L'ANALISI
16 Marzo 2022 - 05:25
Volontari dell’organizza-zione Samaritan’s Purse impegnati nella prima assistenza ai profughi
CREMONA - Non hanno altro luogo se non la prima linea. Per mandato. Per missione. Per loro c’è soltanto quella, uno spazio sottile dove una giornata di lavoro massacrante fa la differenza tra la vita e la morte per decine, centinaia di persone. Giornate che si susseguono così diventano un ponte tra la disperazione e la speranza. Quel ponte, quel raggio di sole, nel marzo di due anni fa i Samaritan’s Purse lo hanno portato davanti all’ospedale Maggiore di Cremona, in quel momento prima linea del Vecchio Continente alle prese con il Covid. Ora il fronte è in Ucraina, tra una popolazione che vive nel terrore oppure nella fuga, anche se spesso le due cose coincidono.
Tanti, in queste ore, i cremonesi che a vedere le immagini dei Samaritani già pienamente operativi nel presidio medico allestito a Leopoli rivivono un’emozione a suo modo unica, come il calore di una carezza che non si dimentica. Anche quello un ponte, dell’anima.
L’ospedale da campo è stato allestito alla periferia di Leopoli. Vi lavorano decine di specialisti che si prendono cura di coloro che soffrono mentre infuria la guerra. I primi ad essere presi in cura sono arrivati l’altro ieri. «La nostra prima paziente — spiega uno dei responsabili dell’organizzazione cristiana evangelica aconfessionale che fornisce aiuto spirituale e fisico in tutto il mondo — è stata una donna di nome Marina, di Malyn, una città a Ovest di Kiev. È caduta e si è ferita al braccio mentre scappava in un seminterrato/rifugio antiatomico. Ha sofferto per nove giorni prima di arrivare al nostro ospedale da campo e ha pianto lacrime di sollievo quando uno dei nostri medici le ha detto che il braccio sarebbe tornato come prima».
L’ospedale da campo dispone di due sale operatorie, con una capacità di 14 interventi chirurgici maggiori o 30 interventi chirurgici minori al giorno. Quasi 60, in totale, i posti letto di degenza, inclusi quattro dell’unità di Terapia intensiva. Il Pronto soccorso può gestire cento pazienti al giorno. La struttura dispone anche di una farmacia e di un proprio impianto idrico-sanitario.
«Dio ci chiama ad andare nelle aree di crisi per aiutare coloro che sono più vulnerabili», spiega Franklin Graham, presidente di Samaritan’s Purse. La stessa frase usata due anni fa quando, di fronte a una città incredula e impaurita, vedere questi giovani americani montare tende a una velocità impressionante è stato il primo, importante, indelebile segnale di resistenza.
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