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L'OMICIDIO

Delitto di Pandino, si torna in aula: «Non c'è stata premeditazione»

Il 13 luglio del 2018 Di Biase freddò José Martin in un parcheggio. Già condannato a 30 anni, ma ora è battaglia sull’aggravante

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

27 Settembre 2022 - 20:59

Delitto di Pandino, si torna in aula: «Non c'è stata premeditazione»

PANDINO - Il 13 luglio del 2018, con tre colpi di pistola, due al torace, freddò l’amico e collega di lavoro José Martin Diaz Barrionuevo, peruviano di 43 anni, crollato sull’asfalto di un parcheggio in via Fontana, nei pressi del bar Il giardino di Wang. La colpa del sudamericano? L’assassino — Saverio Di Biase, 51 anni, pugliese di Barletta, casa ad Agnadello — aveva da poco scoperto che da tempo il peruviano aveva una relazione con la sua ex compagna Alessandra Terenzi. E poiché i tre lavoravano come operai nella stessa ditta (una logistica), «io l’ho ucciso per orgoglio. Io non potevo lavorare con loro che mangiavano insieme e si baciavano sul luogo di lavoro», disse Di Biase, arrestato dai carabinieri.

La vittima José Martin Diaz Barrionuevo


Quel giorno l’assassino, ex buttafuori e con un precedente per rapina, si incontrò con i due «per un chiarimento». Ma fu l’ex compagna Alessandra a indicare il luogo e l’ora. E una volta lì, Di Biase fece fuoco con una scacciacani. Fu un delitto premeditato? Lo stabilirà la Corte d’Assise d’Appello di Milano. La difesa sta dando battaglia per far cadere l’aggravante riconosciuta sia dal gup del Tribunale di Cremona che il 4 marzo del 2019 ha condannato Di Biase a 30 anni di carcere (rito abbreviato), sia dalla Corte d’Assise d’Appello di Brescia che il 9 ottobre del 2020 ha confermato la sentenza. Ma quest’anno, la Corte di Cassazione ha rimescolato le carte, accogliendo il ricorso dell’avvocato Corrado Limentani «limitatamente», però «alla circostanza aggravante» e rinviando per un nuovo giudizio alla Corte d’Assise di Milano. Si riparte da qui.

L'omicida Saverio Di Biase


La cronologia dei fatti è fondamentale per accertare se Di Biase si sia o no «organizzato» per uccidere il rivale. Della relazione tra Alessandra e il peruviano, l’uomo lo scoprì da Valentina, la sua nuova compagna. Lei glielo confidò o la notte prima o la mattina stessa del delitto, quando lui l’accompagnò al lavoro. Ma «la notte precedente l’aveva trascorsa senza esternare alcun intento omicida», è scritto nelle carte. La mattina, «turbato emotivamente», alle 11.37 Di Biase telefonò ad Alessandra. Voleva incontrarla con José Martin «per proporre a quest’ultimo di allontanarsi dal luogo di lavoro comune».


Non fu lui a definire dove e a che ora incontrarsi. All’appuntamento fissato per le 15.30 ci andò con la scacciacani. Scese dalla Ford. Esplose tre colpi a raffica: due raggiunsero la vittima al torace, il terzo dietro l’orecchio. Secondo la difesa, se Di Biase avesse voluto uccidere José Martin, «lo avrebbe colpito direttamente alla testa e non al torace». E lo avrebbe fatto non in pieno giorno, non nelle vicinanze di un bar.


L’operaio venne arrestato meno di due ore dopo dall’omicidio dai carabinieri in una stazione di servizio di Caleppio di Settala (Milano) mentre faceva benzina all’auto. Ma ad ammanettarlo ci riuscirono solo dopo averlo convinto a non farla finita. Perché Di Biase minacciò di togliersi la vita. Con la pistola in pugno, urlò ai militari che si sarebbe sparato. Solo dopo un quarto d’ora di tentativi, l’equipaggio del 112 riuscì ad avvicinarlo e a disarmarlo. L’operaio si dichiarò profondamente pentito. Per la difesa, la dimostrazione che il delitto non fu premeditato «sta anche nel fatto che in nessun modo Di Biase aveva messo in conto di doversi dare alla fuga e, quindi di voler commettere un omicidio». E «commettere un delitto senza predisporre un minimo piano di fuga equivale a dire che non si è trattato di un omicidio premeditato».


Di Biase è in carcere da quel 13 luglio. La Cassazione ha da poco depositato la sentenza. La difesa attende la fissazione del quarto processo in appello che ruoterà solo sull’esistenza o meno dell’aggravante della premeditazione. Se dovesse cadere, Di Biase otterrebbe una riduzione di pena.

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