L'ANALISI
27 Agosto 2022 - 13:02
OSTIANO - «Ho saputo che la moglie è fuori pericolo. Al mio assistito l’ho subito riferito. Pur nel dramma, si è sentito molto sollevato, perché sino a ieri aveva un grande cruccio, era pentito per quello che è successo e per il motivo». Due giorni fa, l’avvocato Santo Maugeri è tornato in carcere a trovare Carmelo Marino, 55 anni, l’uomo che intorno alle 21 del 30 luglio scorso, sabato, nell’appartamento al secondo piano di vicolo Facconi, civico 28, ha impugnato un coltellaccio da bistecca e colpito cinque volte sua moglie Marina Viassone, riducendola in fin di vita, al culmine di una lite per il loro gatto. Carmelo lo aveva portato via, lei voleva che glielo riportasse. Tentato omicidio aggravato anche dai «futili motivi» contestati nelle quindici righe di capo di imputazione formulato dal pm Chiara Treballi.
Marito e moglie avevano bevuto molto, quella sera. «Eravamo ubriachi», ha detto Marino al gip nell’interrogatorio di garanzia. All’inizio del mese, avevano lasciato la comunità di Gabbioneta Binanuova dopo aver seguito un percorso per disintossicarsi . E in comunità, Carmelo e Marina si erano fatti voler bene. Erano dispiaciuti, a Gabbioneta. «Carmelo è una bravissima persona. Non ce lo saremmo mai aspettato». All’avvocato Maugeri, la comunità aveva dato la propria disponibilità ad ospitare Carmelo. «Ma Gabbioneta non lo può prendere in misura alternativa alla detenzione - ha spiegato il difensore —. Già mi avevano riferito che il mio assistito era in carico al Sert di Montichiari (Brescia). A sua volta, il Sert di Montichiari si è messo in contatto con il Sert di Cremona. Il signor Marino vuole assolutamente collaborare con il Sert. Il fatto che sia in detenzione, non rischia di ricadere nella dipendenza dall’alcol. Insieme abbiamo contattato i due Sert. Lo prenderà in carico Cremona. Lui è determinato a disintossicarsi».
Nel frattempo, «si sono fatti vivi i suoi familiari». Marino, siciliano di Messina, ha due fratelli, uno vive nel Milanese, l’altro nel Bresciano, una figlia avuta dal primo matrimonio, l’anziano padre giù in Sicilia. Dopo l’arresto e nei giorni successivi, il suo unico punto di riferimento è stato il difensore. «Uno dei due fratelli ha chiamato. Erano preoccupati, perché non lo trovavano a casa — ha proseguito l’avvocato Maugeri —. Prossimamente andranno a trovarlo. La famiglia si è fatta viva, gli vuole stare vicino. Pur nel dramma, la situazione si è molto ridimensionata».
Sabato 30 luglio, 20.32. Marino chiama il 118: «Ho pugnalato mia moglie». Poi i carabinieri: «Ho pugnalato mia moglie». I militari di Vescovato piombano in vicolo Facconi. Lui li attende sulla porta di casa. Ha l’orologio e il braccialetto sporchi di sangue. La moglie è sul letto matrimoniale, parzialmente cosciente. Le lenzuola sono macchiate di sangue. Il soccorritore del 118 rileva quattro ferite all’addome, una delle quali vistosa. E, poi, ce n’è una più superficiale al collo. La donna viene trasportata d’urgenza in ospedale, finisce in sala operatoria e da qui in Terapia Intensiva. Il marito viene portato in carcere. Non si dà pace. «Com’è possibile che una lite per il gatto sia finita così?».
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