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GRONTARDO. L'IMPRESA

‘Il nostro giro dei giganti traguardo dell’anima’

Grande performance per Mirco e Diego: 330 chilometri in pochi giorni in Val Aosta

Antonella Bodini

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01 Ottobre 2024 - 05:20

GRONTARDO - «Una gara unica ed inimitabile, una sfida contro sé stessi che ti porta al limite estremo delle tue possibilità tra paesaggi mozzafiato ed emozioni che non ti aspetti».

Così Mirco Caraffa e Diego Barbieri, unici atleti della nostra provincia presenti, raccontano la loro esperienza al Tor des Gèants, il giro dei giganti, una competizione con un percorso lungo 330 chilometri e 24.000 metri di dislivello, tra i bellissimi sentieri della Valle d’Aosta con partenza e arrivo a Courmayeur, attraverso il Parco Nazionale del Gran Paradiso e quello Regionale del Monte Avic, il Monte Bianco, il Cervino e Monte Rosa.

«È un percorso ad anello, un trail considerato tra i più duri al mondo – dicono i due protagonisti – ma che ci ha preso l’anima. Siamo partiti domenica 8 settembre, partenza da Courmayeur, proseguendo per la Thuile, Cogne, Donnas, Gressoney, Champoluc, Valtournenche, Oyace, Ollomont, Saint-Rhémy en-Bosses fino di nuovo al traguardo di Courmayeur sei giorni dopo». Un’esperienza durata meno di una settimana difficile e impegnativa, ma sicuramente unica e inimitabile nel suo genere. «L’energia che si respirava e la voglia di metterci in gioco, di spingerci oltre il limite estremo delle nostre possibilità, ci hanno permesso di correre notte e giorno ininterrottamente, fermandoci nelle basi vita dove abbiamo trovato tanti volontari a darci una mano o in qualche rifugio di tanto in tanto per riposare».

Da regolamento la prova si svolge in una sola tappa, a velocità libera e in un tempo limite di 150 ore, in regime di semi-autosufficienza con l'atleta che deve portare con sé l'indispensabile per la sussistenza e può rifornirsi unicamente presso dei punti di assistenza prestabiliti. Una vera e propria sfida che mette a dura prova corpo e mente.

«Fare il Tor non è per niente semplice – continuano i due cremonesi – ci sono tante difficoltà perché è una gara ai limiti di ogni sforzo. Serve allenamento, preparazione e alla fine non sai mai quello che ti aspetta. Una delle problematiche che abbiamo incontrato per tutto il tempo, ad esempio, è stata la condizione climatica sfavorevole. Mentre percorrevamo i primi sei colli meravigliosi e quasi indomabili, da quota 2.000 ai 3.300 metri del Col du Loson, la cima più alta di tutto il percorso, abbiamo combattuto contro acqua e vento. Poi, scendendo più a valle, abbiamo trovato invece sole e molto caldo. Uno sbalzo termico che non ci ha aiutato di certo, con temperature che arrivavano anche a -15°C e raffiche di vento ben oltre a 70km orari. Il Tor è una sfida continua, ti mette alla prova, e come dicono i runner abituali di questa competizione, è una bestia da domare».

Una sfida che ha raccolto oltre 1.200 atleti provenienti da tutto il mondo. «È stata un’esperienza incredibile, un viaggio per sfidare e superare i nostri limiti. E una volta tornati a casa, ci siamo divertiti a conteggiare quante ore abbiamo dormito in una settimana: crediamo di non arrivare a sette ore totali. Ma i paesaggi che abbiamo visto e le emozioni che abbiamo provato ripagano di gran lunga le ore di sonno perse. Tra tutte le competizioni a cui abbiamo partecipato, il Tor è qualcosa di straordinario, un sogno che ci ha permesso non solo di tagliare il traguardo, ma di guardare anche nella nostra anima».

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