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Siccità, lungo il Po solo pietraie e oasi di sabbia

In barca tra lanche e canaline: dal Cremonese al Piacentino pesci morti e una sofferenza infinita

Fulvio Stumpo

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redazione@laprovinciacr.it

18 Agosto 2022 - 05:15

Siccità, lungo il Po solo pietraie e oasi di sabbia

CREMONA - L’estate che sembra non finire mai si specchia nel Po incapace di affrancarsi dalla sua sofferenza: è cresciuto di dieci centimetri fra ieri (-8,23 alla stazione di rilevamento Aipo di Cremona) e l’altro ieri (-8,33) ma resta un rigagnolo che scorre fra isole di sabbia. E per fortuna che la rete di canali e invasi che attraversa tutta la provincia tiene ancora.

Mentre il fiume sembra immobile: non si vede l’acqua che «ride» e che segnala le secche per il semplice motivo che è tutto una secca, da foce Adda a Casalmaggiore, e poi giù fino al Delta «dove il Po discende per far pace co’ i seguaci sui» direbbe il Poeta. Ma i «seguaci sui» non stanno meglio: Adda, Oglio, in riva sinistra, Trebbia, Arda, Nure, solo per citarne qualcuno, registrano magre da record, per cui l’immissione di acqua è minima e si vede.

Di fronte a Bocca d’Adda si è formato uno spiaggione enorme, non solo sulle rive, ma anche a pelo d’acqua: le barche a motore non passano e quelle a remi devono trovare il canale. Alla confluenza tra il Po Vecchio e quello Nuovo è un groviglio di sabbia, ghiaia, antichi mattoni e alberi: sarà una suggestione ma non si sente neppure un rumore, solo le strida dei cormorani e le imprecazioni di pescatori ai quali sarà sfuggito qualche pesce.

fiume

Lingua di terra in mezzo al fiume

Sembra rimbombino, mentre sulle rive lo sciabordio dei cefali che fuggono dalla barca assume la forma di brulichio. La lanca della Maginot si restringe sempre di più, mentre quello che rimane della seconda canalina fa pena: una pozza contornata di lische di pesci sorpresi dalla secca e spiaggiati, banchetto per uccelli e altri animali. Non sta meglio la prima Canalina, quella che inizia prima del ponte: addirittura collega via fiume direttamente il Po cremonese con la Maginot piacentina. La costa di sabbia è altissima, l’acqua è un baluginio lontanissimo che con delle specie di pozzanghere arrivano fino alla Maginot, ma anche qui non si passa neppure con un vecchio canotto Pirelli.

Ancora verso valle l’unica mossa al fiume la danno le rapide che si sono formate dopo la Maginot, quasi di fronte a quello che era il Riglio (oggi una pietraia assolata): fa piacere sentire il gorgoglio dell’acqua che si scontra con i colossali tronchi arenati. Di fronte alle canottieri si sono formati isolotti mai visti e sono emersi banchi di sassi da vecchi pennelli o chissà da cosa (per uscire in barca dalla Baldesio si devono «fare acrobazie», e il canale di attracco della Flora è altro sì e no 30 centimetri).

Sotto il ponte si è formato un isolotto sotto il secondo pilone e la spiaggia del Ponticello arriva a metà del corso normale del fiume, l’erba è altissima e il canale è più piccolo di una vasca da bagno. Di positivo c’è che si può fare una passeggiata tra il vecchio ponte degli Spagnoli (chiamato così per convenzione, ma non risale al XVI secolo), tra le travi ormai pietrificate e avvicinarsi ai cormorani che si sono abituati all’uomo. Dopo il ponte dell’autostrada le cose si complicano ancora di più. Certo, la processione dell’Assunta si sarebbe potuta fare (a meno che non la si dovesse portare con la corazzata Roma), ma la navigazione diventa complicata: i banchi di sabbia sott’acqua sono enormi, ma per fortuna l’impianto di Bocco Morbasco dei Dugali-Dunas ha un rumore rassicurante: le pompe vanno ancora e vuol dire che il Grande Fiume è sì acciaccato, ma ancora in forma.

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