L'ANALISI
29 Giugno 2022 - 05:15
Renato Ancorotti stringe la mano al neosindaco di Crema Fabio Bergamaschi
CREMA - Tutto si può dire tranne che non abbia il dono della chiarezza. E quando accetta di parlare non lo fa in politichese ma in un linguaggio diretto, ovviamente educato, ma senza giri di parole e senza timore che qualcuno si possa risentire. Da noi sollecitato, Renato Ancorotti accetta di commentare l’andamento delle elezioni comunali, che per la coalizione di centrodestra che lui, esponente di Fratelli d’Italia, ha sostenuto, si sono chiuse con una netta sconfitta.
Esito prevedibile?
«La delusione c’era stata dopo il primo turno. Al ballottaggio, visto il distacco, sapevamo che non c'era gara».
Troppo forte Fabio Bergamaschi o troppo debole la coalizione di centrodestra?
«Sono contento per Fabio, del quale ho stima e ammirazione. Sarà un buon sindaco. Tuttavia, apprezzare qualcuno che la pensa diversamente da te è una cosa, poi però io continuo a votare per il centrodestra. A qualcuno invece non è chiaro da che parte stare».
Ogni riferimento a Simone Beretta non pare casuale.
«Ho visto il messaggio col quale alla vigilia del ballottaggio invitava a votare Bergamaschi. Ora, che non votasse Borghetti era chiaro, ma che arrivasse a tanto... È servito a qualcuno? Io credo nemmeno a Bergamaschi stesso, primo perché non ne aveva bisogno, secondo perché la gente può pensare a un inciucio, che solo dopo l’assegnazione di cariche e nomine potrà essere sconfessato».
Il whatsapp di Beretta è stato uno sgarbo a Borghetti o piuttosto a Forza Italia, suo ex partito?
«Che non corresse buon sangue tra Forza Italia e Beretta era risaputo. Ma la vendetta dove lo ha portato? A che serve questa mossa di opportunismo politico se ora Beretta è totalmente isolato? E poi mi chiedo: ha senso spendere così tanti soldi per la campagna elettorale per diventare per l’ennesima volta consigliere comunale? Io non sono per i due mandati come il M5S, ma nemmeno per i 15».
La frattura con Beretta conferma comunque che lo stato di salute di Forza Italia a Crema non è dei migliori.
«C’è una divisione all’interno e questo non ha aiutato nelle elezioni. Anche la loro lista con tre simboli non ha giovato, ma ciò dimostra la fatica fatta per trovare i 24 candidati consiglieri da mettere in lista».
Quindi Borghetti ha pagato anche limiti non suoi?
«Assolutamente sì. È da tempo che Forza Italia si fa sgambetti interni che non portano da nessuna parte. L’aver tentennato fino a metà febbraio prima di ufficializzare la candidatura di Maurizio ha dato un vantaggio a Bergamaschi, che era in pista da novembre. Ogni tanto ho il sospetto che nel centrodestra ci sia la volontà di perdere».
Al contrario di Forza Italia, la lista Borghetti e FdI hanno ottenuto un buon risultato.
«La civica è quella che ha avuto più voti dopo il Pd e avrà quattro consiglieri. Il mio partito torna in aula degli Ostaggi con due rappresentanti, anche se in termini percentuali io mi aspettavo qualcosa in più».
Tra i motivi della sconfitta si è parlato anche di campagna elettorale troppo soft: è credibile?
«Sì, anche se a me è piaciuto il fair play tra candidati, che non hanno mai parlato male l’uno dell'altro. Le persone per bene si confrontano sui contenuti politici, senza bisogno di denigrare gli avversari. Io stesso, alla fine, sono stato il primo a stringere la mano a Bergamaschi».
Il centrodestra era all’opposizione da 10 anni e ci dovrà restare altri cinque: da dove deve ricominciare per invertire la rotta?
«Ci sono situazioni interne da vecchia politica, gelosie e ripicche. Bisogna ripartire da zero, con persone diverse. La gente si è disamorata della politica. Bergamaschi è diventato sindaco dopo essere stato votato da un cremasco su quattro. Sarebbe stato lo stesso se avesse vinto Borghetti. La colpa è di chi non vota, ma la politica ha stancato la gente, che non capisce più cosa sia di centrodestra e cosa di centrosinistra. Il distinguo è sottile».
Quale è la cosa che più manca oggi al centrodestra cremasco?
«La leadership. Se le persone non si riconoscono in un leader, non vanno a votare».
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