L'ANALISI
NELLA MORSA DELLA SICCITA'
07 Luglio 2022 - 09:02
Alessandro Bettoni
CREMONA - «Non c’è più acqua per irrigare: per salvare almeno il primo raccolto deve essere subito convocato il tavolo regionale per fare in modo che venga rilasciata dagli invasi alpini, come promesso a fine giugno, per consentire al Cremonese l’irrigazione, senza la quale non saremo in grado di concludere l’ultima fase della campagna». L’appello, che suona anche come un grido d’allarme, porta la firma di Alessandro Bettoni, presidente del consorzio irriguo Dunas (Dugali, Naviglio, Adda e Serio). «Siamo alla volata finale, costata enormi sacrifici agli agricoltori, non si può mollare adesso – aggiunge Bettoni –: all’ultimo tavolo regionale c’era stato comunque un impegno da parte degli assessori e l’accordo con i gestori degli invasi idroelettrici alpini. Fare il massimo sforzo per garantire almeno 10-12 giorni di acqua alla pianura, mantenendo inalterate le derivazioni, avrebbe consentito al nostro territorio di andare avanti con l’equilibrio precario che abbiamo raggiunto. Il che significa che sino ad oggi abbiamo irrigato con la metà dell’acqua normalmente a disposizione».
«Gli agricoltori - prosegue Bettoni - hanno dovuto abbandonare una parte dei terreni, non hanno addirittura seminato i secondi raccolti, lasciando terreni incolti, oppure hanno variato la loro tipologia agronomica, ad esempio invece di mais, hanno optato per sorgo e soia. Queste scelte hanno evidentemente comportato sacrifici economici molto importanti. Quello che produciamo è destinato anche all’alimentazione dei nostri animali, di conseguenza siamo a rischio da questo punto di vista».
A fronte di questo impegno a tamponare la grave siccità, emersa già l’inverno scorso, agli agricoltori servono ora dei ristori economici. «Penso, ad esempio, all’area del Pandinasco, con i prati stabili rimasti a secco – evidenzia il presidente del Dunas –: gli agricoltori avevano già fatto sacrifici in primavera, ritardando le semine. Arrivare a fine giugno irrigando è già stato un successo, con le prospettive che si erano palesate due mesi fa ci avrei fatto la firma. Anche le istituzioni hanno fatto un buon lavoro, dai consorzi di bonifica alla Regione stessa».
L’ultimo sforzo per arrivare a limitare i danni portando a casa il primo raccolto. «Ciò vuol dire mantenere le derivazioni al 65% e ottenere una deroga per andare sotto al livello minimo dei laghi, rispetto a quanto stabilisce la normativa – puntualizza Bettoni –: purtroppo, nei giorni successivi al tavolo regionale di fine giugno le cose non sono andate come previsto. Ci sono state riduzioni del rilascio dagli invasi e domani (oggi, nda) potrebbe arrivarne una ulteriore. L’unica società che ha rispettato i patti è stata Edison. Non possiamo perdere tutto quanto costruito con fatica. Si vada a prendere l’acqua là dove c’è, ovvero solo negli invasi alpini. Mi sembrerebbe una beffa non perseguire alcune linee fondamentali di deroga per dieci giorni. Ricordo anche che gli invasi hanno a disposizione 191 milioni di metri cubi d’acqua e che per legge le priorità sono l’uso umano, quello irriguo e poi l’utilizzo energetico. Uno sforzo maggiore rispetto ai 4 milioni di metri cubi giornalieri lo si potrebbe fare per salvare il sud della Lombardia da danni incalcolabili».
Bettoni conclude chiedendo uno sforzo comune da parte di tutti, a cominciare da chi gestisce i bacini idrici sulle Alpi: «Noi agricoltori abbiamo già fatto il massimo e siamo disposti ad andare avanti sacrificando secondi raccolti e altre colture ancora in atto, il che significa grossa parte della nostra redditività, ma almeno salviamo il primo raccolto. Non possiamo però essere i soli. Devono contribuire anche le società idroelettriche e le attività turistiche del lago di Como devono accettare una diminuzione del livello dell’invaso».
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