L'ANALISI
SCANDOLARA RAVARA
29 Gennaio 2023 - 15:33
SCANDOLARA RAVARA - «Abbiamo vissuto tre giorni di incontri molto belli, di fraternità, di confidenza, di ricerca della luce, della grazia che il Signore generosamente non fa mancare a chi la cerca. In quell'incontro la paternità misericordiosa e fedele di Dio rende la nostra vita un'avventura che merita di essere vissuta fino in fondo da tutti, dagli anziani, dai bambini, dalle comunità, dalle famiglie». Il vescovo Antonio Napolioni ha iniziato con queste parole la sua omelia, poco dopo le 11, presiedendo la messa a conclusione della sua visita pastorale alle comunità di Cingia de’ Botti, Scandolara Ravara, San Martino del Lago e Motta Baluffi, all’Unità pastorale “Santa Maria della Pace”. Tre giorni intensi, fatti di incontri alla Fondazione Germani, con gli anziani, il consiglio pastorale, gli amministratori locali, i giovani, i volontari, le famiglie. Stamattina nel primo banco erano presenti i sindaci dei tre centri, Roberto Oliva di Scandolara, Fabio Rossi di Cingia, Dino Maglia di San Martino. Sul presbiterio, don Ettore Conti, moderatore dell’Unità pastorale, don Paolo Tonghini, don Luigi Carrai e il cerimoniere vescovile don Flavio Meani.
«A questi otto paesi, a queste otto piccole parrocchie – ha continuato il presule – io dico beati voi, se scommettete insieme a me, insieme ai vostri sacerdoti, insieme a tutta la chiesa, sulla verità del Vangelo. Ieri sera gli adolescenti ci chiedevano conto di questa verità, con coraggio, con schiettezza. Stamattina le famiglie cercavano nuove ragioni di speranza, oltre a quelle di cui fanno già esperienza. Il cammino è cominciato, è buono, ma può bloccarsi a causa della paura, della solitudine».
Il vescovo Napolioni ha invitato ad essere sempre uniti: «Spero non vi sentiate meno valorizzati se io dico queste piccole comunità salveranno il mondo, se non si chiuderanno, se non alzeranno steccati e scaveranno fossati, ma se costruiranno ponti lungo i quali i vostri ragazzi già vi precedono. Perché per loro poco importa essere di un paese o dell’altro, quando c’è l’amicizia, la gioia, quando ci si incontra e insieme si possono fare grandi cose. Allora aderiamo a questa chiamata del Signore. E vi ringrazio della testimonianza che mi avete dato. Non ricordate questi giorni solo perché il vescovo ha fatto un po’ il simpatico, non serve a niente. Serve invece l’empatia, mettersi uno nei panni degli altri, valorizzare tutto il bene che c’è, camminare su sentieri che riconciliano». Al termine don Ettore ha ringraziato il vescovo «per aver fatto questo cammino con noi e averci donato parte del suo tempo, per averci consolati e stimolati».
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