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LA CITTÀ DELL'ACCOGLIENZA

Russe e ucraine tra i banchi: «Noi, amiche oltre la guerra»

Al Centro provinciale di istruzione per adulti una storia di solidarietà e di legami affettivi più forti del conflitto

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

31 Gennaio 2023 - 05:19

Russe e ucraine tra i banchi: «Noi, amiche oltre la guerra»

CREMONA - Sono in classe insieme, banchi divisi, ma forti legami. Non sono più ragazzine e l’età non si chiede alle signore: Diana è ucraina, Larisa, Lilia e Oxana sono russe. Sono amiche e il conflitto che da quasi un anno vede contrapposti i loro Paesi non ha incrinato il loro legame: «Tento inutilmente di farle litigare, ma non c’è nulla da fare», ironizza il professore di matematica alla cattedra, mentre la classe di età e colori differenti è alle prese con formule ed espressioni. Amicizie oltre la guerra al Centro provinciale per l’Istruzione degli Adulti «Pier Paolo Pasolini», diretto da Anna Maria Fiorentini, che conta oltre un migliaio di iscritti in tutta la provincia.


Le storie di queste studentesse speciali sono diverse e simili al tempo stesso. Diana è laureata in pedagogia e arriva da Vinnitsa, in Ucraina. «Sono a Cremona dal 2010, la mia vita è qui, ma rimangono forti i legami con gli amici e i parenti rimasti in Ucraina. Siamo in tre sorelle, di noi solo una è rimasta in Ucraina, ma là ho ancora tutti gli amici». Larisa proviene dalla Siberia. «Frequento il monoennio per le superiori al Cpia perché amo studiare, sono sposata con un cremonese doc — racconta sorridendo —. Ho alle spalle una laurea in economia. In Russia sono già in pensione, ma non posso ricevere l’assegno perché, con la guerra, i versamenti dalla Russia sono bloccati. Forse fra due o tre anni avrò la cittadinanza italiana. Sono tornata sui banchi per conoscere meglio la lingua e la vostra cultura».

Lilia è di Kasan, una città vicino a Mosca, «ma la mia famiglia è tartara — racconta e aggiunge sorridendo —. A Cremona si viene solo per amore. Mi sono sposata con un cremonese anch’io, ho due bambini, vivo qui dal 2011. In Russia ho conseguito la laurea in storia, poi ho deciso di partire per l’Italia». Oxana è di Pern, anche lei russa, anche lei con una laurea in pedagogia che in Italia non vale. «Ho iniziato il percorso per il riconoscimento del titolo dei studio, ma la burocrazia ti mette a dura prova — dice —. Sono riuscita a prendere la licenza di terza media e a fare il primo anno di superiori. Ho fatto l’operaia, poi ho capito che non faceva per me e dovevo trovare una strada alternativa, tornare a studiare».


Alle domande sulla guerra le quattro signore si scambiano qualche occhiata e parlano fra loro in russo, poi a rompere il ghiaccio è Diana, che dice: «Fra noi parliamo russo, veniamo tutti dall’ex Unione Sovietica, questa guerra non è voluta dal popolo, ma da chi sta sopra di noi — dice —. Fra noi non c’è separazione, abbiamo tutte la stessa cultura, con le differenze che ogni repubblica sovietica aveva ed ha mantenuto. Ed è stata proprio Lilia ad aiutare una mia amica che all’indomani della guerra è scappata in Italia con i bambini. Lilia li ha accolti, non si è posta il problema che lei fosse russa e loro ucraini». Lilia sorride e dice: «Abbiamo una chat in cui ci sono donne moldave, della Bielorussa, russe, ucraine, è un gruppo per avere informazioni e aiutarci vicendevolmente. Ci sono alcune ucraine che hanno preferito uscire, ma con Diana questo cosa non si è posta».


«Il nostro rapporto va oltre quello che sta accadendo fra i nostri Paesi — conferma Diana —. Alcune mie connazionali mi hanno detto perché continuo a restare nella chat, ma credo che il conflitto non debba dividerci. Io sono nata da padre russo e madre ucraina». Interviene Larisa: «Io sono nata da madre russa e padre ucraino, mi ricordo che da bambina andavamo a trovare i nonni in Ucraina, i miei si sono conosciuti lavorando in Siberia — racconta —. La nostra lingua comune è il russo, la nostra civiltà nasce a Kiev. Noi siamo per la pace e questo lo dimostriamo anche così, con la nostra amicizia».

E mentre si parla, il discorso cade sulle identità locali, sulle lingue delle singole repubbliche e il divieto, in Ucraina, di usare il russo. Le signore discutono fra loro, Oxana si dice contraria, è accaduto a suoi conoscenti in Crimea; Diana è più possibilista: «L’ucraino serve per gli atti burocratici, ma poi molti di noi continuano a parlare russo — afferma —. Facciamo tutti parte della stessa cultura con le differenze fra le varie repubbliche ex sovietiche». Larisa non fatica a dire: «Noi siamo per la pace. Ognuno di noi non avrebbe mai pensato che la guerra sarebbe durata così tanto. Noi stiamo unite, l’orrore della guerra è nei racconti dei nostri vecchi che parteciparono al secondo conflitto mondiale, ora quanto sta accadendo ci riporta a un orrore che non avremmo mai pensato ci potesse toccare di vivere».

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