L'ANALISI
05 Dicembre 2021 - 11:43
CASALMAGGIORE - «Noi siamo bambini, non soldati»: questo il messaggio che da vari Paesi dove guerra e lacerazioni sociali regnano da (quasi) sempre giunge al termine dell’esperienza di laboratori del Capuchin social theatre. Un’opera di straordinaria importanza che i cappuccini lombardi stanno portando avanti dall’Africa al Medio e Estremo Oriente, là dove ci sono minori in gravi condizioni di povertà, economica e sociale. Un progetto che ieri pomeriggio nell’auditorium Santa Croce ha visto come protagonista fra’ Stefano Luca, autore del libro «I cuccioli dell’Isis».
Fra' Stefano Luca
L'INCONTRO. L’iniziativa voluta dalla biblioteca civica Mortara, dal Comune e dal teatro di Casalmaggiore ha profondamente colpito chi ha avuto la fortuna di ascoltare dalla voce del giovane religioso il concreto tentativo (spesso riuscito) di passare dall’emergenza alla prospettiva di una vita futura lontano dai conflitti armati.
Introdotto dal direttore del Comunale, Giuseppe Romanetti, fra’ Stefano Luca ha spiegato (con parole e immagini) come l’espressione teatrale sia efficace non solo nel recuperare quei bambini che hanno vissuto la terribile esperienza della guerra come protagonisti, ma anche di evitare l’arruolamento nelle fila degli squadroni della morte dell’Isis.
Bambino-soldato
«Il progetto è iniziato nella Repubblica Democratica del Congo — ha detto il frate cappuccino — su richiesta dell’Unicef ma poi si è allargato anche ad altri scenari geo-politici anche se, ovviamente, abbiamo dovuto trovare delle modalità diverse, adattando i laboratori alle culture che si incontravano. Quelle dell’Africa sub sahariana non sono certamente quelle del Medio Oriente per cui i modelli sono molteplici».
Secondo stime fatalmente approssimative, i bambini-soldato sono 250 mila nel mondo. Un numero impressionante se si considera l’utilizzo che le organizzazioni criminali ne fanno sui fronti di guerra più disparati. E che oltre alle vittime lasciano scie di violenza, di disturbi caratteriali e del comportamento che mettono a repentaglio il futuro delle comunità cui appartengono.
«Come francescani abbiamo messo al centro del teatro sociale l’Altro, ovvero la persona che ci troviamo di fronte nelle sue difficoltà quotidiane. E in particolare i bambini che soffrono senza veramente avere alcuna responsabilità». Una grande lezione di umanità che Casalmaggiore ha ricevuto, nella prospettiva anche di un cambiamento culturale che possa far maturare attenzione consapevole alla tematica.
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