L'ANALISI
08 Luglio 2022 - 05:20
Jarin Morelli
CREMA - «Tornare ad arrampicare? Per ora, non è la priorità: voglio innanzitutto riprendere a camminare e a guidare». Jarin Morelli è rientrato a casa da qualche giorno, dopo quasi due settimane di ospedale al San Matteo di Pavia, dove era arrivato in eliambulanza.
Il rocciatore 43enne, cremasco d’adozione, era rimasto gravemente ferito nella caduta di metà giugno dalla parete artificiale della palestra di roccia del Cai di via Del Picco. Un volo da sei metri con atterraggio, però, sui piedi: la sua fortuna. Fosse caduto di schiena, Jarin probabilmente ora non potrebbe raccontarlo. Certo, il recupero è molto complesso: «Ho riportato varie fratture al piede sinistro e in misura inferiore al destro, che è stato sottoposto ad intervento chirurgico — spiega —. Sono in sedia a rotelle, in attesa di un nuovo gesso. Non mi perdo d’animo. La riabilitazione richiederà ancora più di un mese».
Jarin torna con la memoria al momento di quel salto nel vuoto: «Ricordo tutto. Per un attimo la corda mi ha frenato, poi più niente. Sono atterrato su entrambi i piedi e, suppongo, da mancino, di aver caricato maggiormente il sinistro. Istintivamente mi sono protetto il viso con le mani, ma, avendo gli occhiali, mi sono procurato una lieve ferita alla palpebra e col palmo ho dato un colpo al naso».
Morelli lavora come pedagogista in una cooperativa di Corsico: è un esperto climber, pratica questa disciplina dal 1998 e va regolarmente in parete sulle Alpi lombarde.
La sera della caduta stava preparando un percorso sulla parete artificiale. «Un tracciato speed — precisa — che per sua natura trascura la difficoltà, risulta facile, in favore di una salita in velocità».
È caduto a causa di un nodo che si è sciolto: casualità, sfortuna o un errore? «Il nodo utilizzato era lo stesso che la persona che mi stava assicurando aveva appena utilizzato per sé, nell’identica mia modalità. Il doppio controllo era stato effettuato. È anche possibile che il nodo, sbattendo più volte sulle prese in rilievo della parete, si sia allentato e infine sottoposto a carico si sia sciolto. L’incidente, ad ogni modo, è sempre dietro l’angolo e non si fa certo intuire».
Nel cadere Jarin ha urtato il suo compagno: un colpo di fortuna che gli ha evitato guai fisici più seri. «Ho colpito il mio compagno di striscio, fortunatamente senza procuragli traumi — racconta il rocciatore —. Questo ha sicuramente attutito l’impatto o modificato la mia postura in modo da rendere meno grave la caduta. Altri hanno riportato ferite maggiori da altezze inferiori. Per come è andata e anche da quanto mi han riferito medici, infermieri, ortopedici e compagni vari di arrampicata, posso dire di sentirmi un miracolato. Conosco chi ha perso per sempre molto più del tempo che dovrò impiegare io per sconfiggere l’immobilità e completare la riabilitazione. Direi che è un avvertimento serio, un monito non solo a me, ma a tutti i soci verticali. A chi come me ha questa passione direi che anche il riposo psicofisico deve fare parte dell’allenamento. Che non è tempo perso, ma un prezioso investimento».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris