L'ANALISI
29 Giugno 2024 - 20:21
CASTELVERDE - Vigorose strette di mano, tante battute, ma anche profondi spunti di riflessione nella messa finale. Ha centrato il bersaglio la visita che oggi pomeriggio ha compiuto alla Fondazione ‘S.s. Redentore’ il vescovo Antonio Napolioni. Accolto dal presidente don Claudio Rasoli, dal direttore generale Fabio Bertusi e dal direttore sanitario Andrea Visigalli, il presule ha incontrato subito gli ospiti diversamente abili di ‘Casa San Giuseppe’ e quelli della Rsa raggiungendo a passo spedito ogni reparto dove, con tanta semplicità, ha regalato a tutti sorrisi e iniezioni di ottimismo.
Ha fatto gli auguri ad Antonia, che tra qualche mese compie 103 anni, ha cantato qualche strofa di ‘Paese mio che stai sulla collina’, ha chiesto a un altro nonno come mai portasse il berretto da marinaio e a proposito del cantiere che sta rivoluzionando la struttura ha invitato proprio loro, gli ospiti, a controllarne l’andamento ogni giorno «così diventa la vostra seconda televisione».
Poi ha consegnato a ciascuno l’immagine dei santi Pietro e Paolo con un’avvertenza: «Non è un portafortuna, ma la certezza che Dio ci ama». Alle 17, sfidando Giove Pluvio che alla fine si è arreso, il vescovo ha presieduto la messa concelebrata da don Rasoli, dal parroco don Giuliano Vezzosi e dal vicario don Alex Malfasi. Presente una folta delegazione di ospiti, parenti, personale e le autorità: il sindaco Graziella Locci con la vice Cinzia Vuoto e l’assessore Fabio Amadini, maresciallo dei carabinieri Gianluca De Carli, il comandante della polizia locale Alessandro Salimbeni. Oltre alle infaticabili animatrici, c’erano i volontari dell’Unitalsi e quelli dell’associazione ‘Siamo Noi’ guidati da Claudio Bodini.
«Gli anziani e i malati non abbondano di nulla?», si è chiesto il vescovo all’omelia richiamando la Sacra Scrittura. «Abbondano di ricordi, di saggezza, di preghiera, di pace nel cuore: e io chiedo allora a tutti gli anziani che vivono insieme qui all’opera pia di fare davvero questa opera pia: di regalare a chi vi incontra con abbondanza il segreto della vostra vita, che è stato sì lavorare, tirare avanti la famiglia, far fronte ai vostri doveri; ora il segreto più profondo è quello di confidare nel Signore e nel giro che ho fatto prima, diversi di voi me l’hanno detto, me l’hanno testimoniato e li ringrazio, perché anche il vescovo qualche volta è povero di fede e fa il pieno dalla fede che vede, che sente nelle persone più semplici e in tutta la comunità. Allora – ha proseguito il presule – capite che questo non è un parcheggio, non è un luogo dove si mettono le persone che non sappiamo dove mettere, ma è un cantiere, non solo dei muri, ma anche delle anime perché le anime si purifichino, si distendano, si rasserenino, si preparino a quella morte che è l’inizio della grande vita, perché Dio non ha creato la morte, ci ha creato per la vita e il Figlio è venuto attraverso la porta della morte a spalancarci la vita in Dio».
Il saluto di don Rasoli, ricco di gratitudine, è stato anche l’elenco di mete raggiunte in questi anni grazie a impegno, capacità e competenze corali.
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