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LA STORIA

«Porto la ‘mia’ liuteria per aiutare i carcerati»

Jholman Castañeda Quintero dalla Colombia a Cremona nel segno del saper fare

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

27 Aprile 2025 - 05:15

CREMONA - «L’arte e la musica sono antidoti efficacissimi contro la seduzione del male e della violenza». E mentre dice questo a Jholman Castañeda Quintero s’illuminano gli occhi, 44 anni, un volto e una fisicità che sembrano usciti da un film di Pier Paolo Pasolini. La suggestione arriva dalla storia del liutaio e intagliatore di origine colombiana, vissuto a Medellín e arrivato in Italia per amore della liuteria e della musica.

«A Medellín io e il mio gruppo musicale Ritual eravamo impegnati ad aiutare i ragazzi di strada, cercavamo di coinvolgerli con l’arte dell’intaglio per sottrarli da chi voleva approfittare di loro per il traffico di droga — spiega —. Ho sempre avuto una certa predisposizione al lavoro manuale che ho coniugato con la passione per la musica. Ho avuto sempre la consapevolezza che investire su arte e musica è un modo per trovare un senso nella propria vita e per stare lontano da ciò che è illecito».

È questa una convinzione che muove da sempre Castañeda Quintero: «Ad un certo punto ho preso coraggio e sono venuto a Cremona, ho frequentato la scuola di liuteria per unire la mia passione per l’intaglio e quello per la musica. Mi sono diplomato nel 2016, grazie all’aiuto di un insegnante piemontese, Giovanni Ferraris, che mi ha sostenuto in quest’avventura, mi ha convinto a venire a Cremona, ha dato concretezza a quella che è diventata la mia vita: la liuteria — racconta —. Poi sono tornato in Colombia, ma ad un certo punto la voglia di fare il liutaio mi ha riportato qui per completare la mia formazione presso Stefano Conia il giovane».

Il saper fare liutaio per Castañeda coincide anche con un impegno etico e allora grazie al coinvolgimento dell’amico Carlo Ferraroni «ho avuto modo di entrare in carcere e cominciare a fare corsi per intagliatore — racconta —. A inizio anno, grazie alla sensibilità e al coinvolgimento del preside Daniele Pitturelli, sono stati donati al carcere di Ca’ del Ferro alcuni strumenti per l’intaglio del legno. Grazie alla cooperativa Energheia Impresa ho potuto mettere al servizio dei detenuti la mia capacità di intagliare il legno».

Mentre parla mostra un messaggio di uno dei suoi corsisti preoccupato di non poter continuare il percorso perché ha raggiunto il massimo delle ore di laboratorio previste: «È un bel segno — racconta —. I ragazzi erano interessati, attenti e molto collaborativi. So che il lavoro manuale aiuta a trovare concentrazione, a non far girare a vuoto la mente. Abbiamo lavorato a una serie di intagli anche abbastanza complessi. Sono esperienze che mi arricchiscono ogni volta, esco dal carcere con il cuore gonfio di bellezza».

L’intaglio del legno, il lavoro di falegname artista per il liutaio colombiano è un tutt’uno con il saper fare liutario, se declinato a favore di chi vive una situazione di marginalità come i bimbi di Medellìn, o i detenuti di Cà del Ferro. Non nasconde di coltivare un sogno: «Mi auguro di riuscire a far fare ai detenuti un violino, ma i tempi non sono ancora maturi e ci vogliono tante ore e tanta passione — spiega —. Ma non demordo e non mi arrendo. A maggio dovremmo iniziare un nuovo corso e, se così sarà, porterò i ragazzi a realizzare un ukulele, uno strumento più facile da fare. Sarebbe un primo e importante risultato per arrivare prima o poi a un violino costruito interamente dai detenuti. Ma ciò che conta è l’effetto che il lavoro manuale può avere sulla concentrazione, la motivazione di chi si trova in condizioni di difficoltà. L’arte e la musica sono un antidoto, sono una medicina che cura l’anima e tiene lontani dalla violenza. Ne sono sempre più convinto».

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