L'ANALISI
06 Dicembre 2022 - 09:54
Fatna Moukhrif e il figlio Younes El Yassire
CREMONA - Coi suoi genitori litigava spesso, soprattutto con sua madre. Younes, in cura psichiatrica, chiedeva sempre soldi, perché i 300 euro di invalidità che prendeva li spendeva tutti in sigarette e nei vizi. Lunedì, davanti alla Corte d’Assise (presidente Anna di Martino) si aprirà il processo nei confronti di Younes El Yassire, in carcere dal 25 settembre di un anno fa, accusato di omicidio volontario aggravato della madre Fatna Moukhrif, nata in Marocco 54 anni fa. Il delitto si consumò nell’appartamento al quinto piano del palazzone in via Panfilo Nuvolone, civico 4, al Cambonino, a mezzogiorno.
Younes si avventò su sua madre, le gonfiò il volto di pugni, l’accoltellò, uccidendola in camera da letto. La Squadra Mobile trovò due coltelli sporchi di sangue. Un terzo coltello insanguinato era in cucina. Dopo aver assassinato sua madre, Younes si lavò, uscì da casa e alle 12.30 spense il telefonino. Scappò con mille euro in tasca, il permesso di soggiorno, la carta di identità e il carica-batterie. Per 8 ore vagò in città. Intorno alle 20,30 i poliziotti della Squadra Volante lo notarono in via Mantova, all’angolo con via dell’Annona, in zona stadio. Camminava nel buio. Era in stato confusionale, quando lo presero e lo portarono in Questura. Younes non oppose resistenza, non disse una parola.
Nell’interrogatorio di garanzia, davanti al gip, Pierpaolo Beluzzi, parlò di «magia» per spiegare i suoi «non ricordo». Il suo unico ricordo, essere uscito alle 10 del mattino per pigliarsi un caffè al bar. «Le sue dimenticanze — annotò il gip — erano riferibili a ‘magia che sarebbe stata a lui rivolta dalla moglie». La moglie che nel 2018 lo lasciò e andò in Marocco col loro figlio di 4 anni. Lei aveva chiesto la separazione, lui cadde in depressione.
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