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«I miei anni a Roma. Orgoglio e battaglie per tutti i cremonesi»

Luciano Pizzetti (Pd) spettatore della campagna elettorale dopo 14 anni in Parlamento

Massimo Schettino

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30 Agosto 2022 - 08:21

«I miei anni a Roma. Orgoglio e battaglie per tutti i cremonesi»

Luciano Pizzetti nella redazione de La Provincia di Cremona e Crema

CREMONA - La battaglia per salvaguardare i posti di lavoro dopo la chiusura della raffineria Tamoil fatta insieme al sindaco Oreste Perri, i Viaggi della Memoria, il campus di Santa Monica e la caserma Manfredini, il raddoppio ferroviario, l’agricoltura e il rilancio della Fiera. E poi i ponti e il rapporto con i Comuni: è l’elenco, incompleto, delle partite su cui ha lavorato Luciano Pizzetti e che il parlamentare cremonese di lungo corso mette a bilancio fra quelle che ricorda con particolare orgoglio: «Non sono medaglie, ma atti dovuti se uno intende fare il rappresentante del territorio così come va fatto». Eletto per la prima volta alla Camera nel 2008, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con i presidenti Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, Pizzetti, 63 anni, per la prima volta da 14 anni assiste alla campagna elettorale da spettatore, dopo aver annunciato a ottobre del 2019 la sua intenzione di non ricandidarsi.

Qual è la sensazione?
«Voglio cogliere l’occasione di questa intervista per ringraziare i cittadini cremonesi che in questi anni mi hanno sostenuto e incoraggiato e quanti in questi giorni hanno insistito perché mi candidassi ancora. In questi anni mi sono impegnato molto, ma ho ricevuto anche tanto in termini di suggerimenti, proposte, stima. Al di là degli schieramenti politici, ho cercato di svolgere il mio ruolo di parlamentare avendo a cuore l’insieme del territorio. E non ho mai fatto mancare il mio appoggio alle buone proposte, indipendente dal colore politico della amministrazioni».

Perché non ha chiesto di essere ricandidato?
«Avevo deciso da tempo, una scelta che avevo annunciato per prima a La Provincia ormai tre anni fa. Ho scelto di confermare quella decisione per diverse ragioni. La prima, etica, ha a che fare con la coerenza. Credo che si debba mantenere la parola data. Non puoi cambiare idea al mutare delle condizioni, non funziona così. Specie in un momento in cui la politica cerca di recuperare credibilità nel rapporto con i cittadini. E poi nella mia vita ho sempre rispettato le regole. Il Pd si era dato la norma dei tre mandati, salvo rarissime eccezioni. E trovo anomalo e sbagliato che si sia deciso di non considerare questo mandato parlamentare perché non concluso per una manciata di mesi e di mutare quindi il limite in 15 anni. Una furbizia. È una norma ad hoc per alcuni aggirando lo Statuto che non ho inteso in alcun modo utilizzare».

Nell’annunciare la sua decisione di non candidarsi, nel 2019, aveva parlato di «disagio che dura da tempo» e definito il Pd «una scommessa che non si è realizzata». La pensa ancora così?
«Confermo quell’analisi, che ritengo ancora attuale. Quel disagio non si è attenuato e in qualche occasione importante l’ho manifestato, ad esempio non prendendo parte alle votazioni di fiducia sul Governo Conte II. E si è riproposto con l’alleanza con Sinistra Italiana e Verdi: se per noi è importante «l’agenda Draghi» sul piano economico e sociale per cambiare il Paese e mettere in sicurezza le parti più esposte della società, allora è difficile un’intesa con chi non ha mai votato la fiducia a quel Governo. Io avrei considerato più ottimale l’alleanza con le culture riformiste e liberal democratiche del Terzo Polo. Un disagio che è emerso anche assistendo alla formazione delle liste dei candidati. Stefania Bonaldi ha detto solo la verità. Si è scelto di non promuovere il merito, ma di premiare le figure più vicine ai capi-corrente della galassia del Pd. Un errore che non ci aiuterà. E non sono d’accordo con chi rimprovera la Bonaldi: allora non doveva candidarsi. No, ha fatto bene ad accettare per tentare di cambiare quelle regole». Quanto alle possibilità di elezione, «Bonaldi ha buone chances». Pizzetti segnala poi un elemento di preoccupazione: «Per la prima volta si rischia di avere una mono rappresentanza territoriale, dell’area cremasca. Non si tratta di campanilismo ma di evitare di ridurre il territorio sotto il Serio ad una semplice espressione geografica, parafrasando Metternich».

Qual è il bilancio della sua esperienza parlamentare?
«Chi si loda s’imbroda, si dice. Ma io penso di essermi impegnato tanto. E sono molto orgoglioso di alcune cose. A partire dalla

Impegnato su tanti fronti. Voglio ricordare
la battaglia al fianco di Perri per l’ambiente e la salvaguardia dei lavoratori della Tamoil.
Disinnescata una bomba sociale

battaglia fatta al fianco dell’allora sindaco Oreste Perri sulla questione Tamoil per la partita ambientale, ma soprattutto per quella sociale, salvaguardando i lavoratori e le loro famiglie. Abbiamo disinnescato una potenziale bomba sociale per Cremona e il suo territorio. E poi il contributo dato all’organizzazione dei Viaggi della Memoria, con cui migliaia di ragazzi hanno preso conoscenza dei drammi del nostro recente passato. Sono orgoglioso di avere aiutato e ringrazio anche quegli imprenditori cremonesi che hanno contribuito. Poi ho dato una mano all’associazione «Occhi Azzurri». E poi il lavoro fatto perché Santa Monica e la ex caserma Manfredini diventassero sedi universitarie e la scuola musicale Conservatorio. E il capitolo ponti, un lavoro che ho sviluppato e che onestamente Danilo Toninelli ha implementato quando era ministro. Gliene do volentieri atto, senza remore. Poi la ferrovia con la nomina del commissario. Possiamo dire che il raddoppio del tratto Mantova-Codogno sta per diventare realtà: è progettato e in gran parte finanziato. E i fondi che mancano sono nelle annualità del contratto fra Stato e Ferrovie. Poi il capitolo Fiera, una realtà che ha avviato il rinnovamento e va sostenuta. Va considerata come un’infrastruttura che genera opportunità. Non dimentico l’agricoltura, una straordinaria eccellenza che sta mutando tenendo conto dei cambiamenti climatici. Il settore primario va implementato e sostenuto. Penso al Po la cui funzione di navigazione, mai veramente partita, deve mutare in risorsa turistica e idrica. Il Po deve essere una grande riserva d’acqua a sostegno delle comunità e dell’economia. Sempre rimanendo all’agricoltura, spesso sono criticati gli impianti a biogas, ma per fortuna che ci sono! Tutto ciò che concorre a creare energia usando gli scarti è molto importante».

Nel futuro di Pizzetti cosa c’è, una candidatura a sindaco di Cremona?
«Non mi candido a nulla. Ed è un errore parlarne ora. Si fa il danno dell’attuale amministrazione e del sindaco che devono invece andare con serenità alla conclusione del mandato, dando il meglio. Si comincerà a parlarne dopo l’autunno del 2023. Nel frattempo ci saranno state le politiche e le regionali e tante cose possono ancora accadere. Da parte mia c’è la disponibilità a dare volentieri una mano, non ho l’ambizione ad essere il premier homme».

E chi le vincerà le elezioni politiche?
«I sondaggi dicono che il centrodestra è in grande vantaggio in tutta Italia. Ma gli stessi sondaggisti dicono anche che le

La destra non è un rischio per la democrazia ed è legittimata a governare
se vincerà. Si discuta
di programmi e proposte
piuttosto che lanciare
allarmi

elezioni si decidono nelle ultime due settimane. Gli indecisi sono tanti, circa il 40%. Una parte di loro non andrà a votare e un’altra lo farà. Il tema è come questi ultimi sposteranno gli equilibri. Mi piacerebbe però una campagna elettorale più finalizzata a mettere in luce i propri progetti, piuttosto che a lanciare allarmi in caso di vittoria dell’avversario. Io penso che i riformisti siano più attrezzati a rispondere ai bisogni del Paese, ma non credo a scomuniche in nome del ritorno all’Arco Costituzionale. Tutte le forze sono legittimate a svolgere l’azione di governo, se i cittadini danno loro il mandato. Io sono preoccupato dalla tenuta del sistema democratico, ma non credo che il pericolo venga da una vittoria della destra conservatrice. L’Italia non è l’Ungheria, ha una funziona strategica nel contesto internazionale e non cambierà collocazione. Il rischio è che sempre meno cittadini hanno voce in capitolo e che negli ultimi 10 anni nessun governo è nato dalla volontà espressa dai cittadini, ma dall’accordo fra forze politiche che hanno mutato gli impegni elettorali. Il tema è che il nostro sistema istituzionale è stato alterato di fatto senza contrappesi. Le istituzioni elettive sono divenute ancelle dei governi. La Costituzione è aggirata senza riforme di equilibrio. Il rischio di una destra al governo è una regressione sui diritti civili, questo sì. E su questo tema vanno incalzati».

Cosa succederà dopo il voto del 25 settembre?
«Mi auguro che chiunque vinca sia nelle condizioni di poter governare e che in Parlamento ci sia una maggioranza e una opposizione che si affrontino con chiarezza. Anche quella del centrodestra è in realtà un’alleanza elettorale e non di governo, anche se loro si sono sforzati di nascondere le differenze. Tuttavia io non sono fra coloro che si augurano che un eventuale Governo di centrodestra cada e si torni da capo alle giravolte magari dando vita a un nuovo esecutivo che escluda una parte di chi ha vinto nelle urne. No, chi vince deve governare e se non riesce si torna ai seggi».

Capitolo energia, mancano all’appello gli introiti della tassazione una tantum sugli extraprofitti delle società energetiche che il Governo Draghi aveva introdotto con il Decreto Aiuti Bis e stimato in 10,5 miliardi. Che fine hanno fatto?
«Il Governo sta lavorando su un tetto europeo al prezzo dell’energia. Quanto alla partita degli extraprofitti stanno facendo verifiche. Ma pare che la stima di 1,5 miliardi sia eccessiva. Draghi però è in carica solo per l’ordinaria amministrazione, dunque deve essere una priorità per il nuovo governo tutta la questione degli alti costi dell’energia che colpisce sia le imprese che le famiglie. Non dimentichiamo infatti che gli aumenti in bolletta erodono i salari e generano inflazione che a sua volta ‘mangia’ ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie. È una spirale tremenda. Il Governo che verrà dovrà fare molto e se sarà credibile in Europa dovrà lavorare per un tetto europeo ai prezzi dell’energia. È un tema che riguarda tutta l’Europa. E poi naturalmente occorre fare i rigassificatori e diversificare le fonti. E puntare ad un nucleare di nuova generazione».

Il nucleare?
«Il tema del nucleare non è la costruzione di nuove centrali a breve, ma è una prospettiva di lungo periodo verso la quarta o quinta generazioni. Si tratta di arrivare ad un futuro con un nucleare non rischioso passando dalla fissione alla fusione. E ci sono ricerche in corso».

La questione degli alti costi dell’energia e l’inflazione pongono una questione salariale, se ne parla troppo poco?
«Se non fosse per qualche uscita dei sindacati, la questione salariale sembra scomparsa dalla campagna elettorale. E invece è un tema importante che va affrontato, con il cuneo fiscale o con altri strumenti. Il tema c’è e dovrebbe essere prioritario per tutti. Sta diventando una questione di sopravvivenza per tante famiglie. Certo è complicato, con le imprese alle prese con altri aumenti di costi, ma il tema resta. Con un sistema politico malfunzionante e il salire della tensione sociale si rischiano guai». Pizzetti conclude poi tornando al Pd: «Ho creduto molto a questa splendida avventura e ci credo ancora. È un sogno poco riuscito, ma a me piacerebbe un Pd che si estenda da Bersani fino a Renzi. Un contenitore che tenga insieme tutte le culture riformiste, dai socialisti ai lib-dem. Un po’ come il Partito Democratico Usa. E queste elezioni sono una chance per questa prospettiva».

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