L'ANALISI
13 Gennaio 2023 - 10:28
Gianluca Galimberti e Alessio leggono le pietre d’inciampo in Cortile Federico II
CREMONA - «A Cremona abitava Mario Ferrari nato 1924 assassinato 11.4.1945 a Borgo San Dalmazzo». Alessio è accucciato in cortile Federico II, legge quello che c’è scritto su una delle prime tre pietre d’inciampo collocate in città per ricordare i concittadini morti nei campi di concentramento o di sterminio nazifascisti. Accanto a lui c’è Gianluca Galimberti, che è sindaco, ma soprattutto insegnante e papà e sa che con i ragazzini la retorica non funziona.
È soprattutto grazie alle bambine e ai bambini della scuola Miglioli e al lavoro bellissimo delle loro maestre se Cremona ha aderito al progetto di Gunter Demnig, un artista tedesco che da oltre trent’anni gira l’Europa con le sue Stolpersteine, mattonelle di ottone collocate davanti alle ultime residenze di deportati che non hanno fatto ritorno. Fucilati, uccisi nelle camere a gas, morti di fame e freddo e malattie, arrestati e condannati perché ebrei, oppositori politici, disabili, omosessuali, sinti, rom, partigiani, morti «per un sì o per un no», «vuoti gli occhi e freddo il grembo», come ha scritto Primo Levi. Uomini e donne, anziani e bambini anche piccolissimi, che ci sarebbe stato da capirlo subito che i treni gremiti all’inverosimile non portavano la gente a lavorare. Sono oltre settantamila le pietre collocate negli anni da Demnig in città grandi e piccole, frutto di ricerche storiche rigorose e quasi mai semplici perché dietro ogni pietra c’era una persona, un volto, una storia cui ora viene restituita la dignità. In provincia di Cremona, la primogenitura spetta a San Bassano, che nei mesi scorsi ha onorato la memoria di Paolo Rizzi, partigiano.
Ci si ‘inciampa’ oggi - in realtà è un colpo d’occhio visivo, perché le pietre sono raso terra - e viene spontaneo chiedersi quale fu la reazione dei vicini di casa all’epoca, quando milioni di persone furono inghiottite dall’orrore: vengono i brividi a pensare al potere della paura e dell’indifferenza, o peggio all’infamia della delazione. «Cosa succede quando si inciampa in una di queste pietre?», chiede Galimberti. E sono ancora i ragazzini della Miglioli a rispondere. Frequentano o hanno appena finito di frequentare una scuola intitolata a un grande protagonista dell’antifascismo e della storia sindacale cremonese e non solo. E vivono in un quartiere al di là della tangenziale, segno tangibile che li separa dal resto della città. Sono italiani o lo diventeranno (e dovrebberlo già essere), ma nei tratti somatici e nei cognomi di alcuni di loro c’è la traccia evidente della provenienza da altri Paesi, dell’afrodiscendenza.
È bello che siano loro, il futuro, a farsi carico di una memoria tanto pesante con cui molti adulti non hanno ancora fatto i conti. Cosa succede, quindi, quando si inciampa in queste pietre? «Pensiamo alle belle persone che erano», risponde un bambino. «Già - conferma il sindaco -, vi rendete conto che ognuno di loro aveva una famiglia, degli amici, delle persone a cui volevano bene? Erano persone come noi, i loro nomi non vanno dimenticati e non vanno dimenticate le loro storie». «Non ci sono razze, siamo tutti uguali», dice una bambina con la spontaneità di chi ha più o meno dieci anni e avrebbe tante cose da insegnare ai grandi.
Sono tre le classi della Miglioli coinvolte: la quarta e la quinta di quest’anno e la quinta dello scorso anno. Bambine e bambini sono stati guidati e preparati dalle maestre Angela Scotellaro, Annarita Valletta, Milena Tatti, Caterina Zinerco, Elisa Schinocca, Stefania Manfredi, Marilena Levanti e dalla responsabile Marinella Barrile. Informatissimi, coinvolti, emozionati e perfino commoventi nella loro determinazione di portare a termine un progetto che a Cremona ha coinvolto il Comune e in particolare l’assessorato alla Cultura, l’Anpi, presente alla cerimonia con la bandiera, e poi l’associazione Netzer, i tecnici dell’Aem e naturalmente Demnig, lunga barba bianca, cappellaccio in testa e ginocchiera, visto che la sua vita d’artista la passa in buona parte inginocchiato e con una cazzuola in mano.
Le ricerche sono state condotte da Giuseppe Azzoni, come sempre infaticabile, e da Vittorio Mascarini e Giampiero Carotti. Sono stati individuate trentotto persone, nate o residenti a Cremona. Solo per diciannove di loro è stato possibile preparare una pietra d’inciampo, secondo i rigorosi criteri di Demnig. Degli altri, comunque, la memoria non andrà perduta. Il 27 gennaio, giorno della Memoria, è in programma un appuntamento istituzionale: alle 17,30, nel cortile Federico II, davanti alle tre pietre collocate ieri, si renderà omaggio alle vittime ebree cremonesi leggendone i nomi e dedicando loro una preghiera. A seguire, a SpazioComune (piazza Strdivari), sarà presentata la pubblicazione Le Pietre d’Inciampo e la Memoria edita dal Comune con schede e fotografie documentarie a cura di Azzoni, Mascarini e Carotti relative ai trentotto deportati cremonesi che non sono rientrati dai campi. È opportuno evidenziare che il giorno della memoria - che si celebra nell’anniversario della liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici - non vuole essere solo un monito relativo alla Shoah ma anche a coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché a tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista.
Delle diciannove pietre cremonesi, solo due riguardano cittadini ebrei, madre e figlio arrivati da Berlino nel 1936, due anni prima che in Italia venissero promulgate le leggi razziali (o razziste, secondo una definizione che sarebbe più consona). Le altre pietre sono dedicate ad antifascisti o militari che, dopo l’armistizio di Cassibile, avevano deciso di non schierarsi al fianco dei tedeschi e della repubblica di Salò. Come si è detto, le Stolpersteine sono collocate davanti all’ultima residenza dei deportati. Non avendo ritrovato un indirizzo certo, in Cortile Federico II sono state messe le mattonelle dedicate a Mario Ferrari, Renzo Pedroni ed Ernesto Tessaroli. La posa delle altre sedici è in parte avvenuta ieri e in parte avrà luogo nei prossimi giorni.
«Grazie di averci preso in considerazione», dice una maestra all’assessore Luca Burgazzi e a Paolo Carletti, presidente del Consiglio comunale, che dopo la cerimonia hanno ricevuto in bambini in palazzo comunale, cuore pulsante della vita istituzionale cittadina. Burgazzi sintetizza la storia dell’edificio, ricorda che i quadri della sala consiliare provengono dalla chiesa demolita di San Domenico, dove ora ci sono i giardini pubblici. «Sapete dove sono, vero?», chiede. Si alza solo una mano, la geografia del Cambonino è anche questa. Carletti, che in precedenza si era richiamato ai valori del Risorgimento, spiega ai ragazzini della Miglioli, che nel salone dei quadri si discute da secoli e che è questo il succo della democrazia, stare su posizioni contrapposte ma disponibili a parlarsi e a confrontarsi.
«Questa aula - ha ricordato - è stata chiusa negli anni del fascismo, quegli anni che hanno portato alla guerra e alla violenza, quegli anni che hanno portato alla deportazione e alla morte delle persone che oggi, grazie a voi bambini, ricordiamo con le pietre d’inciampo». Un’ultima nota: l’adesione di Cremona al progetto Pietre d’inciampo è stata votata all’unanimità dal Consiglio comunale. Una bella lezione di democrazia.
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