Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL GIORNO DELL'ADDIO

Per Elisa una città commossa

La messa celebrata dal vescovo Napolioni. Il papà: «Qui ci sono due vittime. L'autista è nel mio cuore, vorrei che tutti pensassero a questa persona». Il fratello: «Per noi non morirai mai». Il ricordo delle compagne

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

03 Febbraio 2025 - 12:27

CREMONA - La fotografia di Elisa nella sua felpa colorata. Le rose e le orchidee bianche. La mamma Anna Lisa, il papà Paolo e Dario, il fratello maggiore, per mano e abbracciati accompagnano il feretro davanti all’altare di San Francesco, allo Zaist. C’è folla in chiesa: adulti e giovani, i compagni di classe, la seconda B del liceo Anguissola, con i professori e il preside. È l’abbraccio del suo quartiere e della sua scuola. Tra i banchi, il sindaco Andrea Virgilio con gli assessori Simona Pasquali e Santo Canale. È l’abbraccio della città. E, poi l’abbraccio, intimo, intenso, del vescovo Antonio Napolioni alla mamma, al papà, al fratello nel lunedì dell’ultimo saluto a Elisa Marchesini, morta venerdì mattina mentre a piedi andava a scuola. Morta a 15 anni in via Dante, finita sotto un bus carico di studenti.


Alle 11, in città si osserva un minuto di silenzio. In chiesa, parla il vescovo Napolioni: «Il Signore non ha scritto la scadenza, l’ora, il giorno della nostra piccola o grande vita. Non siamo un prodotto destinato a consumarsi. Il Signore ha scritto il nostro nome nel suo cuore e nel cuore di chi ci ama. Ha scritto il nome di Elisa nel cuore della sua famiglia e oggi davvero nel cuore di questa città. Fa male», ma «non vogliamo darla vinta al male. Lei non era abituata a darla vinta al male. I compagni l’hanno ripetuto continuamente». Elisa «ha seminato sorrisi, incoraggiamenti, affetto, amore allo stato puro. Certo, con i difetti di ogni essere umano, ma questi difetti si sciolgono come neve al sole».


Nell’omelia, un interrogativo del vescovo resta sospeso nell’aria. «Dunque tutto è finito? Elisa è finita sotto un autobus. Preferisco pensare che sia salita su un autobus invisibile. Non è finita». Elisa «è salita non perché Dio la voleva strappare agli affetti dei cari e al suo futuro, ma perché, come ci dice un libro difficile, ma preziosissimo, come il libro dell’Apocalisse, che non è la fine, ma è lo svelamento di ciò che è nascosto, c’è una moltitudine immensa di Elisa, di figli perduti troppo presto, di dolori inspiegabili, di chi per la giustizia dà la vita con coraggio. Una moltitudine immensa di ogni nazione, tribù, popolo, lingue. E tutti li vediamo attorno all’Agnello, al Crocifisso, a quel Dio così tanto umano da salvarci con la sua passione, morte e resurrezione. E allora, adesso Elisa che non l’ha scampata dall’incidente, sperimenta, però, di essere salvata».

Elisa «sperimenta una vita che non immaginava, forse sì. Certo, non credo che l’anima di Elisa volata così drasticamente, rapidamente in cielo, possa subito essere contenta. Una lacrima dal cielo la versa anche lei», ma «c’è una mamma che l’asciuga, una mamma che tiene il posto a tutte le mamme in attesa che ci si ricongiunga con i propri figli. Quella mamma asciuga la lacrima di Elisa e farà sentire al cuore della sua famiglia, dei suoi amici, dei suoi compagni che quella vita è una vita così viva da non poter scomparire, ma da manifestarsi in un modo profondo, intimo, eterno, dando l’appuntamento a quella festa in cui lei sicuramente farà la sua parte».


In chiesa c’è ancora il presepe con Gesù bambino nella mangiatoia. «Lo dice anche Gesù che non ci servono i sapienti, i dotti, non ci servono i discorsi, perché le cose grandi e vere le conoscono i piccoli — dice il vescovo —. Noi oggi ci sentiamo tanto piccoli. Eppure, questa piccolezza può assomigliare alla grande piccolezza di Elisa, una piccolezza ricca di sorprese. La sorpresa di una libertà più grande e senza maschere, la sorpresa di un affetto a portata di mano, a portata di abbraccio. Gesù ha scelto la via della piccolezza. Si nasconde nella carne, negli occhi, nei sorrisi dei piccoli, nelle carezze, nella quotidianità. E da questa piccolezza — sottolinea il vescovo — rende possibile il rialzarsi di chi non ce la fa».

IL PAPÀ: «NON CI SONO COLPEVOLI, UN PENSIERO PER L'AUTISTA»

«Grazie, grazie. La prima parola vuole essere per una persona che non è qui, che è l’autista», dice Paolo Marchesini, papà di Elisa, nel suo intervento in chiesa. «Qui abbiamo due vittime, qui ci sono due vittime. Non dimentichiamoci di chi sta soffrendo. In questi giorni abbiamo pensato molto a lui. Qui non ci sono colpevoli, non c’è un ma, non c’è un perché, un però. Questa persona è nel mio cuore e vorrei che tutti pensassimo a questa persona».


Il padre racconta «un aneddoto». Ritorna a un sabato pomeriggio di maggio del 2008, quando, dopo pranzo, era sul divano a guardarsi una partita di calcio. Paolo e Anna Lisa avevano già due figli: Dario e Chiara («Chiara non è qui, è quella che più soffre»). «Mia moglie mi ha detto: ‘Sono incinta’. Io imperturbabile. E lei: ‘Sono incinta’. Elisa è arrivata, non è stata cercata e siccome i figli non sono nostri, sono creature che ci sono state affidate e non sta a noi decidere se lo vogliamo o non lo vogliamo, Elisa l’abbiamo accettata».

E «come l’abbiamo accettata quando è arrivata, accettiamo che vada - prosegue il papà —. Oggi la dobbiamo lasciare andare. Noi, nella nostra famiglia stiamo morendo, ma se non si muore, non possiamo risorgere, perché abbiamo bisogno di risorgere come famiglia. E siamo ancora in cinque, ma lo siamo in maniera diversa. Elisa rimane nell’immortalità della fede». Dal padre, il «grazie a tutti: abbiamo sentito in questi giorni la vicinanza di tutti. Ci ha veramente toccato il cuore». L’intervento di papà Paolo farà dire al vescovo Antonio Napolioni: «Adesso ho capito perché dovevo esserci: per imparare».

IL FRATELLO: «LASCI UN VUOTO INCOLMABILE»


Piange il fratello Dario nel ricordare la ‘sorellina’ Elisa. Fa il volontario nella Croce Rossa. Tra le mani ha un foglio. Legge mentre il padre gli mette una mano sulla spalla per dargli conforto e coraggio. «Sono parole che un fratello non dovrebbe mai trovarsi a scrivere - dice Dario —. Lasci un vuoto incolmabile. Ognuno ti deve ricordarti per tutti quei momenti, grandi e piccoli, che abbiamo condiviso». Dario parla della «sensibilità e dell’affetto che Elisa ha saputo donare» alla sua famiglia. «Avremmo voluto condividere con te molto più tempo di quanto non ci sia stato concesso. Tuttavia, per noi non morirai mai, perché sono convinto che noi quattro e chiunque ti abbia conosciuto, abbia imparato da te più di quanto non abbia potuto insegnarti. È ciò che abbiamo imparato da te. Sopravvivrai nei nostri ricordi. Ti vogliamo infinitamente bene».

LE COMPAGNE DI CLASSE: «TI PORTEREMO SEMPRE CON NOI»

«Cara Elisa, come si fa a dire addio ad una persona come te». Nelle parole di due compagne di classe Elisa rivive. «Fino a poco tempo fa eri qui con noi, seduta al tuo banco con il tuo sorriso sempre pronto ad accoglierci, con quella luce negli occhi che parlava di sogni, di speranze e di un futuro che, purtroppo, un destino ha deciso di interrompere troppo presto. Ci sembra impossibile accettarlo».

Prosegue la studentessa: «Sei stata un’amica, una compagna, una persona speciale, che ha lasciato una impronta profonda nei nostri cuori. Parlavi dei tuoi viaggi, dei tuoi fratelli, delle tue passioni con quell’entusiasmo contagioso che ci faceva venire voglia di sognare con te. La tua dolcezza, la tua sensibilità erano preziose per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di riceverle. Ora che non sei più qui fisicamente, sentiamo un vuoto immenso. Chi ci accoglierà con ‘Come stai?’ Con quella sincerità che solo tu sapevi avere. Chi ci incoraggerà nei momenti difficili? ‘Ce la puoi fare’. Chi ci accoglierà con quel sorriso che sapeva scaldare anche le giornate più fredde? La verità è che nessuno potrà mai sostituirti, perché tu eri unica, irripetibile, speciale. Anche se oggi il dolore sembra insopportabile, sappiamo che tu non vorresti vederci tristi. Ci hai insegnato a guardare avanti con speranza, a non smettere di credere nella bellezza della vita anche nei momenti più duri. E, allora, proveremo a portare avanti il tuo ricordo, a far vivere la tua gentilezza nei nostri gesti, il tuo sorriso nei nostri sguardi, la tua forza nelle nostre scelte. Spero che tu stia ascoltando queste parole da lassù. Spero che tu sappia quanto sei amata, quanto sei ancora amata. Proteggici Elisa, guidaci con la tua luce, veglia su di noi. Ci mancherai sempre, il tuo ricordo non svanirà mai. Sei e sarai per sempre nei nostri cuori. Ciao, Elisa».

Elisa, «una compagna che non avremmo mai voluto perdere - dice un’altra compagna di classe —. Non è facile trovare le parole giuste in questo momento, perché niente potrebbe esprimere il vuoto che proviamo. Elisa era parte della nostra classe. Ogni mattina entrava in aula con il suo sorriso, con la sua energia, con quel modo di fare di rendere tutto più leggero. Era una presenza preziosa, sempre pronta ad aiutare, a scherzare e condividere un pezzo di vita con noi. Ognuno di noi porta un ricordo speciale di lei, una battuta, un gesto di gentilezza, un momento in cui ci ha fatto sentire meno soli. I suoi ricordi oggi ci sembrano più vivi che mai. Anche se il dolore è forte, vogliamo tenerli impressi nel cuore, perché Elisa merita di essere ricordata con il sorriso e con l’affetto che donava a tutti. Oggi Elisa resterà sempre parte di noi: continueremo a parlarne, a ricordarla, a portare avanti quei piccoli gesti di gentilezza che la rendevano speciale, perché una persona non smette di esistere quando la si porta nel cuore. Porteremo Elisa con noi sempre. Ciao Elisa, grazie per tutto quello che ci hai donato. Non ti dimenticheremo mai, la tua classe».

FOTO: FOTOLIVE/LEONARDO CALVI

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400