Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL PROCESSO

Paolo Voltini condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione

Il presidente del Consorzio Agrario e di Coldiretti Cremona e Lombardia era accusato di estorsione aggravata nei confronti di due dipendenti a lui «sgraditi»

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

13 Dicembre 2022 - 17:22

Voltini

Paolo Voltini e il Consorzio Agrario di Cremona

CREMONA - La Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza di condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione per Paolo Voltini, presidente del Consorzio Agrario, di Coldiretti Cremona e Coldiretti Lombardia, accusato di estorsione aggravata nei confronti di due dipendenti a lui «sgraditi», perché assunti dalla precedente gestione del Consorzio Agrario. E, dunque, da «far furi». Come? Li avrebbe costretti a firmare le proprie dimissioni in una stanza, senza la possibilità di uscire — Voltini si parò davanti alla porta - e di fare una telefonata, minacciandoli «pesantemente» di far terra bruciata attorno a loro, di rovinare loro la carriera, di «cagionare danni alle loro famiglie».

E di trascinarli in Tribunale per aver causato alle casse del Consorzio un «generico» buco di 800 mila euro alle casse del Consorzio. La Corte d’Appello ha confermato la condanna per Voltini a risarcire con 20 mila euro (una provvisionale immediatamente esecutiva) i danni a Paolo Ferrari e a Ersilio Colombo, all’epoca dei fatti, il 2015, l’uno responsabile, l’altro venditore della divisione macchine, parti civili nel processo con gli avvocati Luca Vinciguerra e Luigi Lupinacci.


Ed ancora, i giudici del processo bis (in abbreviato) hanno confermato la condanna per Tullo Soregaroli, uomo di Coldiretti, consulente del Consorzio, ma gliel’ha ridotta: 2 anni e 4 mesi di reclusione rispetto ai 3 anni e 4 mesi presi in primo grado, in relazione al caso Colombo.
Il sostituto Procuratore generale aveva chiesto di confermare la sentenza di condanna emessa il 5 novembre di un anno fa dal gup Elisa Mombelli. Un «capo spregiudicato nel perseguimento dei propri fini» raggiunti attraverso «una programmata rimozione in blocco» dei dipendenti sgraditi. Una ‘pulizia interna’ , «un vero e proprio spoil system» attuato con «metodi illeciti».


Non un capo qualunque, Voltini che nella sua carriera ha collezionato molte cariche (è anche presidente del Consorzio Casalasco del Pomodoro). Il «più forte» contro i «più deboli» e, quindi, in grado di «ridurne fortemente la capacità di autodeterminazione». Anno 2015. Da maggio, Voltini era alla guida del Consorzio Agrario collegato a Coldiretti. E secondo chi ha indagato, si mise a fare «pulizia». Al Consorzio, Colombo venne assunto nell’ottobre del 2013. Due anni dopo, l’1 luglio del 2015, il presidente Voltini lo convocò in una stanza (c’era anche Soregaroli) e lo accusò di aver danneggiato le casse del Consorzio. Gli indicò una cartelletta azzurra sul tavolo. «Lì ci sono le prove». Colombo voleva vederle, le prove. Ma Voltini glielo impedì. «Se vedi il contenuto di questa roba, i provvedimenti nei tuoi confronti partiranno in automatico».

Colombo chiese di poter uscire dalla stanza per telefonare al suo avvocato. Voltini si parò davanti alla porta, gli allontanò lo smartphone aziendale. «Tu da qua non esci. Se lo fai, ricordati che parte tutto in automatico: pensa alla tua famiglia, alla tua casa, alla tua carriera per i danni che hai provocato. Ti prendiamo tutto e non avrai più la possibilità di avere un lavoro nel tuo settore, quindi firma le dimissioni subito e senza preavviso e chiudiamo la faccenda». Da quella stanza in cui firmò una lettera preconfezionata di licenziamento, Colombo uscì terrorizzato. Due settimane prima, il 17 giugno, il presidente Voltini non usò i guanti di velluto nemmeno con il dirigente Ferrari. Una storia fotocopia.

 


La difesa si è aggrappata ai conti non in ordine del settore macchine emersi da un’indagine commissionata nel maggio del 2015 alla Reviprof spa, società di revisione che nel report consegnato il 12 giugno successivo, rilevò una perdita costante di circa 1 milione di euro all’anno, dal 2011 al 2014. Da qui, la tesi sostenuta dalla difesa, ma respinta già dal gup, della «sussistenza dei presupposti per un licenziamento per giusta causa di Ferrari e Colombo».

I quali, però, al Consorzio furono assunti nel 2013, l’uno in giugno, l’altro in ottobre, «quando il settore — aveva osservato il gup — versava già in questa situazione di perdita costante e cronica», dunque «preesistente, proprio perché strutturale». Una crisi del settore in un mercato molto concorrenziale. Ma come è emerso dal carteggio prodotto in Procura, grazie ad una «nuova strategia di gestione», Ferrari «portò ad un rilevante incremento del fatturato», passato da 10 a 20 milioni di euro nel 2014. Secondo l’accusa, non potendo licenziarli per giusta causa, Voltini «mostrò i muscoli» con Ferrari e Colombo.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400