L'ANALISI
08 Giugno 2022 - 10:28
Ansa
CREMONA - Al matrimonio «combinato» dal padre con un ragazzo albanese, lei si è opposta. Perché quel ragazzo suo coetaneo non le piaceva. A lei piaceva un altro, «ma mio padre mi ha costretto a fidanzarmi con quel giovane, ha pagato una camera di albergo, all’inizio mi sono rifiutata, ci sono dovuta andare e abbiamo avuto un rapporto sessuale completo. Era la prima volta. Mio padre ha ospitato il ragazzo a casa nostra, i miei genitori dormivano in salotto, io dormivo con lui nella loro camera matrimoniale. Io mi opponevo. Non volevo avere altri rapporti con lui. Mio padre mi diceva: ‘Tu devi dormire con lui, perché ormai sei sua’. Quando mi opponevo, mi minacciava di morte: ‘Ti uccido, ti ammazzo’, spesso me lo diceva».
Oggi Maria (nome volutamente di fantasia), ha 22 anni. Tre anni fa aveva altri progetti: finire la scuola, prendersi la maturità. «Ho chiesto aiuto alla mia professoressa». Partì la denuncia alla Polizia locale, otto mesi li passò in una comunità. «Poi sono tornata a casa. Mio padre mi ha chiesto scusa. Attualmente i rapporti con mio padre e con la mia famiglia sono normali, tranquilli». Attualmente, suo padre è accusato di maltrattamenti in famiglia e di violenza sessuale in concorso con il promesso sposo che non mastica una parola di italiano e che dall’oggi al domani, tre anni fa si è trovato coinvolto in una vicenda più grossa di lui. Almeno a sentire il racconto di Maria, ieri in aula. Il padre, difeso dall’avvocato Stefania Giribaldi, non c’era. C’era il giovane albanese, difeso dall’avvocato Sonia Giulianelli del Foro di Rimini. Una testimonianza, quella della ventiduenne, piena di «non ricordo, perché sono passati tre anni». Il presidente del collegio l’ha ammonita: «Sa che deve dire la verità. Non ricordare una cosa di tre anni fa è inverosimile, non di 40 anni fa, e non è una cosa che ti capita tutti i giorni. Capisco la difficoltà, ma l’avviso che deve dire la verità».
Maria ha raccontato di una frustata. «A 8 anni mio papà mi ha picchiato. Ero in quarta elementare, stavo andando all’oratorio con i miei amici, ma quando siamo arrivati, l’oratorio era chiuso e mi hanno invitato a casa loro. Quando mio padre è venuto a saperlo, mi ha frustato con un frustino (un ramoscello, è scritto sul verbale)». Ha raccontato la sua adolescenza: «A 14, 15 e 16 anni da mio papà ero controllata in modo opprimente, non avevo il telefonino e dopo la scuola dovevo tornare a casa. Non avevo amici». A 18 anni, mentre frequentava l’ultimo anno di scuola, Maria lavorava. «Dovevo dare lo stipendio a papà, ma avevo il bancomat. Non potevo frequentare un ragazzo, fino a che mio padre mi ha fatto conoscere (l’imputato)».
Meglio, Maria aveva conosciuto il suo coetaneo albanese chattando sui social. Lui abitava in Albania con la sua famiglia. Si sono scambiati messaggi, lei gli mandava «i cuoricini». «I miei genitori hanno parlato con i suoi genitori. Dovevamo metter su famiglia, sposarci; il papà ha deciso di farlo venire a casa nostra, ma io non volevo, perché volevo finire la scuola. Ci siamo frequentati, non parlavamo molto, del più e del meno. Lui mi abbracciava. Io non potevo allontanarlo per mio padre. Mi ha regalato l’anello di fidanzamento». Il padre che l’ha obbligata, la madre d’accordo con il padre. «Mia madre non è mai intervenuta».
«Ma al ragazzo lei non ha mai detto che non voleva stare con lui?». «Non parlava l’italiano». A Maria piaceva un altro ragazzo. Ha narrato di quel giorno (il 3 maggio), «in cui in camera mia è entrato mio padre, mi ha preso il telefono, ha fatto il numero di questo ragazzo, lo ha minacciato: ‘Stai lontano da mia figlia, se no ti ammazzo. Mi ha dato un pugno, sono caduta, ho sbattuto contro lo spigolo». Maria faceva molte assenze a scuola; quando era in classe, ascoltava la musica sul telefonino. La famiglia fu chiamata a scuola. Ci andò il padre. L’allarme scattò dalle compagne di classe.
«Quando era a scuola, indossava un anello, il papà voleva che lei lo facesse vedere a tutti. Lei si metteva la mano in tasca, sembrava a disagio — ha detto una prof —. Era terrorizzata, perché il padre le aveva requisito il cellulare. Un giorno era agitatissima. Tante cose sono uscite dopo». Come la stanza d’albergo prenotata dal padre, le nozze combinate. Oggi Maria sta con un connazionale. «L’ho scelto io». «Bisogna immedesimarsi nella cultura albanese. La figlia non è stata costretta a fare nulla», ha dichiarato l’avvocato Giribaldi. In aula si tornerà il 15 novembre prossimo.
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