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IL FUTURO DELLA SCUOLA

Da accorpare 15 dirigenze, i presidi: «Demansionati»

La riforma Valditara riguarda tutti gli istituti con meno di 900 studenti iscritti. Nessuna chiusura. Coro di critiche dai capi d’istituto: «Con più plessi da gestire, difficile mantenere la stessa qualità»

Elisa Calamari

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08 Dicembre 2022 - 05:25

Da accorpare 15 dirigenze, i presidi: «Demansionati»

CREMONA - Sono 15 su 43 gli istituti scolastici della provincia con meno di 900 studenti iscritti, che sulla base di una misura inserita nell’ultima Legge di bilancio, nei prossimi due anni potrebbero essere ‘demansionati’ a livello di dirigenza scolastica. Nessuna chiusura, va subito precisato. «Si interverrà solo sulle strutture giuridiche e non su quelle fisiche – si è affrettato infatti a chiarire il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara –. Gli alunni continueranno ad andare negli stessi luoghi, con gli stessi laboratori, le stesse aule, gli stessi edifici». L’essenza resta, dunque. Le dirigenze scolastiche, invece, potrebbe essere ridotte di circa 700, tramite reggenze.

Dati alla mano, in città il provvedimento dovrebbe riguardare il comprensivo Cremona Tre e gli istituti Stanga, Ghisleri-Beltrami, Stradivari e liceo Manin. I dirigenti sono scettici, ma attendono il testo completo e ufficiale della manovra. «Innanzitutto, anche in considerazione del fatto che siamo in periodo di orientamento, deve passare un messaggio molto chiaro e tranquillizzante: nessuna scuola verrà chiusa – è la premessa di Roberta Ghirardosi, dirigente dello Stanga –. Quanto al parametro, io avevo letto una prima versione che parlava di istituti al di sotto dei 900 e non sopra i mille. Noi siamo di poco al di sotto dei 900 e quindi ci auguriamo di recuperare iscritti, in ogni caso ribadisco che non sparirà alcuna scuola».

Sulla stessa lunghezza d’onda Simona Piperno, dirigente del Ghisleri: «Le scuole non si chiudono perché la formazione è prioritaria. I termini corretti per definire questa misura, quindi, sono demansionamento e accorpamento delle dirigenze, cosa che nel nostro istituto fra l’altro abbiamo già vissuto. Io non l’ho fatto personalmente perché non ero ancora dirigente qui, ma ho vissuto invece le conseguenze. Quando si mettono insieme 2 o 3 nuclei con modalità organizzative e gestionali diverse, i problemi sono inevitabili. Soprattutto perché per effetto dell’autonomia scolastica ogni istituto ha proprie modalità per rispondere alle esigenze varie, anche del proprio personale. Si chiama autoregolamentazione. E se improvvisamente viene a mancare, possono nascere problemi di serenità relazionale-burocratica. Anche perché queste fusioni significherebbero la nascita di nuovi istituti, con nuove documentazioni, progettazione e regolamenti: tutto da riscrivere. E due anni sono pochi, anche perché in questi due anni dobbiamo già occuparci del Pnrr e, per quanto riguarda gli istituti tecnici-professionali, di una riforma importante con linee guida che usciranno entro marzo. Ci sono già troppe complicazioni – conclude – inserire anche questo demansionamento sarebbe un problema. Sono molto scettica».

Anche Maria Grazia Nolli del Manin è contraria: «Dobbiamo attendere che tutto diventi ufficiale, ma se diventasse realtà penso ci sarebbero disagi nella gestione delle scuole, con conseguenze sul buon funzionamento e quindi sul servizio. L’ottimizzazione delle risorse a mio parere non può passare attraverso un aumento delle sedi a carico di ciascuna dirigenza scolastica. Con più plessi da gestire, infatti, penso risulterebbe più difficile mantenere lo stesso standard qualitativo. Quindi auspico che la proposta sia oggetto di una seria discussione e di una altrettanto seria valutazione, alla luce della realtà delle istituzioni scolastiche, nelle loro complessità Infine sottolineo che la dimensione di una scuola, anche a livello gestionale, deve restare umana. Altrimenti si rischia di perdere di vista i problemi di studenti e personale».

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