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Al Dall'Ara parte l'urlo di rivolta della Cremo

Fra un Bologna che si era abituato a vincere e una Cremonese che non si voleva abituare a perdere, è stata subito una gran partita. E alzi la mano chi se l’aspettava

Giovanni Ratti

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redazione@laprovincia.it

02 Dicembre 2025 - 16:02

CREMONA - Se non fosse per un apostrofo, ti potrei raccontare che lo stadio di Bologna è intitolato a Tony Dallara, cantante che negli anni Sessanta era catalogato nella categoria urlatori. E proprio da quello stadio è partito l’urlo di rivolta della Cremo. Che invece di continuare a perdere come un po’ tutti si era messo in preventivo vince, perfino per distacco, e si riallaccia la cintura di sicurezza a metà classifica.

Il Dall’Ara, con l’apostrofo, è uno stadio storico, uno stadio che sarebbe perfetto se avesse anche gli ascensori invece di costringere il cronista a un’arrampicata da stambecchi.
In questo stadio giocò quello che i suoi tifosi avevano soprannominato il Bologna che tremare il mondo fa. Il resto del mondo, forse, ma non la Cremo di Nicola.

Fra un Bologna che si era abituato a vincere e una Cremo che non si voleva abituare a perdere, è stata subito una partita avventurosa, palo di Orsolini, ma occasioni per tutti, pallottole che fischiavano vicino alle orecchie dei due portieri come in una sparatoria da saloon. Chiaro che qualcuno sarebbe finito per farsi male.

Bologna arrembante, ingolosito da quei tre punti che gli avrebbero dato il terzo posto con vista sul primo. Ma Cremo elastica nel difendersi e ripartire, anche con le iniziative di Barbieri e Van de Putte sulle fasce. Cremo impressionante per la serenitàpiù di un mese.

In una partita così può succede di tutto, chiaro, e il palo di Orsolini è un po’ un risarcimento della sorte dopo due partite in cui proprio i legni avevano sgambettato la Cremo. Stavolta Nicola ha dato scacco matto a Italiano, il quale si è ritrovato a rigirarsi in mano la partita come a me è successo di fare con il cubo di Rubik, cioè senza avere idea di come sistemarla.
I gol erano nell’aria come la polvere da sparo nei film western, e sono arrivati. Tutti in venti minuti, fra la mezzora del primo tempo e il quinto del secondo. Ma ne sarebbero potuti venire altri prima e dopo, due pali di là e uno di qua, e Terracciano che per non fare il 4-1 ha dovuto violare le leggi della fisica.

E le parate di Audero, naturalmente, perché un’impresa così non la fai se non hai anche un portiere in vena. Ma la Cremo ha vinto da collettivo, difesa avvitata intorno a Baschiroccia, sulle fasce si è sputato sangue ma si è anche colpito, mediana ribollente di tackle a ripetizione. E, pur nella bagarre, precisione e lucidità.

La Cremo ha piazzato l’uno-due micidiale appena dopo la mezzora, castigando la difesa fin troppo azzardata del Bologna. Bianchetti ha infilato nel buco della serratura rossoblù il pallone che ha permesso a Payero di essere finalmente decisivo. E Bonazzoli ha subito replicato sguinzagliando verso Ravaglia Vardy, che non ha perdonato.

Jamie ci ha messo una mezzoretta per scongelarsi, poi è diventato l’uomo della partita con la sua prima doppietta grigiorossa. E il suo secondo gol è stato provvidenziale, perché il Bologna con il rigore di Orsolini appena prima dell’intervallo aveva tolto il coperchio al pentolone. E Jamie ce lo ha rimesso prima che il Dall’Ara tornasse in temperatura di ebollizione. Gran palla di Barbieri, sempre più fra gli uomini simbolo di questa Cremo che non ha paura di niente.

Gran partita, anche perché alzi la mano chi se l’aspettava. E vittoria che scaccia i cattivi pensieri e fra l’altro toglie alla partita dello Zini col Lecce l’etichetta di partita capestro.
Tutto a merito di mister Nicola, e di una squadra, che per dirla con una canzone a suo tempo famosa di Dallara, quello senza apostrofo, in se stessa già ci credeva prima, e adesso ci crede più di prima.

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