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TRA L'ALTO CREMASCO E LA BRIANZA

Vacche sgozzate: è caccia serrata al maniaco

Dopo l’ultimo episodio di Agnadello i Carabinieri indagano a tutto campo. La psicologa: «Individuo sociopatico e sadico»

Stefano Sagrestano

Email:

stefano.sagrestano@gmail.com

29 Novembre 2022 - 05:30

Vacche sgozzate: è caccia serrata al maniaco

AGNADELLO - I Carabinieri non tralasciano nessuna pista, ma le indagini sulla serie di episodi di vacche sgozzate, avvenuti nell’ultimo mese anche negli allevamenti dell’Alto cremasco, sembrano orientarsi sempre più verso una persona affetta da disturbi psichici.

«Gli accertamenti, per ora, non hanno permesso di individuare nessuno» precisa il tenente colonnello Massimiliano Girardi, comandante del reparto operativo provinciale dell’Arma. Se il cerchio al momento sembra non stringersi, potrebbe però essere questione di giorni. Non è nemmeno da escludere che ad agire possano essere state più persone. La testa di una vacca di razza frisona adulta infatti ha un peso considerevole. Le indagini vanno avanti in parallelo nel Cremasco e nel territorio monzese. E non è detto che non spuntino collegamenti con gli episodi di inizio ottobre a San Pellegrino Terme, dove vennero ferite alla gola due mucche.

Anche il fronte brianzolo potrebbe portare a interessanti sviluppi. Qui, infatti, nelle scorse settimane era stata ritrovata, avvolta in un sacco trasparente, la testa mozzata di una vacca, risultata poi quella dell’animale ucciso in uno dei due raid notturni a Rivolta. Il primo episodio risale alla notte di Halloween, tanto che inizialmente i carabinieri avevano pensato a qualche macabro rituale legato alla notte delle streghe, messo in atto da uno sconsiderato.

Tre settimane dopo, però, in un altro allevamento rivoltano, era stato preso di mira un altro esemplare. La notte fra il 20 e il 21 novembre, dalla carcassa di una vacca morta per cause naturali e che, come vogliono le disposizioni sanitarie, era stata allontanata dagli altri capi, vennero staccate anche le mammelle e mozzate le orecchie.

Nel frattempo, da Monza sono arrivate le segnalazioni di altri bovini dilaniati, che hanno rafforzato il sospetto di un’unica mano. Infine, l’episodio della notte tra venerdì e sabato alla cascina Mirandolina. Una vacca di cinque anni, che, come le altre cento dell’allevamento, si trovava nella stalla aperta: è morta dissanguata, probabilmente uccisa recidendole la carotide. Sul collo segni evidenti di tagli, un tentativo poi fallito di decapitarla.

Il veterinario dell’Ats, analizzando la carcassa aveva però riscontrato ferite compatibili con i morsi di animali, forse successivi alla morte. Da qui l’ipotesi iniziale di un attacco subito dall’animale ad opera di cani selvatici o lupi. Ma nel recinto non c’erano segni di lotta, difficile immaginare che una vacca non cerchi di difendersi scalciando. Nessuno in cascina era stato svegliato da rumori e le altre frisone non avevano subito alcuna conseguenza. Inoltre, un branco di predatori perché dovrebbe uccidere senza poi cibarsi?

LA PSICOLOGA

«Chi si accanisce in questo modo contro un animale è persona sociopatica e sadica, con un deficit metacognitivo». Lara Zucchini, specialista che lavora in città, traccia un profilo psicologico del possibile autore delle macabre uccisioni di vacche dell’ultimo mese nell’Alto cremasco: tre episodi, due a Rivolta in cui la testa dell’animale è stata anche mozzata e portata via, e uno a Agnadello, l’ultimo in ordine di tempo.

Lara Zucchini

In quell’occasione, lo scorso fine settimana, la vacca è stata lasciata integra. Ma aveva evidenti segni di taglio lungo il collo. «Potrebbe trattarsi – prosegue la psicologa – di una persona che non è in grado di provare sensazioni ed emozioni e non si rende dunque conto della sofferenza che crea nell’altro, sia esso essere umano o animale. Anche se ci fosse una componente esoterica in questo agire, resta la mancanza di consapevolezza di quello che fa. Da un punto di vista di neuroscienza potrebbe mancare lo sviluppo dell’area lato corteccia pre frontale destra». Non è affatto facile identificare con certezza un simile disturbo.

«Spesso la persona con questo tipo di problemi appare assolutamente normale - prosegue -: a volte si tratta di soggetti molto cordiali, ma solo per dovere morale. Non è facile rendersene conto per un familiare, un insegnante, un amico, un compagno di vita. Spesso chi tende a sviluppare sociopatie, vive una vita ritirata, riducendo i contatti».

La preparazione dello specialista però può individuare il caso: «A un occhio ben attento i segnali di un livello sadico o socio patico si vedono, è possibile rendersi conto se la persona fa fatica a passare dall’io al tu» conclude.

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