L'ANALISI
02 Giugno 2025 - 13:55
CREMONA - Cremona ha celebrato il 2 Giugno con una cerimonia partecipata in piazza del Comune e in piazza Stradivari. L’alzabandiera, il picchetto d’onore e l’inno nazionale hanno aperto la mattinata nel segno dell’unità e della memoria. Presenti le autorità civili e militari, accanto a molti cittadini che hanno voluto rendere omaggio alla Repubblica.
Sguardi emozionati, sorrisi e scatti fotografici hanno colorato la piazza, mentre le fasce tricolori indossate da sindaco, prefetto e rappresentanti istituzionali ricordavano il valore della rappresentanza democratica. Le immagini raccontano una festa sobria e partecipata, con la Costituzione nel cuore e il desiderio condiviso di rinnovare l’impegno civile.
L'INTERVENTO DEL SINDACO ANDREA VIRGILIO
Cari concittadini, autorità civili, religiose e militari,
«A cosa serve una Costituzione? Quali sono le motivazioni che inducono gli esseri umani che si riconoscono in una comunitàvivere, anzi rivivere, ritornare protagonista, una comunità che riflette, lo fa insieme ed esprime il bisogno di un nuovo assetto di valori e di principi.
E in genere le Costituzioni sono un po’ questo: sono figlie di un ripudio di un passato che non si vuole più, e sono figlie di un disegno di futuro.
La nostra Repubblica e la nostra Costituzione prendono forma contro un regime autoritario che aveva cancellato il pluralismo politico, la libertà del dissenso, e che aveva dato rilievo più allo Stato che ai cittadini; e lo Stato era sempre lì, incombente, sopra tutto, sopra le persone, sopra le imprese, sopra i lavoratori, sopra la cultura, dentro alla vita delle persone, fino a intaccarne l’intimità. Il fascismo era questo: oppressione e occupazione.
E quando arrivano i nostri costituenti nel rovesciare questo principio ne affermano uno che è insieme semplice e straordinario: non è lo Stato che crea i diritti e neanche i doveri, non è lo Stato che concede i diritti, lo Stato riconosce i diritti, la nostra Costituzione non proibisce. I verbi più utilizzati dalla Carta Costituzionale sono “riconoscere”, “promuovere”: la Repubblica riconosce che veniamo prima noi, prima la persona e poi lo Stato.
Ma c’è un’altra parola altrettanto bella, la parola dignità. E questa parola la dobbiamo alle vittime dei totalitarismi, della Shoah, a quelle delle leggi razziali del ’38, emanate con un decreto il cui primo articolo diceva che gli studenti di razza ebraica sono esclusi dalle scuole: la prima esclusione riguardava i bambini. Da un giorno all’altro dei bambini persero non solo l’istruzione, ma anche i loro amici, i loro maestri e persero soprattutto la sensazione di appartenere a una comunità.
E invece “la scuola è per la Repubblica il modo in cui lo Stato si fa padre dei figli poveri”, disse Calamandrei. La Repubblica italiana è fondata sui bambini, sulla loro educazione, sul loro futuro, sulla loro pari dignità a prescindere dalla loro origine familiare. E questo apre porte, apre a nuovi riconoscimenti, apre a nuovi pronunciamenti della Corte Costituzionale.
Apre le porte a una nazione per via della cultura, una nazione non unita dalla lingua, dall’etnia, dalla bandiera, una nazione che mette il paesaggio, il patrimonio, la cultura, come fondamento di un'unità nazionale. È questa la nostra originalità unica nel mondo, il solo articolo dei nostri principi costituzionali che utilizza la parola nazione è l’articolo 9: l’Italia come collante identitario delle sue comunità ha il patrimonio storico artistico, ha lo sviluppo della cultura, la ricerca scientifica e tecnica, cose che non sono distinte tra loro ma sono la carne e la pelle della nazione e dei nostri territori, la forma fisica ma anche forma etica, forma morale, che sostiene anche città come Cremona quando abbracciamo la sfida di tenere insieme giovani, formazione, imprese, università, patrimonio, relazioni, cultura, ricerca come grande collante identitario».
(Fotogallery: FotoLive/Paolo Cisi)
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