L'ANALISI
21 Settembre 2022 - 09:40
CREMONA - Nell’infermeria del carcere «si sente protetto, lo coccolano», per dirla con l’avvocato, perché Davide Pigozzi, 60 anni, affetto da vizio parziale di mente, «si fa voler bene». Certo, la sera del 29 dicembre scorso, quando poco prima dell’orario di chiusura, entrò zoppicante nella farmacia Sant’Ambrogio dei Leggeri di via Fabio Filzi, fece tremare le gambe ad una dipendente che lui minacciò con un coltello. Ma bastò che la titolare gli dicesse: ‘Cosa stai facendo?», che lui mollò il colpo e se ne andò. Ieri il sessantenne è stato condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione. Lo psichiatra Franco Spinogatti ha accertato il suo vizio parziale di mente. Socialmente pericoloso, a Pigozzi il Tribunale ha dato anche 2 anni di libertà vigilata (misura di sicurezza) con l’obbligo di seguire un percorso di recupero. Lo farà nella comunità Pinocchio, di Brescia. C’era già stato. Comunità «idonea», ha confermato Spinogatti. Pigozzi è in lista d’attesa, quarto o quinto posto. Il pm Andrea Figoni aveva chiesto di condannare il sessantenne a 5 anni e 6 mesi di reclusione.
Quel mercoledì sera, Pigozzi entrò in farmacia camuffato: berretto in testa, occhiali da sole, mascherina. Puntò un coltellaccio alla moglie di Guglielmo Leggeri. «Consegnami l’incasso senza fare cazz...». Ma dietro al banco il sessantenne trovò un osso duro. Lei pensava che fosse uno scherzo. Il bandito faceva sul serio, invece. Pigozzi afferrò per un braccio l’estetista al di qua del banco. «Vuoi che le faccia del male?». La moglie del farmacista gli urlò: «Vattene!». E lui se ne andò. Nove mesi fa, la Squadra Mobile ci mise poco a individuare il rapinatore pieno di tatuaggi sulle braccia e sul volto. Pigozzi già lo conoscevano. Lui stesso, successivamente e «in stato confusionale», si confidò con l’operatore che lo seguiva. «Ho fatto una sciocchezza...». E ai poliziotti consegnò spontaneamente coltello e vestiti indossati per la rapina. Li aveva ancora in casa. Giuditta Evangelisti è l’avvocato che da sempre segue Pigozzi. «Il signor Pigozzi ha ammesso le proprie responsabilità sin dal primo momento», ha detto ai giudici.
All’udienza del 5 luglio scorso, l’imputato aveva rilasciato dichiarazioni spontanee. Spiegò il perché della rapina con coltello. «Da tre anni, io sono seguito in un progetto di riabilitazione sociale. Poi è successo il Covid, non sono più capace di reinserirmi da solo nella società. Questo è il mio modo di distruggere la mia vita. Potevo tagliarmi l’arteria, non l’ho fatto. Ho fatto un atto super deplorevole, gravissimo, ma io lo faccio per distruggere la mia vita. Sì, sto confessando la rapina, un modo per distruggere la mia vita».
Quello alla Sant’Ambrogio di via Filzi non è stato il suo primo assalto in una farmacia. Otto anni prima, Pigozzi rapinò la farmacia Zamboni, nel quartiere Po. Quella volta, entrò alle tre e quaranta del pomeriggio, a volto scoperto, pistola e coltello in pugno. Fuggì con 2.800 euro. Pigozzi si prese tre anni di reclusione e un periodo lo passò all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova) per una riconosciuta semi infermità di mente. La sua fedina penale racconta anche di una condanna per tentato omicidio, nel 2007. «Il mio assistito è contento di poter tornare alla comunità Pinocchio. Vuole curarsi».
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