L'ANALISI
VERSO IL VOTO
30 Agosto 2022 - 05:10
Manifesti elettorali
TORRE DE' PICENARDI - Non passa quasi giorno che il sindaco di Torre de’ Picenardi, Mario Bazzani non si imbatta in qualche stortura o assurdità normativa che implacabilmente finisce per denunciare in modo pubblico. Altri abbozzano e tacciono, lui no, non ce la fa a stare zitto. Soprattutto sulla scorta di un’esperienza pluridecennale che ne fa uno dei decani degli amministratori pubblici cremonesi. Ne ha viste di cotte e di crude, in mille contesti.
«Poi – sorride – non cambia mai nulla, ma almeno faccio presente il problema, anche se mi rendo conto che la mia è purtroppo una lotta contro i mulini a vento».
L’ultima «perla» che Bazzani si è trovato ad affrontare, anzi a ri-affrontare, riguarda la disposizione relativa ai tabelloni per la propaganda elettorale. «Un delirio: alle elezioni politiche del 25 settembre ci saranno 17 simboli su una scheda elettorale e 15 sull’altra. Di conseguenza, in base alla vecchia normativa che prevede la posa dei tabelloni elettorali nei centri abitati con più di 150 abitanti, noi dovremo collocare 128 cartelli elettorali, ossìa 32 a Torre de’ Picenardi, 32 a San Lorenzo, 32 a Ca’ d’Andrea e 32 a Pozzo Baronzio».
Tabelloni, peraltro, esteticamente sempre molto discutibili, che spesso diventano ricettacolo di brutture, «e che spesso restano pure vuoti, perché non tutte le sigle presentano i loro manifesti da affiggere». E quando sono vuoti sono ancora più brutti e freddi. In più i Comuni sono pure in difficoltà a sistemare quegli espositori: «Noi abbiamo un solo cantoniere in servizio, ad esempio», evidenzia Bazzani.
Insomma, sottolinea il primo cittadino di Torre, «siamo nell’era dei social, ma la normativa non se n’è accorta». La stessa questione, naturalmente, riguarda tutti i Comuni. Spesso poi, per motivi organizzativi, capita che i tabelloni anche dopo le elezioni restino esposti a lungo, magari con manifesti strappati e dal sapore anacronistico.
La materia è disciplinata dalla legge 4 aprile 1956, numero 212, promulgata dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi: ‘Norme per la disciplina della propaganda elettorale’. All’articolo due viene precisato che «in ogni Comune la giunta municipale, tra il 33º e il 30º giorno precedente a quello fissato per le elezioni, è tenuta a stabilire, in ogni centro abitato, con popolazione superiore a 150 abitanti, speciali spazi da destinare, a mezzo di distinti tabelloni o riquadri, esclusivamente all’affissione degli stampati, dei giornali murali od altri».
La legge prevede numeri e dimensioni di tabelloni e spazi, prevedendo anche le sanzioni per chi sottrae o distrugge i manifesti o li affigge fuori dagli appositi spazi. Uno dei principi ispiratori della legge è stato il tentativo di «moderare eccessi e dispendi in occasione di consultazioni popolari e ad assicurare, nello stesso tempo, a tutti i cittadini, i partiti e le organizzazioni politiche, durante la campagna elettorale, parità di condizioni per la propaganda, eliminando qualsiasi privilegio determinato da maggiori possibilità finanziarie».
In una circolare del 1980 firmata dal Ministero dell’Interno viene sottolineato che dalla legge 212 «è derivata una maggiore compostezza delle competizioni elettorali ed una sufficiente tutela dell’estetica cittadina, gravemente deturpata, in passato, dall’intemperanza di una incontrollata propaganda, compiuta con ogni mezzo».
Le forme di propaganda elettorale sono ammesse fino a venerdì 23. Sabato 24 e domenica 25 scatterà – come di consueto – il cosiddetto «silenzio elettorale», con divieto di comunicazioni e nuove affissioni (i manifesti già affissi rimarranno visibili, ovviamente).
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