Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

CREMONA

Mobbing, medico contro Asst: il braccio di ferro continua

Balestreri: «Aggravamento del danno alla salute. Chiedo i danni». La Cassazione gli dà ragione

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

01 Agosto 2022 - 19:36

Mobbing, medico contro Asst: il braccio di ferro continua

Il Palazzo sede della Corte Suprema di Cassazione, in piazza Cavour a Roma e il medico Balestrieri

CREMONA - Dal 1994 e per 12 anni, la sua carriera all’ospedale Maggiore subì una battuta d’arresto. Federico Balestreri, chirurgo, all’epoca fu vittima di mobbing in corsia, demansionato ‘con condotte ostili connotate da intento persecutorio’. In quegli anni, il camice bianco trascinò l’ospedale Maggiore in Tribunale, ottenendo un maxi risarcimento di oltre 400 mila euro, confermato nel 2010 anche in Corte d’appello. Ma il braccio di ferro con l’Asst non è finito. Perché vinta la prima causa per mobbing, Balestreri, 69 anni (li festeggerà dopodomani) ha di nuovo trascinato l’Azienda ospedaliera in giudizio, chiedendo un ulteriore risarcimento per «l’aggravamento del danno alla salute» negli anni successivi al 2005 e sino al 2015, quando lasciò il Maggiore per la pensione.


Nella nuova causa, in prima battuta Cremona gli ha dato torto, quattro anni dopo, nel 2014, la Corte d’appello ha confermato la sentenza di Cremona. Ma ora la Cassazione ha accolto tre dei quattro motivi del ricorso presentato da Balestreri attraverso l’avvocato Giorgio Giusti di Modena. Gli ermellini hanno cassato la sentenza di Brescia con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione. Il caso sarà, dunque, riesaminato.

Nelle quattro pagine di motivazione della sentenza, la Corte di Cassazione, in premessa, ricorda che il Tribunale di Cremona aveva respinto la domanda di risarcimento «sul rilievo che i danni erano gli stessi già oggetto di cognizione nel giudizio precedente», ovvero la prima causa per mobbing. Nel solco tracciato da Cremona si era mossa la Corte d’Appello di Brescia. Anno 2014: nel confermare la prima sentenza, i giudici del secondo processo avevano osservato «che il danno alla professionalità e alla carriera del medico era stato esaminato e valutato sia con riferimento al passato, che in proiezione futura e, quindi, in termini definitivi». E che «per ottenere un nuovo risarcimento per danno alla professionalità», il camice bianco «avrebbe dovuto fornire allegazioni circa nuovi e ulteriori pregiudizi verificatisi a partire dal mese di gennaio del 2006, a causa del protrarsi del demansionamento, ma sotto tale profilo nulla di specifico e concreto egli aveva dedotto».

Inoltre, per i giudici Balestreri non aveva lamentato «un aggravamento del danno alla salute, ma unicamente un danno di tipo esistenziale». Non è così secondo l’avvocato Giusti che ha censurato la sentenza della Corte, perché l’aggravamento del danno alla salute era, al contrario, provato da «molteplici mezzi istruttori non ammessi» e da «documenti trascurati o erroneamente interpretati». La Cassazione gli ha dato ragione e ha accolto il motivo del ricorso. A differenza dell’altro e unico motivo non accolto, ovvero il riconoscimento di un aggravamento del danno per effetto di mobbing. «La Corte territoriale - osservano gli ermellini - ha distintamente esaminato i fatti e ben chiarito le ragioni, per le quali ha ritenuto che gli stessi non potessero convalidare la tesi di un comportamento vessatorio sistematico e prolungato nel tempo in pregiudizio del dipendente».


Escluso, quindi, l’ulteriore aggravamento del danno per mobbing, a Brescia si dovrà riesaminare la richiesta di risarcimento per l’aggravamento del danno alla salute lamentato da Balestreri.
«Le sentenze, soprattutto se favorevoli, non mi piace commentarle. Dopo tanti anni, auspico la soluzione di questa vicenda», ha detto l’avvocato Giusti. «È una questione di principio, un risarcimento soprattutto morale», ha commentato Balestreri che dal Duemila è anche presidente dell’Associazione italiana medico per l’ambiente (Isde) Cremona e membro del Comitato scientifico di Isde Italia. Da quando è cominciata la sua battaglia giudiziaria, in ospedale sono cambiati direttori generali, direttori sanitari e primari.

La «battuta d’arresto nella sua carriera», Balestreri la deve a Matteo Gafà, il primario della Divisione di Chirurgia vascolare arrivato nel 1993 al Maggiore (Gafà morirà nel dicembre del 2002). Balestreri era già aiuto chirurgo di ruolo e capo reperibile per le urgenze. Prima della scadenza del termine per presentare la domanda di partecipazione al concorso per aiuto (il 29 ottobre del 1993), Gafà lo convocò nel suo studio e gli chiese di «adoperarsi affinché dissuadesse gli assistenti del reparto dal partecipare al concorso». Il primario voleva al suo fianco i suoi ‘pupilli’ a scapito di altri chirurghi e per questo fatto venne poi condannato a 3 mesi di reclusione per violenza privata continuata dal Tribunale di Cremona (sentenza confermata in Appello e in Cassazione).

Balestreri si rifiutò di assecondare la richiesta del primario, «scatenando la vendetta di Gafà», cominciata nel luglio del 1994, culminata nel luglio del 2002 con il suo trasferimento all’Unità operativa di Chirurgia generale allora diretta dal professor Alquati. Il 20 settembre del 1994, Balestreri scrisse una lettera al direttore sanitario, lamentandosi della «situazione di estremo disagio, derivante dalla discriminazione attutata nei miei confronti dal professor Gafà». Non accadde nulla. Balestreri cominciò la sua battaglia legale contro l’Asst. Nella prima causa gli fu riconosciuto il maxi risarcimento per mobbing. Il giudice parlò di «involuzione professionale» suggellata, nell’aprile del 2006, dalla «perdita della funzionalità di capo reperibile per le urgenze». La battaglia del medico per vedersi riconosciuto l’aggravamento del danno alla salute continua.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400