L'ANALISI
18 Agosto 2022 - 05:30
CASTELLEONE - Finora non aveva concesso interviste. Adesso, però, pur dal suo letto d’ospedale al Maggiore di Crema, Alessandro Ferrari è pronto a dire la sua. E' l’amico di Giovanni Senatore, il saldatore che alla vigilia di Ferragosto è stato ucciso in via Roma a Castelleone, accoltellato davanti a centinaia di persone.
Ale Ferrari è l’unica persona a essersi frapposta fra «Gianni» e il suo omicida, Mauro Mutigli. Nel tentativo di salvare l’amico ha rimediato quattro fendenti, ma è rimasto in piedi: «L’assassino sapeva che saremmo passati di lì. Mi hanno detto che da tempo girava con quel coltello. Gianni? Come tutti avrà forse commesso errori in passato, ma ormai era una persona splendida, perfetta. La sua perdita è un’ingiustizia e, per me, un grande dolore. Per chi l’ha ucciso ho una sola riflessione da fare. Dissapori e liti, d’accordo. Ma che persona sei se esci di casa per risolverli con un coltello?».
Ancora allettato, Ferrari ha ferite profonde, che avranno bisogno di tempo per rimarginarsi. «Mi hanno detto che potrei uscire già venerdì, speriamo», confessa.
La tragedia di cui è stato involontario protagonista è stata enorme. Eppure nelle parole di Ferrari, il «sopravvissuto» all’aggressione di via Roma insieme alla compagna di Senatore Erica Vecchia, non c’è ansia, non c’è assolutamente paura, non c’è desiderio di vendetta. C’è dolore, tanto. E c’è incredulità. Steso a terra, esanime ed esangue, poteva esserci lui. E forse, col bene che voleva a Gianni, la vittima, se glielo avessero chiesto avrebbe fatto cambio.
Ancora in convalescenza, gli è stato chiesto dalle forze dell’ordine uno sforzo enorme: ricostruire secondo per secondo l’accaduto e, ancor di più, chiarire l’ultimo aspetto fumoso della vicenda, l’impalpabile movente. Ferrari non s’è tirato indietro. E spiega: «Ricordo tutto. Mutigli era già lì, dentro al bar. Poi siamo arrivati noi».
La vicenda assume contorni più chiari e definiti: «Non cercavamo assolutamente il confronto o lo scontro, anzi, ce ne stavamo assolutamente per i fatti nostri, ma sono improvvisamente volate parole pesanti».
La tensione, palpabile, degenera presto: «Onestamente non è che non ricordi, ma davvero non ho sentito cosa Gianni e Mutigli si siano detti. So che nel parlare si sono avvicinati e Giovanni, aggredito, ha cercato di difendersi».
Il castelleonese, operaio 33enne, conferma che la polizia locale è effettivamente intervenuta ma, a suo dire, non avrebbe fatto abbastanza: «Hanno interrotto il litigio chiedendo che smettessero subito. Ricordo che hanno chiesto di calmarsi, ma niente di più. Quando la situazione s’è fatta nuovamente poco più tranquilla si sono allontanati».
E così, nei ricordi di Alessandro e nella cronaca ufficiale, si chiude il primo atto. L’ultimo in cui i protagonisti sono tutti vivi. Da qui il lungo e triste copione che porterà al tragico finale. «Mutigli si è allontanato e ha raggiunto il suo monopattino elettrico. Ha preso il coltello ed è tornato da noi».
La scena rivive in un flashback estremamente lucido: «Tornato nel locale di corsa, ha ripreso ad aggredirci. Io mi sono beccato ben tre coltellate alla schiena, poi mi ha colpito al braccio».
Ferrari perde sangue e, con esso, concentrazione e lucidità. La vista s’annebbia, le reazioni si fanno sempre più lente e i movimenti macchinosi. Poi l’adrenalina, il bisogno di difendere l’amico, quella scarica di qualche secondo che basta per riprendersi. «Non mento quando dico che nell’agitazione e nella foga del momento, tolto il dolore delle coltellate, non ho capito realmente cosa stesse succedendo. Non appena ho potuto sono corso da lui, era già riverso a terra».
Morto, anche se Alessandro ancora non lo sa. I paramedici della Croce Rossa e i soccorritori verde-crociati lo annunceranno, a malincuore, solo 20 minuti più tardi. Prima ogni disperato tentativo di rianimazione possibile e immaginabile. Invano: il cuore di Giovanni si è ormai fermato. Troppo profonde le ferite inferte, come ha detto la compagna, alla schiena, e quelle mortali all’addome e al costato.
Nel frattempo a Castelleone si spegne la musica. Il Sogno di una Notte di Mezza Estate, così si chiamava l’evento, diventa un incubo. Il sindaco Pietro Fiori e i suoi assessori arrivano sul posto pochi secondi dopo. Mettono tutti al sicuro e bloccano la festa. L’unica eccezione è l’artista di strada, un giocoliere, che si sta esibendo per i più piccoli. Gli viene concesso di continuare, in modo che li distragga. Ma non tutto va per il meglio e qualche genitore, preso da morbosa curiosità, si prende il bimbo in spalla e arriva sino a un metro dai rianimatori. Arriverà il giorno dopo la reprimenda del Comune, del 118 e delle forze dell’ordine.
Passano meno di due ore prima che Mutigli, nel frattempo fuggito, venga assicurato alla giustizia. Finirà in carcere a Cremona. Al suo legale, l’avvocato Consuelo Beber del Foro di Cremona, dirà di essere molto dispiaciuto ma di non ricordare nulla di quanto accaduto quella sera.
Ferrari, però, all’ipotesi del raptus omicida crede poco: «Se me l’aspettavo? Non così, non con questo esito tragico, però... sì. Conosco persone che con quel coltello l’avevano già visto girare. E questo la dice lunga sul personaggio. Chi vuole confrontarsi, al di là dei diverbi che si possono avere, non si presenta a parlare con un coltello. Chi lo fa vuole usarlo, no?».
Eppure nulla nasce dal caso. Come per Senatore, nemmeno Ferrari e Mutigli erano perfetti sconosciuti. «Se lo conoscevo? Sì. Non bene, certo, ma sapevo chi fosse - racconta Ferrari -. La sua reputazione era quella dell’attaccabrighe ma certo inizialmente non pensavo a questi livelli».
Un signor nessuno? Non proprio: «Avevamo avuto a che dire già dodici anni fa. Nulla di che, comunque, banali discussioni. In ogni caso non saprei spiegarmi quanto accaduto».
L’ultimo pensiero all’amico a cui non ha potuto dare l’ultimo saluto: «Io e Gianni siamo cresciuti insieme a Crema, in Santa Maria, come fratelli. Poi ci eravamo persi di vista, per riavvicinarci con la sua pizzeria a Soncino e il suo trasferimento a Castelleone. Gli volevo bene, mi mancherà tanto».
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