L'ANALISI
11 Marzo 2022 - 05:05
Lezioni di cucina con le radici amare nella scuola per chef di Soncino
GALLIGNANO - Roberto Bosio è l’ultimo produttore rimasto in Italia delle vere radici amare di Soncino. L’anno scorso, sempre a marzo, aveva lanciato l’allarme: per salvare il gioiello gastronomico dell’Oglio c’erano solo due strade, finire sugli scaffali dei supermercati e farsi conoscere lungo tutto lo Stivale. In parte il piano è riuscito. Adesso, però, è comparsa una nuova, ostica, sfida: «Grandi appassionati e custodi dei segreti delle radici erano i nostri anziani del paese e del territorio. Molti, la pandemia, se li è portati via. Dobbiamo tramandare la cultura della radice ai giovani per garantire un futuro a questo prodotto».

La radice amara di Soncino piace ai palati raffinati, ma è poco conosciuta dalle nuove generazioni. Bosio, l’ultimo custode della tradizione, vuole cambiare le cose. «I nostri nonni, d’inverno, avevano solo le radici. Nel mercato di oggi, dove trovi tutto quello che vuoi in ogni stagione, le cose sono cambiate. Molti giovani, purtroppo, non sanno nemmeno cosa sia la radice di Soncino, non l’hanno mai assaggiata. Dobbiamo partire da questa riflessione». Eppure, qualcosa già si muove: «Ristoranti locali, come il Didattico di InChiostro, hanno dedicato cene a tema alla nostra radice. Ho letto anche di Carlo Cracco e del suo apprezzamento. Un buon inizio, ma non basta». Come fare allora? Per Bosio, la risposta è la qualità: «Dobbiamo puntare sulla cultura della radice. Quanti ragazzi sanno che è una vera e propria pianta officinale? Un’altra sfida sarà concorrere con le radici del Bresciano. Hanno un gusto diverso ma non crescono fra i minerali, quindi non sono segnate dalle rocce. Insomma, sono più belle da vedere. Puntiamo sul nostro. Più brutti ma più buoni!».
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