L'ANALISI
05 Dicembre 2022 - 19:09
Una baby gang in azione in foto di repertorio
CREMONA - Negli interrogatori di garanzia davanti al gip di Cremona, Giulia Masci, i tre maggiorenni hanno parlato. «Io ero a casa malato», ha detto uno. «Io ero a casa», ha detto l’altro. «Io non c’entro niente», ha sostenuto il terzo. Così a Cremona. A Brescia, i cinque minorenni hanno invece scelto la linea del silenzio. Nell’ambito dell’indagine Tiranga sulla baby gang arrestata dopo il brutale pestaggio a due giovanissimi indiani presi a calci, pugni colpiti con tubi in ferro e rapinati dello smartphone nel piazzale delle Tranvie il 13 ottobre scorso, sia il gip di Cremona sia il gip di Brescia hanno convalidato gli arresti e mantenuto le misure cautelari.
«Io quel giorno ero a letto malato», si è difeso Yassine finito agli arresti domiciliari. I 18 anni, li ha festeggiati il 12 ottobre scorso, 24 ore prima della violenta spedizione punitiva. E ai domiciliari ci resta, per ora. Perché non basta dire: «Io quel giorno ero a casa malato». Servono le prove. Il gip ha disposto che la Procura senta i suoi genitori e che si faccia una verifica sul suo telefonino per accertare quale cella avesse agganciato quel giorno. Yassine è difeso dall’avvocato Michele Barrilà, il quale assiste anche Ahmadou, 19 anni, il maggiorenne del branco finito in carcere. E che nell’interrogatorio di garanzia si è dichiarato estraneo ai fatti.
C’è poi Gabriel, 19 anni, il maggiorenne finito agli arresti domiciliari. Difeso dall’avvocato Fabio Galli, davanti al gip Masci, ha sostenuto che alle due del pomeriggio del 13 ottobre «io ero a casa». Per ora, resta ai domiciliari. «Il gip ha suggerito alla Procura di sentire il padre del ragazzo che quel giorno era arrivato a casa per aspettare l’altro figlio. Si sarebbe accorto se il mio assistito fosse uscito. Non solo. C’è un testimone che ha detto di non aver visto il ragazzo nel piazzale. Sarà sentito dalla Procura». Si sono invece avvalsi della facoltà di non risponderei cinque minorenni , tra i 16 e i 17 anni, interrogati ieri pomeriggio dal gip del Tribunale per i minori di Brescia. «Abbiamo preferito così, vista la mole di documentazione nel fascicolo e da esaminare», ha spiegato l’avvocato Alessandro Vezzoni, legale di uno dei giovanissimi venerdì scorso tirati giù dal letto dagli investigatori alle cinque del mattino e finiti in carcere, chi al Beccaria di Milano, chi al carcere minorile di Torino.
Erano le due del pomeriggio, quando i due ragazzini indiani vennero accerchiati dal «branco». Non li conoscevano, i loro aggressori. La loro colpa? Conoscere gli indiani che in precedenza avrebbero aggredito uno della baby gang. Le carte dell’indagine raccontano che nel piazzale pieno di studenti, uno degli indiani, mentre stava salendo sul pullman per rincasare dalla scuola, fu «improvvisamente e senza alcuna ragione aggredito» da uno dei minorenni. «Indiano di m... ti ammazzo», lo minacciò per poi stenderlo con un pugno. In difesa della vittima , intervenne l’amico, colpito anche lui «da dietro alla testa da altri ragazzi». I due si rialzarono, ci provarono ad allontanarsi , ma vennero accerchiati da una ventina di violenti: pugni, calci, sprangate, bastonate. E la minaccia: «Per oggi vi è andata bene e vi lasciamo stare così, la prossima volta che vi troviamo in stazione vi ammazziamo».
Nelle 13 pagine di ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dei maggiorenni su richiesta del pm Chiara Treballi, il gip scrive: «L’azione predatoria è stata particolarmente violenta, spregiudicata e connotata da possibile matrice razziale - in ragione della scelta delle vittime e considerati gli insulti proferiti quali ‘indiani di m...’ - avendo i correi aggredito ragazzi pressoché coetanei e in pieno giorno e nonostante la presenza delle persone che attendevano l’autobus presso il piazzale delle Tramvie con il pretesto che costoro avessero partecipato o comunque fossero a conoscenza dell’identità dei soggetti di nazionalità indiana che avevano aggredito uno degli indagati in precedenza». In tale contesto, prosegue il gip, «gli indagati hanno colto l’occasione di perpetrare una rapina esplicando contro la vittima una inusitata violenza, poiché venivano utilizzate armi quali bastoni, spranghe e tubi».
«Tracotante» il maggiorenne finito in carcere. Annota il gip: «La tracotanza non si fermava neanche davanti agli operanti di Pg». Mentre in Questura i poliziotti stavano redigendo gli n atti nei suoi confronti, il bullo «ha mantenuto un atteggiamento spavaldo e irriverente». Davanti agli investigatori se ne uscito con la frase: «Al più presto risolvo e appiano i problemi di convivenza con gli indiani, usando le maniere forti».
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