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BRESCIA: CORTE D'ASSISE

Processo al primario cremonese Mosca: chiesta la condanna a 24 anni di carcere

Il medico è accusato di aver intenzionalmente ucciso tre pazienti Covid- 19 nel marzo del 2020, il mese drammatico dell’emergenza pandemica

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

01 Luglio 2022 - 13:27

Processo Mosca

Il primario Carlo Mosca in aula con i suoi avvocati

BRESCIA - "24 anni di reclusione": dopo tre ore di requisitoria, al netto delle pause caffe, la condanna la chiede il Sostituto procuratore generale, Federica Ceschi, per Carlo Mosca, 49 anni, cremonese di Persico Dosimo, a Montichiari, nel bresciano, primario del Pronto Soccorso fino al 25 gennaio del 2021, quando venne mandato agli arresti domiciliari con una accusa choc: pluriomicidio volontario. Accusato, Mosca, di aver intenzionalmente ucciso tre pazienti Covid- 19, nel marzo del 2020, il mese drammatico dell’emergenza pandemica, somministrando loro Propofol o Succinilcolina, farmaci letali se non associati all’intubazione. Sono i casi di Natale Bassi, 61 anni, di Ghedi, Angelo Paletti, 79 anni, di Calvisano, e dell’anziano Ernesto Nicolosi, 87 anni, di Carpenedolo, pazienti con altre patologie, pazienti gravi giunti al Pronto soccorso con una gran fame d’aria. Solo nel caso di Nicolosi, il pm chiede l’assoluzione, perché “il dibattimento ha ridimensionato la portata probatoria a carico di Mosca”

Ora la parola passa agli avvocati di parte civile per i familiari dei pazienti morti.

“Non dimentichiamo che per quanto un paziente sia grave e prossimo alla morte, anticiparne la morte è omicidio”, sottolinea il pm Ceschi. "Ma non chiedo l’ergastolo, io prendo atto della situazione ingestibile e critica del periodo", dice il pm. Il primario sospeso dal suo Ordine, da 522 giorni ai domiciliari nella casa di Persico Dosimo, è in aula tra gli avvocati Elena Frigo e Michele Bontempi. «Sono sereno, verrò assolto » dice quando arriva al Palagiustizia Zanardelli. “Siamo arrivati alla fine di un processo complesso”, l’esordio, alle 9.50, del pm Ceschi che al presidente Roberto Spanò, al giudice a latere Carlo Ernesto Macca, e ai sei giudici popolari, chiede  pazienza, di esaminare “gli elementi per me fondamentali, valutandoli nel complesso. Difende i suoi testimoni ‘accusatori” di Mosca, gli infermieri Michele Bonettini e Massimo Rigo, coloro che cercarono prove contro il primario. Fu poi Rigo a presentare l’esposto ai carabinieri del Nas di Castiglione delle Stiviere. Li difende, i due infermieri, perché, mentre durante le indagini, quando lei li sentì, furono chiari e precisi, in aula, al processo dove si forma la prova, si sono contraddetti. “Contraddizioni che, però, possono essere superate. Bonettini e Rigo non hanno alcun interesse personale in questa vicenda, sgombriamo  subito il campo da alcune suggestioni: 

LA DIFESA

Nel pomeriggio ha parlato per 5 ore la difesa. «L’ipotesi accusatoria è fantascientifica», afferma l’avvocato Elena Frigo. «I tre pazienti sono morti per cause naturali, nessun omicidio», sottolinea l’avvocato Michele Bontempi, che del primario Mosca dice: «Non è un assassino a sangue freddo freddo, è una brava persona, un bravissimo medico. Guardatelo. Ogni volta che io lo guardo, penso che sia un incubo, come lo è per tutti, affrontare un processo per omicidio volontario , essendo innocente. Il dottor Mosca curava i suoi pazienti, anche quelli più gravi, anche quelli spacciati. Non è stato lui a causare la morte e dico morte, non uccisione, perché qui non c’è stato nessun omicidio, I pazienti sono morti per cause naturali: la combinazione tra il Covid-19 e altre patologie che avevano».

I legali difensori di Carlo Mosca: Michele Bontempi ed Elena Frigo


Nelle complessive cinque ore di arringa, culminate nella richiesta di assoluzione, gli avvocati di Mosca puntano il dito contro i due infermieri Rigo e Bonettini. «Parlano di «prove costruite». Come la chat tra i due infermieri: «Dobbiamo trovare qualcosa». O come «il cestino giallo, senza coperchio, con l’etichetta delle fiale in bella vista. Rigo trova il cestino e lo scrive a Bonettini». I difensori ripercorrono le dichiarazioni dei due ‘accusatori’. «Sono stati smentiti da numerosi testimoni. La cosa più clamorosa che non ho mai visto in nessun processo - incalza l’avvocato Frigo - è che addirittura Bonettini smentisce se stesso ». Il legale parla della «gravità della condotta di Bonettini». Prosegue: «Rigo e Bonettini sono solo due persone a fronte di un intero reparto che supporta Mosca. Un intero reparto che esclude richieste strane da parte di Mosca, un intero reparto che non crede a Bonettini, un intero reparto che parla delle capacità umane e professionali di Mosca».

L’avvocato Bontempi affronta il capitolo «Propofol». Mosca ha sempre negato di aver utilizzato il farmaco «che non è un veleno». Ma l’esame tossicologico effettuato sulla salma di Paletti lo ha rilevato. Bontempi si rifà alle spiegazioni offerte alla Corte d’Assise dai loro consulenti tecnici: un pool di cinque luminari. Se nel caso di Bassi, la causa della morte «è un edema polmonare acuto», nel caso di Paletti, «la quantità infinitesimale di farmaco trovato nel suo cervello indica , verosimilmente, che sia stato somministrato post mortem. È una ipotesi probabile». Ma chi lo avrebbe somministrato? Rigo? E perché?


L’avvocato Bontempi passa all’intercettazione ambientale, a quel monosillabo ‘Eh sì’ , la risposta di Mosca alla domanda - «Li hai utilizzati?» del giovane collega Riccardo Battilana nell’area fumo all’esterno dell’ospedale. La prova della confessione», per il pm. «E’ inverosimile che il dottor Mosca si confessi con il giovane dottor Battilana, l’ultimo arrivato. Non sta né in cielo né in terra».
«Il processo ha dimostrato che il dibattimento ha una funzione alta, di evitare l’errore giudiziario. Non c’è alcuna prova per condannare Mosca». La difesa parla di «una vicenda nata per un assurdo errore di convincimento di due infermieri, Rigo e Bonettini, che hanno costruito un castello, hanno deciso di denunciarlo, gli hanno rovinato la vita. Al dottor Mosca è stato rubato un anno e mezzo della sua vita, i suoi infermieri a Montichiari lo stanno aspettando».

 

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