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«Prostituzione minorile»: Renato Crotti a processo l'8 settembre

Accusato anche di pedopornografia: nove le vittime. In sei casi avrebbe chiesto fotografie e video a luci rosse e in tre avrebbe compiuto atti sessuali

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

07 Luglio 2022 - 21:57

«Prostituzione minorile»: Renato Crotti a processo l'8 settembre

Renato Crotti

CREMONA - Su Facebook aveva creato un falso profilo: si faceva chiamare «Federica Banardi». Qui avrebbe agganciato i ragazzini, per lo più sedicenni, poi ricontatti su WhatsApp per scambi di video, foto, materiale pornografico e per incontri a sfondo sessuale in campi isolati, in zone industriali del Cremasco o in mezzo alla campagna. Ma «Federica Banardi» era Renato Crotti, 55 anni, una carriera da giornalista iniziata a Radio Antenna 5, emittente della Diocesi di Crema, nel 2000 portavoce dell’allora presidente della Provincia. In carcere dal 23 ottobre di un anno fa, accusato di pedopornografia e di prostituzione minorile dalla Procura di Brescia, competente per questi reati nel distretto, Crotti sarà processato con il rito abbreviato l’ 8 settembre prossimo.

Oggi il gup, Angela Corvi, lo ha ammesso al rito alternativo. Sono nove le vittime all’epoca dei fatti minorenni: in sei casi, Crotti è accusato di aver chiesto fotografie e video osé dietro ricompensa; in tre casi, avrebbe compiuto atti sessuali. Le vittime si sono costituite parte civile con gli avvocati Michele Barrilà, Gianfranco Abate e Michele Apicella.

C’era «il menù» delle prestazioni. E c’era il tariffario: dai 5 ai 7 euro per una foto, 10 per un video fino a 300 euro in cambio di richieste più spinte.

Crotti è già indagato nel primo filone di inchiesta sull’appropriazione indebita di somme sottratte all’associazione Uniti per la provincia di Cremona, la onlus nata il 13 marzo del 2020 con lo scopo di raccogliere i fondi dei cremonesi a sostegno degli ospedali e delle istituzioni impegnati nella durissima lotta contro la pandemia. La onlus di cui è stato il segretario.

Crotti oggi non si è fatto tradurre dal carcere di Pavia al Palagiustizia Zanardelli. Nel penitenziario sta seguendo un percorso rieducativo, come ha documentato la difesa. E ha chiesto di essere trasferito al carcere di Bollate. Il filone sulla pedopornografia nasce dall’inchiesta elativa ai soldi distratti alla onlus, versati dai cremonesi mentre a Cremona e provincia ogni giorno si piangevano i morti per Covid-19.

IL PRIMO FILONE DELL'INDAGINE

Sono i giorni in cui le Fiamme Gialle ascoltano le persone che Crotti ha contattato per far fare interviste o altre attività da giustificare con la finalità della onlus. Sono i giorni in cui chi sta indagando a Cremona scopre che due dei lavoratori arruolati da Crotti sono sue vecchie conoscenze, riagganciate durante il lockdown. In particolare, una persona racconta di aver avuto con Crotti un rapporto non solo di lavoro. Precisa di aver avuto «scambi di prestazioni sessuali negli anni passati, quando frequentava il terzo o il quarto anno delle superiori» e, dunque, era minorenne. Racconta che da anni nei bar a Crema circolavano voci strane su Renato Crotti, «persona benestante con gusti sessuali abbastanza particolari. Un mio amico del bar mi disse che se avessi voluto comprarmi delle scarpe nuove e avessi avuto bisogno di soldi, avrei potuto assecondare alcune fantasie del signor Crotti».

Insomma, pare che a Crema, in certi ambienti, tutti lo sapessero. C’era un passaparola. «Diciamo che queste sue manie sessuali erano ben note a tutte le compagnie di amici della mia età...», fa verbalizzare il teste, che un’idea del perché Crotti lo abbia riagganciato dopo anni, durante il lockdown, se l’è fatta.

«Il fatto che abbia contattato proprio me per il lavoro da farsi, per il tramite dell’associazione Uniti per la provincia di Cremona, trova la sua ragione nel fatto che volesse riaprire i rapporti personali. Dico questo anche in virtù del fatto che mentre all’inizio le conversazioni tra noi erano generiche e quasi solo lavorative, dopo un po’ Crotti ha ripreso, con battute e avances simili a quelle che mi avanzava negli anni addietro, a propormi prestazioni a pagamento di carattere sessuale».

A chi sta indagando non sfugge la circostanza sulla minore età. «Un particolare inciso, considerata la rilevanza e la delicatezza della trattazione, merita il riferimento alla giovane età», è scritto nella nota inviata allora in Procura.

Così nasce il secondo filone di indagine che, per competenza, passa a Brescia. Lo smartphone sequestrato a Crotti, e scandagliato, svela uno spaccato raccapricciante, per l’accusa. Su WhatsApp vengono trovati video, chat che appaiono inequivocabili, gli appuntamenti per gli incontri. Chi indaga sente i cinque giovani, oggi maggiorenni. E sono tutte storie fotocopia. Dai loro racconti, saltano fuori menù e tariffario.

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