità e all’insegnamento della lingua italiana, richiede attività che riguardano la ricerca di un lavoro e di un alloggio proprio, l’organizzazione del tempo libero e di occasioni religiose.
«Ad esempio i profughi rimasti a Cassano sono stati spostati in appartamenti privati messi a disposizione dai parrocchiani o in affitto temporaneo, mentre lavorano. Quindi, stanno acquisendo una certa autonomia. Anche ad Agnadello, un nucleo familiare grazie al lavoro di due figli in smart-working riesce ad essere autonomo. A Caravaggio, poi, i nuclei rimasti partecipano alle attività di alcune società sportive, grazie alla Fondazione Aiutiamoli a vivere» racconta Suor Giulia. All’oratorio di Cristo Re opera Lia. Spiega: «Uno dei profughi che ospitiamo è adolescente ed è qui con la mamma. Sta seguendo la scuola ucraina online e fa fatica ad integrarsi. Attendono solo la fine della guerra per ritornare a casa dal padre. Ci sono invece due donne adulte che si stanno integrando bene: la figlia parla piuttosto bene l’italiano e lavora».
C’è chi invece non è rimasto in Italia ed ha scelto di ripartire ma continua a interagire con i gruppi in Diocesi, come le famiglie di Casalbuttano. «Fra tutti si è creato un bel clima di condivisione ed effettiva empatia. Quando sono ripartite, il loro saluto è stato emozionante e, anche ora, stiamo mantenendo i contatti», raccontano i volontari.
Nel cuore di tutti, un obiettivo preciso: rientrare in Ucraina.
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